domenica 14 giugno 2009

Due omaggi in versi a Marco Palasciano

Due anime gentili ci han mandato nei giorni scorsi, rispettivamente, un sonetto (pure se un po' dismetrico*) e una sestina (con le stesse parole-rima della Sestina I** del Palasciano); per i quali omaggi, fatti di tutto cuore, sono state all'istante nominate Soci Ornamentali della nostra Accademia; al cui Presidente è dedicato il sonetto, e la sestina al di lui Amicarium (almeno nel titolo; ché, nella sostanza, non dell'Amicarium palascianesco si tratta, bensì del Palasciano stesso, ancóra). Lasciamo nell'incognito ambedue gli autori; ma si sappia, essendo caso abbastanza meraviglioso, che il nome dell'uno si ritrova nel cognome dell'altro.





SONETTO BASTARDO,
CON APOCOPE ’NCORPORATA

(A EMMEPÍ, PURISSIMO POETA,
ETERNO PUER)


Palascián ¿qué tál dolcissimo padre!?
Qual Atteón preso da turba fella
deh, la veggio gritar «Shut up goodfellas!»
¿Quién le largó los perros, puta madre!?

Allez, mon père! Il faut bien vous être flâneur,
avec du bon esprit – o aver dell’estro
perch’ io – hélas – graduato sie “maëstro”
al suo cospetto! Ça, je le dis par cœur!

Io son «Dottore in Niente» quale Debord
minore. Niún dolor né Manganelli!
Sì, gliel giuro sull’onor, lei è ’l mio nord!

Qual Viöla, un Effeffe od Henry Ford,
dei poëti – bien sûr! – tra li più belli,
here it is my heart: please, come up on board!***





TENTATIVO DI SCALATA
DELL’AMICARIUM
DI MARCO PALASCIANO

Come lo zappator che dalla terra
Trae lo licor che solo vince l’acqua
Sei tu; ché fai de’ tuoi castelli in aria
Fulmineo pasto al tuo psichico fuoco
Di cenere incipriandone la luna
Poi subito attizzando nuovo sole.

Io non so più parlare, ahimé, del sole,
E non mi resta che buttarmi a terra
Ululando silenzi a questa luna
Che solo in te e Leopardi non fa acqua.
Indi mi brucio, chino sopra il fuoco
Delle mie carte, cenere per l’aria.

Ricordo il dì che ti conobbi; l’aria
Sapea fritta d’un verginale sole,
E a’ versi tuoi sento approvare il fuoco
Che parlotta dal centro della terra,
E t’impetrò pe ’l suo mulino ad acqua
Con maliziosa gravità la luna.

O quant’è silenziosa ormai la luna
E quanto per cantar mi manca l’aria!
Non basterebbe una galassia d’acqua
A spegnere una fiamma del tuo sole!
(Perdona il mio linguaggio terra-terra:
Tutto rapisti, al dio Vesuvio, il fuoco.)

M’affida, in quest’ellissi, l’altro fuoco,
Ch’io non son degno né d’essere luna,
Né tantomeno del pianeta terra:
Ma sono il vuoto… e un po’ somiglio all’aria,
Passando ovunque, come il sangue e l’acqua,
Per il divin sistema cui sei sole.

Oh… perdona l’ardire, o divo sole:
Quest’orrido mio baldanzoso fuoco
Spegner saprò con miglior pronta acqua;
Torno a godermi un medio chiar di luna,
A meditar su qualche vecchia aria,
E aver ben saldi li piedin per terra.

Finché durerà il peso della terra,
E leggerezza d’aria, fuoco, ed acqua,
Te solo, amico, ascolterà la luna.



* Gli è che l'autore ha più dimestichezza con la metrica greca e latina che con l'italiana.

** La trovate tra le cinque poesie qui pubblicate.

*** Tentiamo qui una "traduzione" del sonetto in linguaggio più facilmente digeribile:


Palasciano, come va, dolcissimo padre?
Vedo che gridi «Silenzio, ragazzi!»
come un Atteone abbrancato da un branco di bestiacce.
Chi ti ha scatenato quei cani contro, mannaggia?

Suvvia, padre mio! bisogna che tu infine
abbia occhio benevolo, o sia di buon umore,
affinché al tuo cospetto – ohibò – io riceva
la qualifica di “maestro”. Lo dico con il cuore!

Io sono un «dottore in niente», un Guy Debord minore.
Nessun dolore, né Giorgio Manganelli.
Sí, giuro sul mio onore: sei tu la mia stella nocchiera!

Come Viola Amarelli, Francesco Forlani o Henry Ford,
poeti certamente tra i migliori.
Ecco il mio cuore: prego, sali a bordo!

1 commento:

Anonimo ha detto...

[Commento di Viola Amarelli del 15 giugno 2009]

Oh che delizia, inver quasi un miraggio
essere menzionata in tal omaggio...

Viola