24 giugno 2010

Guappi di delicate infiorescenze

Guappo di cartone, guapp’ ’e carto’: un teppista che vuole fare il boss, ma si dimostra un debole e un vigliacco. Quel che in ex Magna Grecia, detto d’un malavitoso, rappresenta un insulto (comparabile al biblico «colosso dai piedi d’argilla»), a Parigi diventa un disfemismo ilare e tenero, se usato come nome d’un ensemble di cor gentili cui rempàiri sempre amore.

Guappecartó: un quartetto poi trio, da poco di nuovo quartetto, che compone ed esegue le sue musiche, formatosi letteralmente per strada (pur nulla avendo della teppa stradale).



Immagine da www.moldrek.com.

Quello che altri sognano soltanto, loro lo hanno fatto: a cercare fortuna, hanno lasciato l’Italia per la Francia, nazione meno ostile alle Muse; e là si sono guadagnati il pane per mezzo dell’arte e null’altro, sonando per vie e piazze, poi in locali e teatri. Performance in cui s’alternano e si fondono ludus e pathos, lungo una gamma espressiva oscillante fra il piú malinconico lirismo e l’euforia piú indiavolata, discatolando all’occorrenza un sano quid di clownerie; e chi li ascolta e guarda s’ipnotizza, s’innamora, si agglomera allo show.


 
Guappecartó. A sinistra in un momento apollineo, a destra in un momento dionisiaco.

Per entrare nel mondo della «musica guappa» potreste cominciare, a esempio, qui, con l’ascoltare (écouter) la pièce Delicate infiorescenze.

«Tecnica sopraffina», ammetterà il piú critico dei critici. Ma a sonare e comporre, chi prima iniziando chi poi, i Guappecartó hanno appreso cammin facendo; del quartetto attuale, solo chitarra e contrabbasso stanno sciroppandosi studi conservatoristici, e questo da non piú d’un paio d’anni. Il gruppo esiste da sei, dalla primavera del 2004.



Gubbio, Umbria. Foto da www.terremagiche.it.

A quel tempo tre di loro, fra cui un campano reduce dall’abbandono dell’Accademia di Belle Arti, studiavano insieme liuteria a Gubbio; un quarto, ancora a quelli sconosciuto, stava per laurearsi a Perugia in Scienze della Comunicazione (o «della Confusione», egli dirà). Quest’ultimo, il futuro Dottor Zingarone, fu notato da uno di quegli altri, per caso, sonar la tarantella per istrada con degli amici, stamburellando con ferino brio; e súbito fu amato, e reclutato, e portato al cospetto dell’affascinante madame Fischer, anziana ex attrice degli anni ’50, dedita quindi all’arte fotografica, proprietaria di quell’agriturismo lí tra Perugia e Gubbio, su una collina in località Valdichiascio, dove una sua nipote aveva già introdotto, poc’anzi, i tre apprendisti liutai.


Madeleine Fischer in Le amiche (1955) di Michelangelo Antonioni.

Madeleine Fischer, nata in Svizzera nel 10 ante Hiroshima, progettava in quei giorni un lungometraggio musicale, Uròboro (è di nicchissima, introvabile), versione postmoderna della fiaba di Cappuccetto Rosso in forma d’opera buffa. E, in quei quattro fiutando alate e fonde potenzialità, sebbene all’epoca essi non sapessero «neanche suonare» (o cosí modesteggiano), commissionò loro la colonna sonora del film, da articolarsi in diciannove brani; questo fu il loro start.

Questo la pizia elvezia docque* loro: memento audère semper. E iniziarono a dar concerti in giro, finanche all’Umbria Jazz. L’anno dopo, volavano a Parigi. Era l’agosto del 2005; e percorsero la Francia, esibendosi per via, donchisciottidellamancia che affraterna l’Armonia; la gente li ospitava in casa propria, talora les demoiselles nei propri letti; e su quale sia stata l’esperienza piú bella ci rispondono: «Tutte». (Domandando noi di quelle, chiariamo, puramente artistiche.) Dalla prima del 2004 all’ultima del 2010.

Ecco un video atto a dare un’idea di come si presentassero i Guappecartó prima maniera:



Puramente strumentale è l’attuale repertorio, e fatto di soli pezzi originali; ma in passato hanno sperimentato anche altro, incluso il canto popolare, come testimonia questo simpatico video del 2006:



Dello stesso anno è la testimonianza scritta, qui linkata, del calabrese giramondo Silvio Nocera, loro ospite per quattro intensi giorni.

Nel 2007 Don Carmelo da Pedara, il contrabbassista delle origini, si ritirò dalle scene e dalla metropoli, per dedicarsi nella pace agreste alla sola arte liutària. Nel 2010 il trio è tornato quartetto con l’arrivo di Pierre La Braguette, gettando allegramente egli alle ortiche la carriera di psicologo. Per il resto la formazione ha sempre compreso il violino d’ ’O Malamente, la chitarra di Frank Cosentini e la fisarmonica del Dottor Zingarone (lui in passato anche voce e tamburelli).

In ordine d’anno natale** e di latitudine: Zingarone (alias Claudio Del Vecchio, 1979) è lucano, nativo di Matera; Pierre (Pierluigi D’amore, 1980) e ’O Malamente (Marco Sica, 1981) sono di Santa Maria Capua Vetere, in Campania; Frank (Francesco Cosentini, 1982) è di Gemona del Friuli.



Dottor Zingarone e Pierre La Braguette.


Frank Cosentini e ’O Malamente.

Ecco un brano dove il cartone dei Guappi si fa cartolina, nostalgica per le loro terre, qui in un’esecuzione del 2008 a Gorizia:



Ogni tanto i Guappecartó, difatti, fanno una tornata e una tournée in Italia. Negli scorsi giorni, dal 9 al 13 giugno, sono stati a Mondragone (bar Europa***), Pompei (Pompei Lab), Vitulazio (festival Art and Soul****), San Nicola La Strada (Kingston) e Roma (Contestaccio). Ci siamo trovati ad assistere al primo di tali concerti: dopodiché abbiamo dovuto assolutamente assistere ad almeno altri due, insomma a tutti i concerti dei Guappecartó cui ci è stato possibile, impegni accademici permettendo.

Ci ha catturato il livello di densità poetica raggiunto dai loro lavori, l’architettura fantasiosa e florida, l’autopoietico e mai affettato polistilismo (tratti mediterranei, parigini, tzigani, arabici, latinoamericani, jazz, classici, espressionistici, frammenti anímici evocati da ogni andito dell’inconscio collettivo), l’epifanicità traspirante dal loro essere in scena, il senso di pulita umanità, di fusione vita/opera, che traspare da ogni singolo gesto e nota di questi umani esemplari e degli strumenti che ne prolungano a dendrosfera i coralli cardiaci per il cosmo.



Foto di Matteo Scarpellini.

Che la loro arte sia germogliata e si sia ramificata il piú autodidatticamente possibile, il piú possibile libera da eteronomíe zavorratrici, secondo la libído ispirativa di ciascuno, e sostenuta, nel suo fiorire, da non consueta intelligenza e amore, ciascuno stelo agli altri rintrecciantesi, evolvendosi, nell’empiría: ecco, sarà forse la percezione di queste caratteristiche a farci empatizzare tanto per una tale musica (a parte l’ammirazione per il salto nel tutto-o-niente che i Guappecartó compirono entrando nella loro vita nova di musici girovaghi; e che ricómpiono ogni giorno col non dismetterla, costi i sacrifici e le rotte d’ossa che costi). Quante specioseríe composte a tavolino, robuste di scolastici tralicci, potrebbero competere con tanto naturata e delicata bellezza?




Eppure una grande casa discografica ancóra non c’è, che abbia preso sotto la sua ala, angelica o vampira, questi qui. Pensavamo, noi svagati accademici di provincia, che a Parigi interi occulti eserciti di talent scout girassero i locali orecchie all’erta. Pazienza, pazienza (tanto che cos’è il tempo se non un’illusione, e tutto che cos’è se non un sempiterno istante, cristallizzata infiorescenza? e quell’azzurrità non è la stessa che si è solta nel buio il giorno addietro? quella carne non è la stessa di chi avete amato, e poi è scomparso, in altri transustanziata?), pazienza. Intanto andremo a quanti piú concerti si possa, finché possiamo, a farci irradiare da quelle onde sonore ed anagogiche, enzimi al farsi uranio dello ctonio***** nella nostra psychè d’ex vermi ex germi, per poi lasciarle sperdersi nel vuoto intergalattico.

Sui passati concerti, riportiamo due excerpta dal diario d’un nostro alto accademico:


Poca musica al mondo è tanto bella. […] «Siete altissimi» […] dico […]. Perfetto è l’amalgama delle varie nature musicali.

E penso a come in loro si realizzi la natura umana al suo meglio, l’arte autentica e piena. Il culmine dell’evoluzione è qui. Nonché uno dei momenti clou della civiltà occidentale. E anche un po’ orientale.

Tornando indietro di tre mesi e mezzo, ecco un paio di scatti di Danielle Voirin, di passaggio il 21 febbraio per lo spazio espositivo Rivoli 59, dove i Guappecartó si esibivano in occasione d’una mostra di Angelo Maisto e altri:


 
Cliccare sulle miniature per vedere la pagina del blog
di Danielle Voirin con le foto deminiaturizzate.

Dei Guappi la fotografa ha poi scritto, e ci piace tradurlo e riportarlo:


Se vi trovate a Parigi e non li conoscete già, metteteli alla prova. La prima volta che li ho sentiti sonare è stato anche il giorno che ho messo piede per la prima volta al Rivoli 59. Sulla scala dell’ispirazione, quel giorno è stato decisamente alto. I Guappecartó sono dannatamente affascinanti e suonano con una passione che traduce le emozioni in suoni in linea diretta dal loro cuore al nostro. Io sono, per cosí dire, una loro fan. Certa musica può essere rilassante, ma anche riempirti di un’energia che ti spinge all’azione, alla creazione, alla danza, a far qualsiasi cosa… e un po’ a sognare il mare, e l’Italia a notte fonda. In loro la passione si coniuga allo humour e ascoltarne la musica dal vivo è una sorta di alimento vitale, che non si può descrivere a parole.

Lasciamo l’ultima non-parola alla musica, linkandovi la pagina Myspace dei Guappecartó, non prima d’avervi informato che saranno di nuovo in Italia a luglio-agosto; e che chi nel frattempo voglia contattarli potrà scrivere loro un’e-mail, o telefonare, in Francia (prefisso 0033), al 615117776 o al 951796315.


Cliccare sul logo.

14 luglio: Perugia, Parco S. Angelo
22 luglio: Roma, Contestaccio
23 luglio: Gaeta, Ex Macelleria
24 luglio: Montalto di Castro, Cuba Libre



* Da dòcere.

** Quanto ai cieli natali, poiché l’Accademia Palasciania scoraggia la pratica dell’astrologia, annoteremo solo quanto segue: tutti e quattro sono nati di notte; Zingarone, Pierre e Frank sono accomunati dalla congiunzione Sole-Venere; Zingarone e ’O Malamente sono accomunati dalla congiunzione Mercurio-Giove; il Mercurio d’ ’O Malamente è in congiunzione diacronica col Mercurio di Frank; il Marte di Pierre lo è col Marte d’ ’O Malamente; il Marte di Frank lo è col Marte di Zingarone; Pierre e Frank sono accomunati anche dalle posizioni di Luna e Marte relativamente all’orizzonte.

*** Quella sera durante le prove, possiamo testimoniare, un cane fuori il bar s’è messo ad abbaiare a tempo con la musica, sui tempi in levare d’un valzer.

**** Festival di musica indipendente, quest’anno alla terza edizione, dedicato da Joseph Martone e altri alla memoria di suo fratello Mike. Qui i Guappecartó si sono alleati con gli Gnut (Claudio Domestico, Piero Battiniello, Carlo Graziano), loro predecessori in scaletta, ai quali ’O Malamente ha fatto da violinista tutto il tempo e i quali, giunti all’ultima delle proprie pièce, hanno invitato i nostri eroi sul palco per sonare insieme. I Guappecartó hanno iniziato poi il loro concerto, ma giunti a metà lo hanno brevemente interrotto per consentire un’esibizione fuori programma del comico musicale Gino Fastidio, con cui avevano fatto amicizia il giorno prima. Goliardica anche la presentazione di ciascun gruppo, con gli artisti e il presentatore stesi per terra, a stella, testa a testa, ripresi da una telecamera e proiettati su uno schermo composto di magliette bianche.

***** enzimi al farsi uranio dello ctonio: le quali onde, cioè, inducono cataliticamente nella nostra anima la trasmutazione degli elementi terricoli in elementi celesti.

22 giugno 2010

Un gioco per la festa di Leopardi


Anche la letteratura più classica e impegnativa può diventare un gioco. Accade per le celebrazioni del 212° compleanno di Giacomo Leopardi, grazie all’associazione culturale intitolata al grande poeta in collaborazione con l’Accademia Palasciania.


Fuani Marino, Plebiscito, sfida di rime in piazza, «Corriere del Mezzogiorno», 28 giugno 2010

Il 29 giugno alle ore 19.30 si celebrerà a Napoli, in piazza del Plebiscito, il 212° anniversario della nascita di Giacomo Leopardi, a cura dell'Associazione Leopardi in collaborazione con l'Accademia Palasciania e la libreria Treves, sotto il patrocinio del Comune di Napoli.

Siamo onorati di poter contribuire anche quest'anno, nel nostro piccolo, alle celebrazioni per il compleanno del poeta. Sarà una vera festa: oltre alle consuete letture leopardiane, si è organizzato un gioco di quelli tipicamente sfornati dal Dipartimento Ludotecnico dell'Accademia Palasciania, l'Officina dei Canti: una gara dal vivo tra verseggiatori, in endecasillabi e settenari, su tema dato, in varie manches a tempo*, alla quale naturalmente tutti sono invitati a partecipare (è gratis) e che speriamo possa stimolare l'ingegno e divertire sia i partecipanti sia il pubblico. Per partecipare alla tenzone va inviata una email con dati anagrafici e di contatto a premioleopardi@gmail.com, giusto per sapere quanti fogli e penne servono.

L'Associazione Leopardi, coordinata da Agostino Ingenito, cultore del poeta recanatese, nella stessa giornata lancerà un concorso letterario internazionale, il Premio Leopardi, per il quale sono stati richiesti l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e il patrocinio della Biblioteca Nazionale di Napoli, di Comune e Provincia di Napoli e della Regione Campania. Per le modalità di partecipazione al concorso, si rimanda al bando, che sarà diffuso a partire dal 30 settembre.

Tornando alla gara che si svolgerà il 29 giugno, il vincitore avrà la possibilità di accedere di diritto alla commissione di valutazione dei testi del Premio Leopardi, con tanto di gettone di presenza.



* Di séguito il regolamento (semplificato ad usum spectatorum; vi risparmiamo i tanti, minuziosi cavilli di cui è florido):


Nel gioco dell’Officina dei Canti, i giocatori possono usare solo endecasillabi e settenari.

I temi delle poesie che dovranno creare estemporaneamente sono scelti dagli spettatori, prima dell’inizio del gioco.

A ogni manche il master estrae un tema, e su quello i poeti compongono una poesia (anche divisa in piú parti, per es. due sonetti).

Mentre i poeti compongono, un lettore legge al leggio un Canto di Leopardi. Quando il lettore ha finito, il master dà lo stop ai poeti.

Ciascuno dei poeti allora va al leggio, e qui dichiara di quanti endecasillabi e quanti settenari è composta la sua poesia. In base a ciò, a essa è assegnato un punteggio base. Poi il poeta la declama. Nel caso che la giuria riscontri in essa qualche errore metrico, vengon tolti dei punti.

La poesia è quindi votata dalla giuria, che cioè decide se il punteggio base deve restare invariato, o raddoppiarsi, o dimezzarsi.

Il procedimento si ripete per varie manche. Infine, il poeta col punteggio totale maggiore è proclamato vincitore.

Per chiudere in bellezza, sarà letto un ultimo Canto di Leopardi.

11 giugno 2010

Un triplice sonetto genetliaco

Un nostro alto accademico di cui non possiamo fare il nome (Marco Palasciano) ha dedicato a un altro il triplice sonetto genetliaco che qui segue. Sulla multiplazione sonettiera, intanto, cfr. Un duplice sonetto genetliaco; sul topos della difficoltà a produr sonetti, vedi la nota a piè di pagina in Palasciano ricade nel sonetto.




TRIPLO SONETTO
PER IL COMPLEANNO DI SANTE

11 giugno 2010


La triade di galassie Arp 274, scoperta nel 2009.

VIII

Ogni nove di giugno nove dee
noccano all’uscio della mia barocca
baracca, a ricordarmi: «A Sante tocca
oggi un sonetto; smuovi affetto e idee!».

È sempre piú l’affetto, Muse mee,
ma le idee sempre meno; in me s’abbiocca
il cervel, mentr’il vas del cuor trabocca,
dal che venir non pôn che rime ree.

Non resta che sperar nella sua pièta,
onde dinanzi a cosí stente rime
buon viso faccia Sante e non vomisca;

ché a voi non può piú chiedere il poeta
getton, svuotato avendo già le opime
vostre borse all’euristica mia bisca.



IX

Cosí dispersa è l’arte mia nei freddi
trattati, nei racconti peregrini,
nei progetti che spèransi divini
e han forse men poesia che gli «occhi beddi,

muntagne e campaneddi» e gli orsi Teddy
deposti sui cuscini dei bambini.
Cosí i sonetti miei mancano i fini;
o mancano tout court, come per Eddi,

Antimo, ed altri il genetliaco giorno
dei quali scorse senza ch’io scrivessi
un distico né manco un sol versetto;

ma, almen, li vidi; e assai piú fondo scorno
avrei se a te, che a un parsec dai miei pressi
vivi, saltassi un anno il far sonetto.


X

Ma l’oggi è ieri già, ë già il domani
è öggi; ë se tre giorni s’è tardato
a cacare un sonetto dedicato,
è giusto che piú e piú si sforzin gli ani

dei poeti, ad espellere banani
lunghi tre volte l’usuäl formato.
Ecco perciò il mio dono triplicato.
Eccotelo, ancor caldo, nelle mani.

Infine se codesta mia cacata
di trisonetto di buon compleanno
almeno t’ha fruttato un cachinnetto,

non sarà stato van, pur se incendiata
mi trovo ogni emorroide e immenso è il danno;
e tanti auguri a te, Sante diletto.




Che altro dire? che il sonettiere ha barato: sì, «l’oggi è ieri già, ë già il domani / è öggi»; ma, sebbene vi siano qui uno ieri, un oggi e un domani, non si tratta di tre giorni, in totale, bensì due! Gli è che i sonetti avevano da esser per forza tre, avendone egli consumato già lo spazio di due senz'essere arrivato a dire ancora «tanti auguri a te»; e così, ha prestidigitato.

7 giugno 2010

Il vizio senza tempo del sonetto

Riportiamo due sonetti freschi di fèisbuc: uno di Daniele Ventre ch'è una risposta per le rime al sonetto X dell'Ipersonetto de' mesi di Marco Palasciano, e uno del Palasciano stesso scritto a commento d'un post d'un sodale riferentesi al vizio, da letterati, di pensare in endecasillabi.



DANIELE VENTRE

Sonetto
«Troppi ne hai visti all'alba,
sogni infranti»



Troppi ne hai visti all'alba, sogni infranti,
se t'embrichi di maglie di pensieri
autodestitutori, nei sentieri
che le ragioni escidono agli incanti.

Già le risposte agli sguardi distanti
evadono quel nodo dei misteri
sillogizzati d'invidiosi veri,
per foschie di visioni degradanti.

E così più non sai, stanco, distendere
la mano oltre il confine, riprovando
l'immensa via che non è dato apprendere,

né è bene appercepire, deragliando
l'innocuità perdutasi a un risplendere
sopraterreno d'infocato bando.



MARCO PALASCIANO

Sonetto
«Io lo faccio ogni giorno,
ogni momento»


Io lo faccio ogni giorno, ogni momento,
per strada, in casa, in chat, ovunque accada
ch'io mi ritrovi, e con chiunque io vada;
è più forte di me, dolc'è un tormento,

mi squassa e mi rilassa, il cor ne ha aumento
di letizia, l'angoscia si dirada,
la mente più che all'altra all'una bada,
e il tutto m'è di gran divertimento.

Lo sciolto endecasillabo, il non sciolto,
l'insonettato, come mò fluisce,
mi vien spontaneo, e ratto, e mi vien molto,

così che non so più dove versare
le poesie che il poetume, a rime lisce
o scabre, o senza, in me apre, or valghe, or vare...

5 giugno 2010

Per trentamila visite e un life reset

Oggi, sabato 5 giugno, esattamente alle ore 0.54, il blog dell'Accademia Palasciania ha totalizzato 30.000 visite. (Certo, è una miseria, rispetto a blog ben più frequentati. Ma gli è che non trattiamo abbastanza di sesso e di politica.) Fondato 520 giorni fa, ha ricevuto in media circa 57,7 visite al giorno, ovvero 2,4 visite all'ora.



Come già per la decimillesima e la ventimillesima, cogliamo l'occasione della trentamillesima visita per divulgare qualche excerptum particolare del canzoniere in progress di Marco Palasciano. Ora, il caso ha voluto che la soglia delle 30.000 visite sia stata superata giusto il giorno successivo a una ricorrenza che, nel suo status di Facebook di ieri, il nostro Presidente così descriveva:



Marco Palasciano "festeggia" il settimo anniversario del più sfortunato incontro della sua vita, da cui si evolse un'amicizia illusoria, andata a finire così: http://www.facebook.com/note.php?note_id=70846694393

Niente di più appropriato, dunque, che riportare qui, a vantaggio di coloro che non potessero accedere a Facebook per idiosincrasia o altro impedimento, quanto si trova alla pagina sopralinkata: un mirabile excerptum dal palascianesco Ipersonetto de' mesi. (Del quale già trattammo in questo luogo.)

E se il sottoriportato sonetto «Caini pazzi ne ho veduti tanti», per oggi, non vi bastasse, andate anche a rileggervi, magari, la sestina «Tu che disti da me come la luna», qui, e, nell'istesso luogo, la sestina «L'Alta Poesia che mi conquide e libera», appartenenti appieno alla fase illusoria, cui succedette quella delusoria. Dopodiché, chiuso il settennio, chiuso il discorso.




A chiusa di ogni verso dell’Ipersonetto de’ mesi si trova – integra o scissa, separata o fusa – la parola a chiusa del verso corrispondente nei Sonetti de’ mesi di Folgóre da San Gimignano; vincolo che si aggiunge a quello di scrivere i sonetti dal II al XIII in tempo reale, cioè nei mesi stessi ai quali sono dedicati.



FOLGÓRE DA SAN GIMIGNANO

X. Di settembre


Di settembre vi do diletti tanti:
falconi, astori, smerletti, sparvieri;
lunghe, gherbegli, geti con carnieri,
bracchetti con sonagli, pasti e guanti;

bolz’e balestre dritt’e ben portanti,
archi, strali, pallotte e pallottieri;
sianvi mudati girfalchi ed astieri
nidaci e di tutt’altri ucce’ volanti,

che fosser buoni da snidar e prendere:
e l’un all’altro tuttavia donando,
e possasi rubar e non contendere;

quando con altra gente rincontrando,
le vostre borse sempre aconce a spendere,
e tutti abbiate l’avarizia in bando.



MARCO PALASCIANO

X. Dove parla ad Abele
Osiride nel regno delle ombre


Caini pazzi ne ho veduti tanti
(Seth embri*): di fuor passeri, sparvieri
nel cuore; bracconieri coi carnieri
pieni di tue zooincarnazioni, e i guanti

lesti ai rimesti visceroasportanti;
pallisti salottieri (pallottieri)
mò belli a paruluni furastieri,
mò bestie sbattipugni sui volanti

se non han piú argomenti… e tu a comprendere,
ogni volta, e ad andare perdonando,
scordando fin l’oggetto del contendere,

e ogni volta di nuovo rincontrando
tradimento e empietà: a che valse spendere
cosí la vita, amor morte incubando?

10 settembre 2008



* Seth: nome del fratello fratricida di Osiride. embri: variante medievale di ebbri.

2 giugno 2010

[Commenti a «L'Accademia sull'IISF e i Neoborbonici»]

#1  02 Giugno 2010 - 19:06

Condivido pienamente. Tengo a precisare che sono per una nuova patria meridionale.  Ma questo è un altro problema. La filosofia, come l'arte e qualsiasi alta espressione dello spirito umano non è nè di destra, nè di sinistra. Credo che il signore ha espresso la sua posizione personale dalla quale ovviamente tutti possono dissentire. Io per primo
Bruno Palumbo
Via Italia 1
81053 Riardo

utente anonimo
#2  03 Giugno 2010 - 00:13
Caro Marco, per quanto mi riguarda nemmeno meritavano tanta pubblicità!!!! Gli stai dando solo voce... sono dei CENSURA... quello li sa solo pubblicare un messaggio pre-scritto.... non risponde adeguatamente alle critiche.....
mel

utente anonimo
#3  03 Giugno 2010 - 00:17
La loro contraddizione emerge dalla loro stessa presentazione:
"Il Movimento Neoborbonico è un movimento culturale che nasce per ricostruire la storia del Sud e con essa l'orgoglio di essere meridionali."

poi inneggiano ai tagli alla cultura...

http://www.neoborbonici.it/portal/index.php?option=com_content&task=view&id=36&Itemid=54
mel

utente anonimo
#4  05 Giugno 2010 - 00:59
 Cultura e classi dirigenti a Napoli: è possibile aprire un dibattito democratico in questa città o la democrazia vale solo se c’è una “memoria (falsamente) condivisa”?


Negli ultimi tempi sono sempre più numerosi quelli che sostengono la tesi dell’assenza di classi dirigenti degne ed adeguate a Napoli e in tutto il Sud dell’Italia. Qualche anziano professore ha addirittura manifestato la sua amarezza per le delusioni procurategli dai suoi allievi diventati sindaci, governatori o deputati. Ma se le nostre classi dirigenti (di sinistra, di centro o di destra) sono inadeguate e responsabili del degrado che viviamo quotidianamente, di chi è la colpa? La colpa è di chi le ha formate in tutti questi anni o del tipo di formazione che hanno ricevuto. E’ colpa, allora, delle nostre università (e sono ancora tanti-troppi i docenti-intellettuali che sentenziano o pontificano su questo e su quello dalle colonne dei più importanti quotidiani). E’ colpa degli istituti culturali ufficiali e tra questi anche quell’Istituto per gli Studi Filosofici per i quali il governo ha semplicemente proposto dei tagli. Cuore e motore della cultura giacobina e liberale, sotto la direzione appassionata dell’avv. Gerardo Marotta, l’istituto lamenta spesso una situazione finanziaria difficile dal lontano 1975 ad oggi (con un deficit attuale di numerosi milioni di euro).  Da semplici cittadini, vorremmo sapere quanti e quali finanziamenti ha ricevuto per 35 anni. Probabilmente diverse centinaia di miliardi di vecchie lire, da governi e ministeri di colori diversi, dalla Regione Campania, dai Comuni o dagli istituti bancari. E ora la proposta di nuovi finanziamenti o i “lamenti indignati” per i probabili (e parziali) tagli di fronte ad una crisi economica gravissima e internazionale e di cui tutti noi cittadini “normali” stiamo pagando le conseguenze. Vorremmo anche sapere, dopo 35 anni, quali e quanti siano stati i risultati di centinaia di convegni, manifestazioni, borse di studio o seminari in giro per l’Italia. Quale la ricaduta reale in città di tutte quelle attività molto-troppo spesso slegate dalla vita cittadina e rivolte sistematicamente a pochi. Qualcuno dirà che la ricaduta di attività così alte non è quantificabile e non è giusto badare a spese, ma ci chiediamo, allora, quando potremo leggere, tra un dibattito sul “senso del fondamento” e l’ennesimo seminario su Robespierre, tra un manifesto e un appello filosofico, una paginetta di sincera autocritica per non aver saputo formare classi dirigenti adeguate in oltre trent’anni di attività. Delle due l’una: o non ci sono riusciti o lo hanno fatto male. Ma in entrambi i casi non si vede perché dovremmo continuare a concedere, con le crisi che viviamo e i tanti monumenti, le chiese o i musei da salvare, milioni di euro ordinari e straordinari. Solo che i docenti (e i politici) italiani e stranieri coinvolti in quelle attività sono tanti-troppi e si difendono a vicenda e a gara nell’indignazione. Solo che i giornali coinvolti nell’acquisto di intere pagine pubblicitarie sono tanti-troppi (ultima quella del 4 giugno con 70 righe su “Epicarmo Corbino”). E allora si fa fatica a esprimere anche il minimo dubbio sull’Istituto dell’avv. Marotta o magari anche sul nuovo istituto (“Società di Studi Politici”) inaugurato qualche anno fa dal figlio Massimiliano (in onore, forse, dell’amato rivoluzionario francese), a pochi metri da Palazzo Serra di Cassano, storica sede concessa dall’allora ministro Scotti. E ci viene un dubbio. E se avessimo insegnato altro ai nostri ragazzi? E se, invece di celebrare ossessivamente quella piccola “repubblica partenopea” (che portò al massacro di sessantamila napoletani-cristiano-borbonici – fonte: “Memorie del generale Thiebault”), gli avessimo spiegato l’eroica resistenza antifrancese del popolo napoletano? E se invece di studiare nei minimi dettagli, parola per parola, uno dei tanti filosofi tedeschi del primo Ottocento, gli avessimo raccontato la lingua napoletana di Giambattista Basile o i tanti primati del Regno di Napoli? E se iniziassimo finalmente (con poche centinaia di euro all’anno!) a cambiare cultura e formatori? E se fosse questa la scommessa della Napoli (e del Sud) del futuro?


Gennaro De Crescenzo (neoborbonico)

utente anonimo
#5  05 Giugno 2010 - 12:16
Gentile Neoborbonico,
ho letto velocemente la sua lettera.
Devo dire che comprendo il sentimento di quanti dicano di voler conoscere il movimento effettuato dai "fondi pubblici" a cui un Istituto o un altro ha attinto. Siamo sempre indignati dinanzi a questa cosa al punto che ci viene naturale demonizzarla e questo perchè sappiamo che noi, popolo italiano, non decidiamo NULLA.

Premesso che l'Istituto non ha mai nascosto la verità sui fondi, che spesso erano così esigui da costringerlo alla sopravvivenza, ritengo che bisogna interrogarsi proprio sul meccanismo dei fondi pubblici e non tanto su quanti e quali istituti di cultura ne attingano.

Il concetto della devoluzione del fondo pubblico è insito in un certo senso, nello stesso concetto di "democrazia" e cioè: "il cittadino vuole questa realtà e lo Stato deve garantirla". Il mondo della politica però ne ha fatto un abuso al punto che si è creato un meccanismo in base al quale i più grandi sopravvivono e i più piccoli soccombono e, soprattutto, si è creato un meccanismo in base al quale il movimento politico sopravvive e l'istituto culturale non schierato, può essere soppresso.

Così ecco quanti  fondi pubblici arrivano ai maggiori partiti italiani (a scapito dei più piccoli movimenti e partiti cittadini, che senza un soldo sono penalizzati nelle campagne elettorali):

Pdl 103.074.815,035 euro Pd 84.368.495,430 euro Lega 29.827.510,575 euro Idv 23.383.761,455 euro Udc 19.054.367,515 euro Per capire l'entità delle cifre che finiscono nelle casse dei partiti, basta considerare che 100 milioni sono quanto il governo ha destinato nel 2009 al Piano straordinario per costruire nuovi asili nido; 80 milioni sono l'intero plafond delle politiche giovanili; 30 milioni è il finanziamento 2009 per le pari opportunità.

Ovviamente molti possono pensare che almeno il Pdl, poteva destinarli alla cittadinanza italiana quei soldi visto che il suo fondatore ne ha parecchi di miliardi di euro, ma ovviamente la bontà non è una cosa che si insegna!
Non parliamo poi dei finanziamenti ai giornali: 667 milioni di euro all’anno....

Ma come, non dovrebbero finanziarsi con le vendite e la pubblicità???

Si certo! Ma solo per quelli che non dichiarano di appartenere ad un movimento politico! Tutto in base ad una legge dell'81. Chiaramente anche in questo caso i più grandi sopravvivono e i più piccoli soccombono. Non può esistere in questo modo un vero e proprio canale di espressione autonoma, non può nascere la vlontà di riesplorare la storia, come in parte tentate di fare voi! Le coscienze cittadine hanno cercato a lungo questo "canale" nell'ultimo secolo di storia, dalla radio, al giornale, adesso è la volta di internet, ma non basta!

La legge che destina i finanziamenti pubblici ai giornali politici è emblematica di quelli che sono i colori della nostra "democrazia" e, credo, mio caro Neoborbonico, che lei debba interrogarsi prima su queste questioni e solo dopo affermare frasi come questa:
"E se iniziassimo finalmente (con poche centinaia di euro all’anno!) a cambiare cultura e formatori?".

Perchè mentre lei si interroga sul come è stata manipolata la storia passata, si ricordi che qualcuno tenta di manipolare la stampa e i mass media al fine di plasmare la storia presente. Personalmente ho sempre pensato che con il Regno Borbonico Napoli sarebbe stata meglio che con la democrazia repubblicana. Certo c'erano svantaggi forti per i ceti più bassi, ma quelli erano una tappa "normale" per la costituzione di un regno stabile e Napoli non ha mai avuto un Regno stabile, ma i troppi governi l'hanno sempre fatta vacillare, l'hanno sempre fatta sentire dominata. I Borboni invece ne hanno garantito l'unità e la plebe era molto riconoscente. I napoletani è vero, volevano la monarchia, sia perchè l'analfabetismo dilagante non consentiva loro di accogliere i venti francesi, sia perchè i Borboni hanno fatto molto per la nostra città che in poco tempo è diventata una città all'avanguardia a livello europeo. Tuttavia i Borboni erano potenti, potevano avvalersi degli appoggi di molti stati e dunque se hanno lasciato la città in mano ai repubblicani è perchè dietro c'è stato qualche accodo. Da secoli infatti i poteri occulti provano ad unificare i popoli per assoggettarli, con un'unica legge ed un unico governo. L'Italia, lo stato più frammentario degli stati, doveva essere unita.

Tuttavia bisogna anche sottolineare che l'Italia intera non era pronta per la Repubblica al punto che nelle votazioni, il risultato favorevole alla Repubblica fu forzato, poichè le astensioni furono incanalate verso quella direzione. La coscienza di ciò era forte e sotto gli occhi di tutti al punto che il primo presidente della Repubblica Italiana fu non a caso un mitigatore di animi dato i suoi passati da fervente monarchico: Luigi Einaudi.

Però adesso siamo una Repubblica molto poco democratica, come le ho dimostrato e, per questa ragione, sta a lei decidere: prima di criticare stralci della realtà passata e presente dell'Istituto o di altri, senza conoscere nemmeno una parte della sua storia e, nonostante ciò, accusandolo di ruberie nelle pubbliche casse; critichi piuttosto quanti abusano di questo meccanismo, favorendo i movimenti politici piuttosto che la volontà autonoma dei cittadini.

Voglio dirle inoltre che sono molto contraria a questi movimenti e movimentucci al tempo di oggi: si può discutere su questioni storiche e culturali certo, ma la volontà di creare un movimento somiglia più a quelle realtà dietro cui si nasconde "in atteggiamento carbonaro" proprio qualche partito o qualche "motore di partito", volto a riscaldare gli animi per questa o quella causa. Io ad esempio, per esternare il mio pensiero, non mi avvalgo di un'etichetta al fine di attirare l'attenzione dei più piccoli o dei potenti, ma slo del mio nome.

Per questo motivo mi auspico che la vostra sede, il vostro indirizzo e il vostro numero di telefono, non siano sostenuti da fondi pubblici e questo perchè voi rappresentate certamente una fetta molto esigua della popolazione soprattutto s confrontati all'Istituto che tanto criticate, conosciuto in tutto il mondo e difeso dall'UNESCO.

Maria Melania Barone
(libera cittadina)

utente anonimo
#6  06 Giugno 2010 - 15:22
Gentilissima Maria Melania, condivido gran parte delle sue affermazioni e, soprattutto, una serenità che molto spesso non ritrovo né sui gruppi come quello su fb (al quale site linkati) né tra le dichiarazioni spesso rilasciate dallo stesso Marotta. Su piano storico i Borbone, però, non hanno mai "lasciato la città ai repubblicani": subirono un'invasione da parte dell'esercito più potente del mondo pagata con oltre sessantamila vittime e un esilio forzato in Sicilia (Maria Carolina era la sorella di quella Maria Antonietta decapitata dagli stessi "liberatori" rivoluzionari) ...  Manca, però, anche nella sua riposta, un bilancio oggettivo di 35 anni di attività e, in relazione alle classi dirigenti,  del rapporto formatori/formati.  Mi sono definito "neoborbonico", infine, solo per chiarire le mie posizioni (con tanto di nome e cognome) e le garantisco che anche non essendo riconosciuti dall'Unesco abbiamo centinaia di migliaia di contatti in tutto il mondo (due milioni e mezzo solo quelli sul notro sito in 4 anni) e ci vantiamo di sopravvivere grazie alle "collette" mensili dei nostri simpatizzanti... Cordialità. Gennaro De Crescenzo

utente anonimo
#7  06 Giugno 2010 - 15:24
P.S Siamo in attività dal 1993 e non abbiamo MAI fatto politica (non so quanti docenti e collaboratori dell'Istituto possono dire la stessa cosa)...

utente anonimo
#8  06 Giugno 2010 - 19:06
Salve, sono il presidente dell'Accademia Palasciania e qui rispondo in qualità di semplice fruitore dei seminari dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che ho seguìti per mia miglioria personale ricavandone sempre piena e traboccante soddisfazione.

In merito alla questione se l'IISF abbia contribuito o meno a formare una degna classe dirigenziale in Campania, o abbia prodotto altre ricadute utilitarie, rispondo che l'utilità è cosa irrilevante, in quanto la filosofia, come l'arte, come il ludus, come l'eros, come la cavalleria e - per chi cui piace - l'eremitaggio mistico-contemplativo, è cosa tanto più nobile quanto più sia fine a sé stessa, e quanto più sia aliena a qualsiasi contaminazione utilitaristica.

Ora, scordandoci per un istante che all'IISF è connessa (perno l'avv. Marotta) tra l'altro anche l'Assise di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia che molto si è battuta a fini molto pratici (e se non sapete a cosa sto accennando sfogliate il suo Bollettino), facciamo finta che a Palazzo Serra di Cassano non si faccia altro che godere del puro accrescimento del sapere, per umile amore di luce, entrando asini e uscendo pegasi, senza nessuna ricaduta pratica.

E allora?

E allora niente. Andrebbe benissimo così. La tensione alla conoscenza è la cosa più alta, nell'umana vita, allontanandoci dalla meccanica bestiale e dal timor dell'ignoto, cui sostituisce il suo amore; e dovrebbe essere la più sacra.

Questo è ciò che è intrinseco nell'IISF; e di tutto il resto, essendo estrinseco, a me non importa, né dovrebbe importare ad alcuno. Ma purtroppo non tutti hanno questa sensibilità; e non resta che dolerci, con le parole di Dante:

O insensata cura de' mortali,
quanto son difettivi sillogismi
quei che ti fanno in basso batter l'ali!


Di fronte a un monumento come l'IISF io mi inchino e ringrazio, né chiedo più di quello che già dà, ché è d'immenso valore agli occhi miei; e mi suona, se non blasfema, incongrua idea quella d'andare a guardare in bocca a un tal caval donato, cercando peli nelle sue uova d'oro; figurarsi cosa posso poi pensare del taglio dei suoi fondi.

Tagliassero i fondi alla Chiesa cattolica, piuttosto; la quale, oltre a essere cosa la più inutile del mondo, è anche estremamente dannosa, opprimendo e guastando tante vite, follemente, in nome delle proprie falsità spaventose; e chi questo non vede, o è cieco o è in malafede.

Muoia la religione, viva la filosofia.
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#9  06 Giugno 2010 - 20:42
Gentilissimo dr. Palasciano, tenendo da parte il suo finale (non auguriamoci mai, giacobinamente, la morte di nessuno tanto meno della nostra chiesa), la mia perplessità (e quella, credo, del governo) era legata al fatto che quella "filosofia, quelll'arte, quel ludus o quelll'eremitaggio mistico-contemplativo" saranno pure "nobilissimi" ma costano alla collettività decine di milioni di euro all'anno. Noi neoborbonici come voi accademici, siamo entrambi lontani da questioni "economiche" e liberi di "ludere" come e quando vogliamo, ma lo facciamo senza chiedere o pretendere finanziamenti pubblici. Del resto è lo stesso Marotta a lamentarsi ogni tanto dell'assenza di classi dirigenti adeguate e, anche in questo caso, nessuno risponde alla domanda delle domande: chi doveva formarle queste classi dirigenti? I "neoborbonici" e i "palasciani" che, credo, si autofinanziano per sopravvivere o gli istituti finanziati lautamente con denaro pubblico? Tutto qui. Cordialità. Gennaro De Crescenzo  

utente anonimo
#10  06 Giugno 2010 - 21:41
Gentilissimo De Crescenzo,
vorrei darle alcuni chiarimenti in merito alla mia lettera.
Sono felice che voi sopravviviate grazie a delle collette mensili dei vostri simpatizzanti che mi auguro siano comuni cittadini. Infatti speravo che il "movimento neoborbonico" non ricevesse fondi pubblici, solo perchè la vostra immagine un pò retrò e l'etichetta di "movimento", forse esagerata nei toni a scopo propagandistico, mi faceva presagire che foste una delle mutevoli forme di qualche partito visto che oggi è usanza comune fomentare le masse ed istituire ronde di vari colori in apparenza volontari, ma di fatto finanziati con soldi pubblici. Ovviamente spero sempre di sbagliarmi ed in questo caso, mi dispiace che un movimento o un'associazione volta a dispensare cultura (non so ancora bene di cosa precisamente vi occupiate e quale sia il vostro porgramma culturale o il vostro programma come movimento) non riceva soldi pubblici. Vi potrei consigliare di farne richiesta, ma mi astengo dal darvi questo consiglio poichè noto che vi mancano effettivamente le notizie dei 35 anni di storia dell'Istituto che poche volte ha ricevuto soldi pubblici, come accadde nel 1993, dopo aspre lotte e petizioni di sostegno statale, quando grazie a 10 miliardi delle vecchie lire consegnate dal Governo all'Istituto vennero finanziate, per volontà dell'avvocato Marotta 200 importanti strutture tra scuole, sedi culturali e biblioteche. Non sono attualmente al corrente dei 19 anni che hanno preceduto quella data anno per anno, ma so per certo che non si tratta di un cammino economicamente invidiabile. Posso dire che però sia stato ammirevole visto che lo stesso Marotta ha sacrificato beni e risparmi in suo possesso per sostenere il progetto culturale dell'iisf (soldi da cui non è mai nato un partito a quanto mi risulta).
Quanto invece agli anni che hanno seguito quella data, conosco soltanto la vendita dell'attico in Piazza Grazioli 18, Roma di proprietà della moglie dell'avvocato Marotta.. venduto per 570 milioni di lire nel 2002, dato che l'Istituto era indigente. Poi si ottennero i finanziamenti statali, si ! ma solo sulla carta visto che i fondi non sono quasi mai arrivati. Per quel che so, quella parte di fondi incassati immagino che siano stati spesi per i centinaia e centianaia di congressi di intellettuali che si scomodano da tutto il mondo per venire nel Palazzo Serra di Cassano (e non credo che vengano gratis) oppure per le mostre che l'Istituto ha promosso in tutto il mondo o la quantità di libri pubblicati costantemente dall'Istituto. Non credo ci sia nulla di strano in tutto ciò. Non so se il vostro movmento è pratico di simili attività. Se fosse così potrete quantomeno immaginarne i costi.

Cordialmente
Maria Melania Barone

utente anonimo
#11  06 Giugno 2010 - 22:52
Gentilissima Maria Melania, sul nostro sito ("storia del movimento") potrà trovare più notizie sulle nostre attività (centinaia di convegni, mostre, ricerche soprattutto archivistiche, pubblicazioni): i finanziamenti non ci interessano e mai ci interesseranno lontani come siamo da destre e da sinistre e legati unicamente alla volontà di riscoprire  storia e orgoglio (questo il nostro obiettivo). In quanto all'Istituto, credo sia opportuno che Lei dia un occhio alle delibere della Regione Campania almeno degli ultimi 20 anni, dei vari Ministeri competenti e dello stesso Comune di Napoli: i finanziamenti sono stati più che consistenti e del resto se non fossero stati tali, a rigor di logica, perché mai l'avv. Marotta doveva iniziare le sue proteste perché il governo non voleva "più finanziare" il suo istituto o perché mai continuerebbero queste proteste per il probabile taglio del 50% (se il 50% fosse stato uguale a 0 le proteste non sarebbero mai partite). Ma resta sempre la stessa domanda che ho rivolto anche al presidente Palasciano: questi istituti sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi e cioé la formazione delle nostre classi dirigenti? Se lo stesso Marotta si lamenta per la loro mediocrità è colpa di Gennaro (volontario neoborbonico autofinanziato), di Maria Melania (volontaria libera cittadina autofinanziata)  o di Marotta? E, sorvolando sui dettagli, se in questi 35 anni avessimo approfondito di più Basile rispetto ai filosofi tedeschi del tardo Ottocento, non è che avremmo formato qualche ragazzo un po' più fiero della sua città? Si tratta di dubbi culturali che in una grandiosa città come la nostra dovrebbero essere legittimi e non al centro di accuse di "lesa maestà"... O no?
Cortesi saluti
   

utente anonimo
#12  06 Giugno 2010 - 23:47
Ci sono voluti quattro secoli di accademie perché nascesse la classe dirigente decapitata nel 1799. E non sono io a dirlo, ma Benedetto Croce, nella Storia del Regno di Napoli. Una classe dirigente non si forma dall'oggi al domani: è il risultato di un processo lungo e non semplificabile. Sui formatori, le ricordo che nell'Istituto sono venuti migliaia di professori da tutto il mondo a tenere seminari, c'è un accumulo intellettuale da cui, col tempo, può nascere qualcosa di nuovo. Col tempo. E i tagli non aiutano, come non hanno aiutato i quattro anni di contributi mancanti.

Anna Fava

utente anonimo
#13  07 Giugno 2010 - 00:55
Gentilissimo dr. De Crescenzo,
tenendo da parte il suo «non auguriamoci mai la morte della nostra Chiesa» (che non è «nostra» ma al limite potrà esser sua, io essendo de facto uno scomunicato e felice di esserlo), mi tocca ora citare, ond’esser sintetico, l’abusatissimo frammento di Calvino, secondo il quale occorre «cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio».

Quindi, avendo io riconosciuto che in mezzo a quest’inferno che è l’Italia in deriva oclocentrica una delle poche cose che non sono inferno è l’IISF, ebbene, io voglio che l’IISF duri, e che l’Italia sconfessi per un istante il proprio oclocentrismo e gli dia spazio, ergo gli eroghi soldi a palate (invece che spalarli su auto blu o in sepolcri imbiancati costringendo nel frattempo Marotta a vendersi anche la camicia, dopo essersi già venduto alquanti immobili e non so quanti mobili). Punto.

Sulla questione classe dirigente, le ha già risposto Anna.

Sulla questione di come sia meglio impiegare i fondi (quando arrivano), e «se in questi 35 anni avessimo approfondito di più Basile rispetto ai filosofi tedeschi del tardo Ottocento, non è che avremmo formato qualche ragazzo un po’ più fiero della sua città?», che dirle? Io conosco ragazzi fieri della loro città proprio perché la loro città è sede dell’IISF, un crocevia della cultura europea, o almeno stimato tale dai maggiori ingegni viventi e, in generale, da chiunque abbia piú onestà intellettuale che obblighi di parte, e lo conosca abbastanza.

Quanto a Basile, se ella proprio ci tiene e non ha altri argomenti su cui insistere, l’IISF gli ha dedicato almeno un volume monografico nel 1995, ma probabilmente anche altro di cui non sono a conoscenza; né lei mi sembra avere conoscenza migliore della mia, riguardo all’inventario delle attività 1975-2010 dell’IISF. Le quali sono documentate, in parte, in circa diecimila pagine; dia un’occhiata alle pubblicazioni sul sito, magari, poi faccia lei sapere a me.

Ossequi.
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#14  07 Giugno 2010 - 11:11
Gentile dr. Palasciano, se è vero che Lei è fiero di essere scomunicato, è altrettanto vero che io non mi auguro certo la morte di tutti gli scomunicati. Tornando a noi, è Marotta a lamentarsi del fatto che non abbiamo classi dirigenti e non Gennaro e neanche Palasciano. In quanto alle attività, le conosco ma conosco anche i decreti regionali e ministeriali con i quali sono stati assegnati mlioni e milioni di euro all'Istituto e, visti i risultati, credo che sia arrivato il momento (e il governo forse ha iniziato a capirlo) di fare dei bilanci seri. Comunque, contenti voi... certo è che ognuno (com'è giusto che sia) resterà del suo parere e forse la ricchezza della nostra grande città risiede anche in questo. Cordialità e in bocca al lupo per il vostro lavoro. Gennaro. 

utente anonimo
#15  07 Giugno 2010 - 11:19
P.S. Per la gentile Anna: sull'affermazione "classe dirigente decapitata nel '99" scrittori anche più autorevoli di me hanno evidenziato gli eccessi di una semplificazione deleteria: un Regno di 10 milioni di abitanti che aveva in una novantina di persone le sue classi dirigenti? Difficile da sostenere anche in considerazione di tutto quello che anche culturalmente quel Regno ha prodotto fino al 1860 e dopo. Se in 35 anni, poi (e dopo tutti i milardi spesi), non si è stati capaci di formare una classe dirigente, qualche dubbio dovrebbe iniziare  a serpeggiare anche tra i fans più accaniti dell'Istituto. Buon lavoro anche a Lei e cordiali saluti. Gennaro (a vostra disposizione anche per futuri pubblici dibattiti su questi temi e magari anche quelli fondamentali del nostro 1799...).

utente anonimo
#16  07 Giugno 2010 - 14:10
Gentile dr. De Crescenzo, se è vero che ella non si augura certo la morte di tutti gli scomunicati, è anche vero che io non mi auguro certo la morte di tutti i credenti, bensì la loro spontanea conversione alla verità, per illuminazione, mentre mi auguro semplicemente la morte della religione come istituzione, il che avverrà quando l'umanità sarà giunta a un tale grado di progresso spirituale che non ci sarà più crimine, né menzogna, né brama, né illusione, ma solo gioia, nudità, astronavi e clavicembali.

Tornando a noi, fa bene Marotta a lamentarsi del fatto che abbiamo classi più digerenti che dirigenti, visto che i fatti stan così, e non capisco perché Marotta dovrebbe al contrario rallegrarsi dello sfacelo acatartico attuale. Neanche capisco come si possano disprezzare tanto i «risultati» dell'Istituto, del quale ella evidentemente desidera la morte, come gli autori del triste comunicato di cui sopra.

Ognuno resterà del suo parere, certo. Il che non toglie che il parere vostro, indiscutibilmente, sia, dei due, quello cattivo, se dobbiamo essere manichei. Mi si porti un solo argomento autenticamente valido in contrario (finora ho visto solo capziosaggini), e giuro che mi faccio prete. Ossequi.
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#17  07 Giugno 2010 - 14:31



Gentilissima sig. Anna Fava, intervengo solo sullo spunto riflessivo del 1799 che lei ha posto nell'interessante "dialogo" tra il sig De Crescenzo e gli altri interlocutori del blog a favore, o meno, del mantenimento dei fondi per IISF. Ribadendo il limite riduttivo ed offensivo dell'analisi per cui su una popolazione meridionale di circa 10 milioni di persone, solo 99 formavano l’intellighentia  della nostra Comunità, vorrei ricordare come quella Grande Rivoluzione, nel nome della Libertè, Egalitè e Fraternitè, seminò milioni di morti in tutta Europa sterminando soprattutto coloro che non avevano o non accettavano il loro modo di vedere e di intendere la vita. Nel solo Meridione d’Italia, in circa 6 mesi di “occupazione francese”  (gennaio-giugno 1799) vennero uccise circa 50.000 persone, tra cui donne, bambini ed anziani, rubarono enormi quantità di ricchezze e tesori, (lo fecero in tutti gli Stati pre-unitari italiani), profanarono ciò che maggiormente era legato alla Cultura cattolica, comune al 90% degli italiani (la pisside usata come orinatoio era l’atto meno violento).
Né voglio pensare che nel nome di quei “nobili” ideali si accetti il “baratto” esistenziale tra 99 morti intelligenti e 50.000 ignoranti. Non lo voglio credere. Le inoltro tre notizie storiche da cui può “intuire” gli eccidi dei “democratici” giacobini:
  • da "Il Monitore Napoletano", decadi 10 germile, anno VII della Liberté, 1° della Repubblica Napoletana una e indivisibile (sabato 30 marzo 1799), numero 15, ANDRIA: "Ben presto i due cannoni, bandiere e tutto ciò che i ribelli (“gli ignoranti” ndr) avevano cade in potere de' Francesi, diecimila rimangono vittima de' loro delitti, ed Andria dopo essere stata saccheggiata, brucia al presente".
  • Ad isernia giacobini francesi ne fanno fuori " a fil di spada" 1.500 - cfr. S. Vitale"Le stragi franco-giacobine" in "L' Alfiere", Napoli, febbraio, 1998.
  • "I terreni, avvicinandoci a Napoli erano tutti distrutti, gli alberi fruttiferi spogliati delle loro foglie (...) Napoli non era che un immenso campo di carneficine, incendi e morte. I Granatieri francesi rinforzati dai battaglioni, massacrarono al suono della carica tutto ciò che si trovava di fronte a loro (...) non un napoletano restò vivo sul terreno che abbiamo percorso. (...)Non avrei mai immaginato che in così poco tempo potesse essere sterminata tanta gente (...)"da - Archivio Storicodelle Province Napoletane, anno XXIV, fascicolo II, Napoli 1899, pp. 197-222 - Memorie del generale francese Thiebault .
Lo stesso Championnet mentre da una parte solennemente dichiarava che la Francia ristabiliva il popolo napoletano "nel pieno esercizio di tutti i suoi diritti" e che un solo prezzo "si proponeva ritrarre dalla sua conquista, la gloria di aver dato la libertà al popolo napoletano e consolidata la sua felicità", dall'altra faceva disarmare la popolazione e imponeva una contribuzione di due milioni e mezzo di ducati alla città di Napoli da pagarsi entro otto giorni e una di quindici milioni di ducati alle province.
Concordo pienamente con De Gennaro con l’invito ad un pubblico dibattito su quei temi che sembrano tanto lontani nel Tempo ma ancora vivi nel cuore. Inviti caduti tutti inesorabilmente ed inspiegabilmente nel vuoto ogni qual volta venivano inoltrati allo stesso Marotta ed al suo entourage.
Pompeo De Chiara




utente anonimo
#18  07 Giugno 2010 - 15:49
Ma sì, strumentalizziamo i morti: è così elegante! Nevvero? Prendiamo a esempio la vostra adorata Chiesa cattolica. Che dirne? Ecco un po' di materiale su cui riflettere: http://www.linearossage.it/vittimechiesa/vittimechiesa.htm

Rita Contis

utente anonimo
#19  07 Giugno 2010 - 19:58
“Il 1799 fu uno di quegli anni che vi rivela tutta intera la storia di un Popolo... un Popolo che era disposto a morire combattendo non per superstizione, come più volte si è detto, ma per un sentimento nazionale, per un’idea di Patria che vi pulsava al di sotto... Dov’erano i patrioti giacobini? Intrattenevano un generale straniero; gli dicevano: venite, Napoli è nelle nostre mani; si impegnavano a liberare le fortezze e ad aprirgli una strada nel cuore dello stato”. Non sono le parole di uno storico “borbonico” ma di un italiano certamente a voi caro: Giuseppe  Mazzini (“La rivoluzione napoletana del 1799”, manoscritto, Museo Centrale del Risorgimento, Roma).
Per la sig.ra Contis sono strumentalizzazioni, per il presidente Palasciano "capziosaggini": per noi, come per Mazzini, da una parte c'erano stranieri e traditori, dall'altra i napoletani. E ieri come oggi ci sentiamo dalla loro parte... Voi, evidentemente, insieme a Marotta, no. Ma va bene anche così purché non si continui a disprezzare giacobinamente e poco democraticamente, chi ha idee diverse dalle vostre... Cordialità. Gennaro De Crescenzo.

utente anonimo
#20  07 Giugno 2010 - 20:21
Scusate, nuje vulessimo capì na cosa sola: ma se perfino S.A. Antonio di Borbone in persona a nome di tutto il casato ha reso omaggio all'avv. Marotta, all'IISF e finanche ai rivoluzionari del 1799, ma è mai possibile che dei signori che si professano neoborbonici - a onta dei neoborbonici "seri" - debbano ossessivamente guastare la festa rivangando i morti e gli stramorti? E che noia! Ma veramente dobbiamo essere più realisti del re? Ma ci rendiamo conto o no? UBI MAJOR, MINOR CESSAT: quindi, se il principe di Borbone lodò i 99 del '99, questi signori iper-neoborbonici si devono acquietare, devono finirla di sfottere la mazzarella e di accanirsi a oltranza sulla rivoluzione e i rivoluzionari e i loro presunti eredi, perché è assurdo! Sennò che facciamo, andiamo da neoborbonici contro il giudizio finale dei Borbone? E che neoborbonici siamo? Insomma, si chiuda il discorso ora, prima che si arrivi ai pesci in faccia e ai «baccalaiuolo». O ditelo che è questo che cercate. Cordiali saluti,

Aldo + Lucia Sirti

utente anonimo
#21  07 Giugno 2010 - 21:13
Ad Aldo-Lucia sfugge, forse, che il nostro non è un movimento monarchico ma un movimento culturale che ha come obiettivo la ricerca e la divulgazione della nostra storia a partire da quella borbonica. Antonio di Borbone ha potuto e può dichiarare quello che vuole:la verità storica è altra cosa a meno che Aldo+rita non sia monarchico e quindi prenda per oro colato ciò che un esponente di una dinastia dichiara. Pensare, però, che Aldo+Rita utilizzi parole come "festa", "noia" o "stramorti" riferendosi magari ai sessantamila meridionali massacrati "in meno di cinque mesi in tutta la campagna napoletana" (P. Thiebault) fa leggermente rabbrividire... E' vero che erano "napoletani-cristiano-borbonici" e per molti di voi non meritavano di vivere ma si tratta pur sempre di nostri antenati. Cordialità. Gennaro  

utente anonimo
#22  07 Giugno 2010 - 22:41
Francamente il post dei signori  Aldo+Lucia scende a livelli che non appartengono al tono ed al tenore della discussione.
Per la signora Rita manca solo che ci ricordi la persecuzione di Galilei e la morte di Giordano Bruno ed il quadro si chiude. Apparentemente. Perché potremmo opporle semplicisticamente come i discendenti di quella Chiesa sono maggiormente assimilabili ai missionari sparsi in tutto il mondo ad aiutare i poveri mentre quelli dei "Giacobini" presero il nome di Stalin, di Pol Pot, di Tito....Ceauşescu! Nel nome della Chiesa non si uccide più nessuno, non penso altrettanto nei Paesi Comunisti sopravvissuti.
Per il sig. Palasciano: Non crede di trovare nelle sue parole "Il che non toglie che il parere vostro, indiscutibilmente, sia, dei due, quello cattivo, se dobbiamo essere manichei" un sottile malcelato velo di .....presunzione? La stessa che animò la mano armata dei Francesi "Illuminati" dalla Verità  laica per la quale sterminarono quasi tutti i Vandeani che avevano "indiscutibilmente un parere cattivo"?

utente anonimo
#23  07 Giugno 2010 - 22:44
Il post precedente (sui regimi comunisti)  è mio - Pompeo De Chiara

utente anonimo
#24  08 Giugno 2010 - 06:19
Dunque i discendenti di quella Chiesa sarebbero i missionari che aiutano i poveri, e i discendenti dell’Illuminismo e della Rivoluzione sarebbero i tiranni totalitaristi? Sarebbe una rappresentazione di grande effetto ma, sfortunatamente, del tutto retorica e ribaltabile.

Ai miei occhi, difatti – se ho da essere del pari semplicista –, i discendenti dell’Illuminismo e della Rivoluzione saranno piuttosto i liberi pensatori e gli attivisti in campo culturale, ambientale, sociale, i quali si prodigano con abnegato impeto per i diritti umani, l’educazione alla conoscenza, il bene universale; mentre i discendenti di quella Chiesa saranno i preti pedofili e i vescovi reazionari, sessuofobi, antiscientifici che osteggiano le coppie omosessuali, vietano il preservativo, intralciano sia la donna che vuole abortire sia la donna che vuole procreare assistitamente in santa pace, e ingeriscono nella politica italiana e nelle nostre vite tanto pesantemente da meritarsi il mio anatema magistrale.

E, sí, io sono un presuntuoso, signor mio; e presumo anche di potermelo permettere, essendo un animo puro e nobile, riverberante amore cosmico, nonché un multiforme genio, dei piú splendenti che l’ex Regno di Napoli possa vantare nell’epoca attuale. Essendo la mia intelligenza e la mia sensibilità notevolmente superiori a quelle dell’umano medio, come dimostrano la mia vita e le mie opere meravigliose, discerno meglio le cose che non altri, e posso assicurarla che lei è in errore, perché i moventi del suo discorso non sono buoni.

Preferisco, in tutta onestà, quei signori Sirti, che almeno hanno parlato col cuore, sebbene un po’ rusticamente, anziché chi maschera dietro il facile pietismo dei morti ammazzati e altre non-pertinenze la caparbia avversione, a ogni costo, verso un istituto rivale, ornata di voli pindarici che san piú di svolazzi di Celeno, storiograficamente, e orientata infine contro un’intera Weltanschauung, ovvero contro la modernità.

Potete continuare, se vi gratifica, a confondere in uno stesso calderone ideale l’Enciclopedia di Diderot e d’Alembert e i lager siberiani staliniani, o la decapitazione di Maria Antonietta e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (casualmente mai firmata dal Vaticano). Ma il vizio di fondo d’una tale operazione è palese, e non serve certo un genio a isolarlo.

Il fine d’essa è la denigrazione; e non è forse cosa cattiva? Ciò cui io anelo, invece, è la bellezza della vita; e coi seminari dell’IISF la vita è piú bella!, per me e per tanti figli meritevoli che la madre Patria ne sovvenzioni il gaudio. Lasciateci perciò godere in pace, senza dover patire gli stridi delle strigi, nell’alveo di questa bellezza alla quale purtroppo non gradite abbandonarvi; e ogni pace a voi auguro nel cuore.

Viva la Magna Grecia.
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#25  08 Giugno 2010 - 10:54
"E, sí, io sono un presuntuoso, signor mio; e presumo anche di potermelo permettere, essendo un animo puro e nobile, riverberante amore cosmico, nonché un multiforme genio, dei piú splendenti che l’ex Regno di Napoli possa vantare nell’epoca attuale. Essendo la mia intelligenza e la mia sensibilità notevolmente superiori a quelle dell’umano medio, come dimostrano la mia vita e le mie opere meravigliose, discerno meglio le cose che non altri". FIRMATO: MARCO PALASCIANO.
Ogni commento è veramente superfluo...
Buona fortuna, allora, e buon lavoro con i vostri superiori, riverberanti, multiformi, e splendenti... endecasillabi!
Gennaro... 

utente anonimo
#26  08 Giugno 2010 - 14:50
Oh  gentil animo sì suadente e nobile che l’area intiera, per lo intorno spazio, gli concede per le sue immense parole che urlano d’esser ascoltate al fin di credere d’ESSERE in questo stranito Mondo!  Oh Voi, che tanta soggezione incutete ne li poveri nostri ignari animi, racchiusi in volgari corpi atti al sol tribolar e non attenti alle Verità che effluviano dalla vostra illuminata boccuccia di rosa senza alcun aculeo, disseminando per  tutto lo Contado LUCE ETERNA! Oh  Voi che sapreste, nell’intimo misero spirito, infonder lo saggio dono de la Cultura, de l’Arte, de la Poesia e de la Musica, VOI! la cui presenza in codesto disarmonico Mondo di squallide storture dell'indegna Umanitade……….stride così fortemente da provocar giusta aberrazione,  Oh! Vi prego....... Cambiate l’ingrato spacciatore che l’erba, quotidianamente  ingurgitata, (et a grande quantitate!) non par esser della migliore!
Pompejus de Clares

utente anonimo
#27  08 Giugno 2010 - 18:01
Gentilissimo De crescenzo,
quanto da lei affermato circa il progetto culturale, sul proporre Basile piuttosto che gli intellettuali del tardo '800, beh… io mi esento dal dare la mia opinione perché non conosco l'Istituto così a fondo da poter dire se questi argomenti siano o non siano trattati. Spero che le sue critiche siano fondate su una conoscenza profonda del progetto culturale dell'istituto che contempli anche le motivazioni che inducono i frequentanti dell'IISF a proporre determinati dibattiti invece di altri, poiché a tutto c'è una spiegazione precisa che noi potremmo comprendere solo se non ci poniamo in una condizione d'animo belligerante. Personalmente però credo che l'amore per la propria città non si impari né dai testi di Basile, ne dai filosofi ottocenteschi. E' una cosa che ha a che fare con la propria maturità personale e il proprio senso di civiltà. 
Quanto ai fondi, io non dico che non siano stati emessi, ma quel che è certo è che non sono (spesso) mai arrivati, poiché (come di solito avviene) o vengono fregati o vengono incanalati in altri progetti per volontà della Regione che è autorizzata a fare determinate scelte grazie alla sua autonomia.
Tuttavia mi limito a sottolineare una contraddizione di fondo presente nel suo discorso e in quello di un altro neoborbonico, un certo Capitano Alessandro Romano che ha aperto una discussione internamente al nostro gruppo su facebook. Lei, Sig. De Crescenzo, dice testuali parole:
"questi istituti sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi e cioé la formazione delle nostre classi dirigenti? Se lo stesso Marotta si lamenta per la loro mediocrità è colpa di Gennaro (volontario neoborbonico autofinanziato), di Maria Melania (volontaria libera cittadina autofinanziata)  o di Marotta?" 
Bene, il problema è questo: prima viene formulata l'accusa di istituire un circolo culturale al fine di celare obbiettivi politici, poi si accusa l'Istituto di non creare una classe dirigente. Queste accuse sono tutte un po' confuse a quanto pare… 
Nel frattempo che vi chiarite, mi permetto umilmente di dare la mia personale spiegazione: evidentemente lo scopo principale non è quello di formare una classe dirigente quanto "intellettuali attivi". E con questa spiegazione che è stata più volte ribadita dallo stesso Marotta, credo che ci sia coerenza tra fatti realizzati e parole proferite. Lei non crede? Credo che l'attività più visibile dell'IISF sia evidente oltre che dai congressi, soprattutto dal numero esorbitante di pubblicazioni.
Cordialmente
Melania

utente anonimo
#28  08 Giugno 2010 - 20:10
Gentilissima Melania, nessuna contraddizione, purtroppo: è Marotta a dichiarare che tra i suoi obiettivi c'era e c'è la formazione delle future classi dirigenti; è oggettivo che dall'Istituto sono venuti fuori e vengono fuori molti quadri intellettuali e politici non propriamente "di destra"; è altrettanto oggettivo che gli stessi quadri, come dichiara Marotta ogni tanto (lui sì in contraddizione) e come verifichiamo noi per le condizioni in cui hanno ridotto la nostra antica capitale, sono meno che mediocri... Se a questo aggiunge la quantità enorme di fondi deliberati ma anche erogati il quadro è chiaro e abbastanza amaro per noi cittadini "normali" (ci sarebbe da verificare magari quale sia la capacità reale degli amministratori dell'Istituto se le condizioni finanziarie sono sempre così disastrose: tutti sanno che gli enti pubblici pagano in ritardo e si tratta solo di gestire bene le risorse). Per tutto il resto, comunque (compresi i dati sui finanziamenti), se per caso fosse interessata, La invito a utilizzare la mia mail gdecrescenzo@hotmail.com per evitare di continuare a "scontrarci" con estremismi giacobini retorici e leggermente sopra le righe... Cordialissimi saluti e in bocca al lupo per tutte le sue attività.
Gennaro

utente anonimo
#29  08 Giugno 2010 - 23:40
Sappia il signor Pompeo, se gl'interessa, che non mi sono mai drogato con alcunché, neanche uno spinello, neanche da adolescentello. Detto questo, THE END: tra Palasciania e Neoborbonici non c'è più niente da dire, né in versi né in prosa. Saluto anche il gentil signor Gennaro.

Ah! scordavo! il mio prozio Ferdinando fu messo in galera dai borbonici, nel 1848, per aver osato curare sul campo di battaglia anche i feriti nemici (i rivoltosi di Messina); il general Filangieri voleva addirittura fucilarlo, per aver disobbedito all'ordine di lasciarli morire. Dopodiché, se si va a leggere l'Enciclopedia universale Rizzoli-Larousse alla voce "Croce Rossa internazionale", si trova scritto:

«Le origini dell'istituzione si fanno risalire a Ferdinando Palasciano».

Buonanotte.
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#30  10 Giugno 2010 - 14:47
Bisogna prendere atto che i neoborbonici, i quali reclamano il diritto di diffondere le loro idee, in realtà non amano:

1) i diritti umani;

2) il principio dell'uguaglianza di diritti di tutti gli uomini e di tutte le donne del pianeta;

3) il principio secondo cui il governo di uno Stato debba essere effettivamente controllato dai cittadini.

4) il principio secondo cui lo Stato non ha il diritto di torturare e uccidere i suoi cittadini.

Questi principi, che il regno borbonico tutto festa farina forca osteggiò sempre, salvo la tardiva costituzione ottriata da Franceschiello, furono di fatto stabiliti nel sangue, visto che le aristocrazie dell'antico regime raramente erano disposte a rinunciare ai loro privilegi. La rivoluzione violenta ebbe ovviamente dei contraccolpi e generò crisi profonde dovunque, in Europa, ed è rimasta incompiuta.

Quanto alla Rivoluzione del 1799, quella fu determinata dal fatto che un'aristocrazia intellettuale, oltre che nobiliare, abbandonata dal suo re vile e traditore, aveva dovuto attuare un rivolgimento istituzionale e ricevere i francesi, evitando ulteriori disastri a una città sollevata, in cui le plebi, lasciate a sé stesse, già devastavano tutto il devastabile. Il regno, a quell'epoca, era straziato dalla tendenza anarcoide del popolino, la cui coscienza era stata uccisa tempo addietro con Masaniello, e dall'abbandono del re. Il Borbone e il suo sgherro Ruffo avevano poi avuto buon gioco nell'incanalare il peggio delle plebi verso una reazione feroce che aveva fatto il paio con le atrocità delle plebi rivoluzionarie parigine.

Di per sé i limiti dell'élite del 1799 furono altri, dovuti a un intreccio tragico fra circostanze fattuali e scarsa capacità di pianificazione:

1) l'incapacità di comunicare con le plebi (la cosiddetta rivoluzione passiva);

2) la soppressione delle autonomie locali in nome di un centralismo autoritario nei fatti, che annullava i diritti acquisiti in teoria dai cittadini;

3) la presenza di un retroterra di banditismo che aveva inceppato già la rivolta di Masaniello e ora tornava a farsi sentire, sempre incline a consegnare il sud al potere forte di turno (oggi la camorra, figlia di quei banditi, ha consegnato il sud agli spacciatori di immondizia del nord, tramite la politica; ai tempi del risorgimento, consegnò il sud a Garibaldi, che non fece buon uso del regalo ricevuto, passandolo a chi non di dovere);

4) la passività rispetto ai francesi, che dal canto loro non aiutarono i martiri del '99 prima e li abbandonarono a sé stessi poi, tenendo conto che il giacobinismo teorico dei martiri non piaceva al governo del direttorio post-termidoro.

Invece di rimpiangere ciò che non fu, sarebbe opportuno ripartire da zero, con la coscienza degli errori fatti -e trucidare in una sollevazione di popolo qualche migliaio di accertati camorristi, sacristi, 'ndranghetisti e mafiosi, tanto per liberare la nazione (sia essa il sud o l'Italia intera) da un invasore interno sempre più feroce e dispotico.

Saluti.

Daniele Ventre

utente anonimo
#31  11 Giugno 2010 - 20:54
Francamente l'analisi del sig, Ventre è quanto di più insulso, vecchio e becero conformismo di modelli di storiografia stereotipata diretta conseguenza di quanto i "pennivendoli" criticati da Ferdindao II di Borbone (fu lui a rilasciare la 1 ° vera costituzione di stampo Parlamentare per poi repentinamente ritirarla di fronte al serio rischio di essere spodestato se non ucciso dai liberal-massoni che non si accontentarono della prima stesura) hanno scritto per 150 anni. "La connotazione  passiva della rivoluzione del 1799", l"incomprensione dell' intellighentia napolitana con la plebe"............E BASTA! "La rivoluzione violenta ebbe ovviamente dei contraccolpi e generò crisi profonde dovunque, in Europa, ed è rimasta incompiuta" INCOMPIUTA? E quanti altri milioni di morti dovevano fare, per essere compiuta? E quel grande LADRONE che si chiamava Napoleone, figliastro di quella Rivoluzione che tanto le piace, non si fece incoronare IMPERATORE? Alla faccia delle REPUBBLICHE che andavano disseminando. FESTA FARINA E FORCA?
4) il principio secondo cui lo Stato non ha il diritto di torturare e uccidere i suoi cittadini.
VENTRE!!! Il Boia Sanson, a Parigi, nel nome della DEMOCRAZIA che tanto ti piace, decapitava al ritmo di 1 testa ogni 10 minuti!!!!!!! SI SVEGLI!! FESTA FARINA E FORCA, nel loro significato simbolico del benessere morale, fisico e dell'applicazione della Giustizia in una COMUNITA', erano usati da tutti i Governi dell'epoca e lo sono tutt'ora! Ma la sua stantìa analisi ha raggiunto il limite allorquando asserisce  Il regno, a quell'epoca, era straziato dalla tendenza anarcoide del popolino, la cui coscienza era stata uccisa tempo addietro con Masaniello  oppure  3) la presenza di un retroterra di banditismo che aveva inceppato già la rivolta di Masaniello e ora tornava a farsi sentire che lascia intravedere un concezione "Lombrosiana" e genetica del Popolo Napoletano, quasi animalesco, così distante da quella ELITE in cui probabilmente LEI e il Palasciano vi riconoscete giustificando i milioni di MORTI AMMAZZATI perchè erano ignoranti e non comprendevano le VOSTRE ILLUMINATE IDEE!!! E' così? Lei tifa anche MILAN o INTER, ne sono sicuro. Si riconosce sempre nei MIGLIORI, non accetta di essere povero o umile ed in fondo in fondo le sue parole trapelano anche una forma sottile di razzismo....Suvvia! L'AMMETTA! Quei principi di uguaglianza di cui lei non dovrebbe nemmeno parlare, per come impropriamente si è espresso sulla genetica del popolo napoletano, i RE BORBONE l'avevano attuati con la Costituzione della REAL COLONIA DI SAN LEUCIO, nel 1789 inno ai veri principi dell'UGUAGLIANZA nati 2010 ANNI FA'!!  E non con la Rivoluzione Francese! Se la legga e poi, come tradisce il suo cognome, si ricordi che lei probabilmente avrà avuto un legame di parentela, diretta od indiretta, di quel BRIGANTE VENTRE che, a differenza sua, combatté e morì per difendere il Popolo nel nome del RE BORBONE, come avevano fatto i suoi avi nel 1799. E non mi dica che anche lo STATUTO DI SAN LEUCIO, come la prima cattedra in economia, il numero più alto di istituti di assistenza e beneficenza dei poveri, la prima ferrovia e tutti gli inverosimili PRIMATI della NAZIONE NAPOLETANA, ...........ERANO AMENITA' PER IL DILETTO DEI BORBONE.  Suvvia un pò di ritegno. Niente più....un pò di ritegno. Con rispetto. POMPEO DE CHIARA

utente anonimo
#32  12 Giugno 2010 - 06:16
«Una ferita mortale per la rivoluzione napoletana»
Da www.terranews.it

INTERVISTA. A colloquio con Gerardo Marotta, mecenate dell’Istituto italiano studi filosofici di Napoli che dal 1975 promuove la cultura meridionale nel mondo. L’ente è nella lista dei tagli predisposta dal ministro Tremonti. «Noi non chiuderemo mai. Saremo sempre lì». C’è una passione trascinante nelle parole flebili di Gerardo Marotta, 83 anni, avvocato e filosofo napoletano, ma soprattutto mecenate e presidente dell’Istituto italiano di studi filosofici. Da Napoli Marotta sta provando in questi giorni a lanciare il grido di allarme per tentare di salvare la sua creatura. La scure della manovra di Tremonti si abbatterà infatti anche su Palazzo Serra di Cassano. Una lunga e prestigiosa catena storia di promozione e diffusione della filosofia, che dal 1992-93 ha trovato il riconoscimento dei finanziamenti pubblici.

E ora cosa succederà con i fondi? Saranno ridotti del 50 per cento. Ma prima bisognerà vedere se l’Istituto, i cui finanziamenti sono scaduti il 31 dicembre 2009, li vedrà rinnovati. Solo la famiglia Marotta ha finanziato l’Istituto, che ha poi ricevuto riconoscimenti internazionali, di Onu e Unesco. «Siamo stati finanziati dal 1993, quando dopo 16 anni che ci siamo svenati io e mia madre, che abbiamo fondato l’Istituto all’Accademia dei Lincei nel 1975, finalmente arrivò il riconoscimento del presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi, per finanziare biblioteca e scuole di formazione nel Mezzogiorno».

Che cosa ha fatto l’Istituto in questi anni? «Duecento scuole create nel Mezzogiorno, molte scuole presso i Comuni, e molte presso i licei; scuole di filosofia, scuole scienze. In tutte le province meridionali i ragazzi erano appesi ai soffitti, per vedere i professori e i premi Nobel, venuti da tutta Europa. Abbiamo portato tutto il meglio della cultura europea, dalla Spagna, dalla Germania, e i ragazzi sono rimasti sbalorditi, perché per la prima volta sono scesi questi professori nelle profondità delle Calabrie, delle Puglie, in posti magnifici, dove c’è stata la rivoluzione napoletana. è stato incredibile vedere l’entusiasmo e il furore di questi ragazzi. Abbiamo regalato centinaia di volumi, fatto convegni, e seminari (1000 l’anno). Una cosa favolosa che nessuna scuola in Europa ha fatto».

Quando avete percepito l’ultimo finanziamento? «Dobbiamo ancora avere i fondi del 2004-2006, del ministero dell’Università e della Ricerca, e della Regione, che fecero a suo tempo un accordo per finanziare l’Istituto. Ne abbiamo avuto solo una parte, per il resto aspettiamo che il ministero del Tesoro saldi il finanziamento del 2007, 2008, 2009, di cui ci ha dato solo degli anticipi. è una lotta estenuante. Ho dovuto vendere tutte le mie proprietà».

Con il taglio dei finanziamenti quindi cosa accadrà alle vostre attività? «Sono tutte in pericolo. Il centro di Vienna è in pericolo. Collaboriamo con l’Accademia di Vienna, con il Collegio di Francia di Parigi, con l’Hairburgh Institute. Paghiamo borse di studio, soggiorno e alberghi, per una decina di studenti l’anno, e in Germania abbiamo un centro a nostre spese per stampare tutti i classici del medioevo latino, presi dai testi e portati su internet. E a settembre distribuiremo a tutti i paesi del mondo una ristampa dell’unico manoscritto di Giordano Bruno, che abbiamo tradotto in tutte le lingue, grazie ad un contratto con la biblioteca nazionale di Mosca».

Giulio Finotti

utente anonimo
#33  12 Giugno 2010 - 08:11
"Acquaiuolo, l'acqua è fresca? Manco la neve...". Antico proverbio napoletano.

utente anonimo
#34  12 Giugno 2010 - 08:21
Ho appena letto e apprezzato l'intervento del sig. Ventre e vorrei entrare in contatto con lui: si potrebbe realizzare un gruppo di volontari capaci di riconoscere i "camorristi" e consegnarli ad altre squadre di collaboratori per procedere alla "pulizia" che la nostra città meriterebbe. .. W Napoli, W la Repubblica Napoletana!!! W i veri patrioti! Giorgio De Simone, ROma.

utente anonimo
#35  12 Giugno 2010 - 16:25
Non c'è peggiore sciocco che colui che crede d'esser furbo: l'anonimo che ha citato il proverbio dell'acquaiolo, significante che è inutile domandare a Marotta se il suo Istituto è buono essendo ovvio che dirà di sì, non ridicolizza in verità né Marotta, né Finotti, ma sé stesso, dimostrando solo di essere un ignorante, oltreché un fazioso dei più grossolani quanto ad "arte" retorica; ignora, infatti, o simula con sprezzo d'ignorare, che l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici nella sua luminosa storia, altro che suonarsela e cantarsela, ha ricevuto e costantemente riceve fior di plausi e di riconoscimenti da enti e personalità di prestigio internazionale, che altri se li sognano. Dubito fortemente che l'Associazione Reazionari Astiosi riceverà il Diploma d'Onore del Parlamento Europeo, a esempio, o che possa vantare la frequentazione e collaborazione di scienziati Premi Nobel, filosofi del calibro d'un Gadamer, ecc. ecc.

C'è anonimo e anonimo

utente anonimo
#36  12 Giugno 2010 - 16:59
E' vero: c'è anonimo e anonimo... Prima di vantarsi di diplomini ricevuti e consegnati tra giacobini italiani ed esteri, però, meglio una bella ripassata in grammatica italiana: "a se stessi" non richiede l'accento. Anonimus non sgrammaticatus...

utente anonimo
#37  12 Giugno 2010 - 17:59
«[...] quella ELITE in cui probabilmente LEI e il Palasciano vi riconoscete giustificando i milioni di MORTI AMMAZZATI perchè [correzione: "perché"] erano ignoranti e non comprendevano le VOSTRE ILLUMINATE IDEE!!! [...] le sue parole trapelano [correzione: "dalle sue parole trapela"] anche una forma sottile di razzismo...».


Non tocca certo a me, né al prof. Ventre, l'onere della prova di non possedere menti talmente insane o empie da giustificare una strage di innocenti.

Piuttosto: dalle qui citate sue allusioni, dott. De Chiara, trapela - pour ainsi dire - una forma sottile di diffamazione. E la diffamazione, oltre a essere moralmente reprensibile (almeno per i miei gusti morali), è punita, ricordiamolo, dalla legge italiana. E siamo in Italia.

Io non ho mai offeso la sua reputazione, dott. De Chiara, mentre lei mi ha anche dato del drogato. Ricorda?

Insomma la invito a esercitare un maggiore controllo sul suo linguaggio, affinché ella non si trovi esposto, quantomeno, alla reprensione altrui. Grazie.
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#38  12 Giugno 2010 - 19:08

Mi corre l'obbligo, in quanto presidente di cotanta Accademia, di svergognare seduta stante la limitatezza culturale del sedicente Anonimus non sgrammaticatus, il quale osa scrivere:

«meglio una bella ripassata in grammatica italiana: "a se stessi" non richiede l'accento».

L'accento su «sé» accompagnato da «stesso» è, sì, omissibile per uso; ma tale uso non è una regola grammaticale.

Io stesso anzi conservo regolarmente l'accento in questione, per motivi sia razionali sia estetici, e sconsiglio caldamente d'ometterlo, in accordo tra l'altro col Migliorini, nonché col suo allievo Aldo Duro, curatore del vocabolario Treccani, dove definì l'omissione dell'accento «non giustificabile» e «antiquata»; e in ciò mi trova completamente d'accordo con lui.

Quanto alla riduzione ideale, da parte dell'anonimo scolastico e fazioso, delle glorie dell'IISF a «diplomini», purtroppo io non sono persona abbastanza triviale da rispondere come si dovrebbe, quindi elegantemente passo e chiudo.
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#39  13 Giugno 2010 - 12:18
Leggo per caso questo dialogo tra neoborbonici e neogiacobini e faccio, se mi permettete, qualche osservazione: meno che mai mi definirei neoborbonico però da un lato (quello neoborbonico) leggo notizie di storia (massacri compiuti da parte dei francesi-giacobini), dall'altro un po' di retorica forse eccessiva (aggettivi roboanti, concetti astratti, inviti a pulizie "etniche"): più parole che fatti. E sono i limiti tipici del giacobinismo soprattutto napoletano: pochi e lontani dalla realtà, pochi e lontani dal popolo e spesso contro il popolo (nel 1799 come nel 2010)... E per finire addirittura minacce di denunce agli oppositori. Non vi offendete (e non mi denuciate!) ma i fallimenti culturali di una certa parte culturale e spesso anche politica sono concentrati in questi dialoghi in fondo davvero interessanti.
Gennaro Schiano

utente anonimo
#40  13 Giugno 2010 - 12:28
 Tenendo da parte i riferimenti classici (su tutti N. Tommaseo- B. Bellini, Dizionario della lingua italiana, Torino, 1861-1879), è da evidenziare il dato che nell’uso (così importante dal punto di vista linguistico) è prevalsa la versione non accentata: ci rendiamo conto che per i neogiacobini tutto ciò che è “usato”, “diffuso” e “popolare” è automaticamente da cancellare, ma tant’è. Anonimus ironicus e non sgrammaticatus

utente anonimo
#41  13 Giugno 2010 - 19:36
Parole e fatti? Gentile signor Schiano, tutta questa tarantella di discussione è nata perché certi neoborbonici odiano l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, semplicemente; e al fine di avvalorare questo loro odio (che in realtà non può avere alcun valore) tirano perfino fuori dalle fosse i morti delle guerre napoleoniche e ne fanno marionette da agitare sul palcoscenico delle chiacchiere, allontanandosi completamente dai fatti, i fatti che soli contano realmente in questo caso, i fatti odierni, uscendosene dal seminato per seminare confusione. Ma cosa diavolo volete che c'entri l'IISF, Marotta e le meritorie imprese sue, delle Assise ecc., con queste cose?

«Leggo notizie di storia»... io leggo invece, da parte di coloro che infarciscono il commentario di codesto povero blog di tali «notizie» (ovvero segreti di Pulcinella), una lettura distorta della storia a fini propagandistici, di non tanto nobile lega: gettare fango su Marotta ecc., il che poi si traduce - per proprietà transitiva o qual che sia - in fango gettato su chi stima Marotta ecc., quindi su me ecc.

Poi questo aggettivo, «giacobino», francamente - non per lei, si figuri, ma in generale - mi ha rotto le scatole. Prima di questa tarantella non l'avevo mai visto usare tanto, e tanto a sproposito: al modo di chi dia del «comunista» a qualsiasi intellettuale gli si pari dinanzi.

E i «fallimenti culturali»? che cosa intende, qui, precisamente? di quale «parte»? e quali altre «parti» starebbero trionfando? il Mercato, l'Oscurantismo, Satana? e lei se ne compiace o si dispiace?

Quanto alle «addirittura minacce di denuncia», signor Schiano, su cui lei pone inutile accento invece di rimproverar magari il dott. De Chiara delle sue intemperanze, le faccio notare che era solo il modo più civile possibile di invitare il signore a finirla, qua, di insultarmi: non era evidente? Ella preferiva forse che io rispondessi al dott. De Chiara a male parole quando, prima, mi ha dato del drogato, e poi ha alluso a me come a un razzista ecc.? Dovevo dirgli semplicemente vada a quel paese? o peggio? Ma avreste detto che qua siamo degli sboccatoni. E se non avessi detto niente, si sarebbe detto che siamo dei fessi che si tengono gli insulti, magari. Insomma, qualsiasi cosa io risponda, per lorsignori è sempre sbagliata! Che fair play!

Il problema base è che gli antimodernisti invischiati, chi più chi meno, in questa vana querelle (di cui ero già stufo giorni fa, avendo ben altro a cui pensare), non possono proprio sopportare di essere nel torto, e urge loro aggrapparsi al minimo pelo evenemenziale, sfuggendo serpeggiando il tema dato, deviando il discorso su stupidaggini come l'accento su «sé» in «sé stesso» e chissà cos'altro in séguito. Stiamo scherzando? Se vogliamo scherzare, scherziamo: ma non vi conviene l'arma della commedia, in un duello contro Shakespeare.

Infine, all'Anonimus: non è in questione l'uso, ma la regola; lei ha osato dare dello sgrammaticato a chi scrive «sé stesso»; io le ho dimostrato che non lo è; punto. "Si stia", e la smetta di punzecchiare coi suoi pungoli di gomma. «Neogiacobini» gna gna gna, «popolare» gna gna gna... e cche ppalle! Ma se ne vada a fare share su TeleOclos!

Questa è casa dell'Accademia Palasciania: non entri chi non è palascianesco. O, se entra, non scassi la minchia. Grazie.
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#42  13 Giugno 2010 - 19:59
Se c'è qualcosa di insulso e di vecchio sono i neoborbonici.

Per quanto riguarda la sollevazione di popolo contro camorristi, sacristi, mafiosi e 'ndranghetisti, ho semplicemente auspicato l'eliminazione di quattro deille peggiori organizzazioni criminali del pianeta. Se questa si chiama pulizia etnica, devo dedurre che chi mi accusa di volere la pulizia etnica vede nei camorristi un ethnos, un popolo, addirittura. Una visione alquanto pericolosa, che sa di fiancheggiamento ideologico della camorra, per quanto mi riguarda. E ribadisco: per quelli che hanno trasformato il sud in un letamaio e ci hanno consegnati in massa al lavoro nero, per quelli che hanno snaturato dall'interno la repubblica italiana, morire trucidati in una sollevazione di popolo è pena troppo rapida e umanitaria, per quanto mi riguarda. Se poi parte del movimento neoborbonico si sente vicino alla camorra, alla mafia, alla sacra corona unita e alla 'ndrangheta tanto da difenderle dal pericolo di una pulizia etnica, peggio per il movimento neoborbonico. Evidentemente, con la scusa di puntare il dito contro un presunto e oggi inesistente elitarismo giacobino, preferiscono stigmatizzare come ente inutile l'IISF e difendere il diritto delle mafie a infestare il territorio.  In altre parole, vogliono un sud privo di coscienza culturale e oppresso dalla neofeudalità mafiosa. Complimenti, siete proprio voi stessi. Peggior insulto non posso immaginare.

Con tutto il disprezzo possibile

Daniele Ventre

utente anonimo
#43  13 Giugno 2010 - 20:02
P. s. A proposito. Noto che nel mio intervento c'è qualche refuso. Forse l'anonymus decerebratus che non sa manco scrivere anonymus con la y vorrà appuntarvi i suoi strali. Faccia pure e poi vada a quel paese. Paese che possibilmente non sia mai un futuro sud neoborbonico.

Daniele Ventre

utente anonimo
#44  13 Giugno 2010 - 20:08
P. p. s. ultimum (caveant consules ne quid res publica detrimenti capiat). Quando parlavo di grande rivoluzione incompiuta, non parlavo del numero dei morti, ma dei diritti affermati e poi affossati, fra terrore, termidoro e bonapartismo.

Questo per le persone sane di mente che dovessero passare di qui.

D.V.

utente anonimo
#45  13 Giugno 2010 - 20:21
Al fin della licenza...

A proposito: un'effimera costituzione la ottriò, con meno diritti, Ferdinando I (il primo non fu Ferdinando II!) di Borbone, che se la rimangiò a Lubiana (dicono nulla i moti del 1820-21?). Dunque conta ancora meno di quella di Franceschiello e non l'ho citata per economia di discorso. L'effimera costituzioncella di Ferdinando II, che affossò le sue concessioni nell'ennesima (sia pure più blanda) repressione, all'indomani del '48, conta ancora meno. Queste costituzioni ottriate davanti al pericolo e poi rimangiate, la dicono lunga su certi re.

Inoltre, mi dispiace deludervi anche su questi argumenta ad hominem di bassa lega, sono nato a Mergellina, i miei nonni erano contadini e tifo Napoli.

D.V.

utente anonimo
#46  13 Giugno 2010 - 20:27
Consentitemi un appello a tutti gli amici neoborbonici anonimi o noti che hanno "frequentato" questo spazio: lasciamo i "palasciani" alla loro accademia e torniamo al nostro lavoro di ricerca e divulgazione storica (senza finanziamenti pubblici e senza lamenti per i tagli ai finanziamenti pubblici). Troppa "animazione" abbiamo concesso ad un sito frequentato da un manipolo ristrettissimo di neogiacobini abituati a paragonarsi, con reciproco compiacimento e in endecasillabi, a Shakespeare o alle luci abbaglianti di soli e di lune o a dare il proprio nome (novelli Pontano) a impegnatissime accademie... Felici e contenti voi... Addio per sempre, cari amici palasciani, ci rassegneremo in qualche modo, prima o poi, alla vostra mancanza! Saluti comunque cordiali... Gennaro De Crescenzo. 

utente anonimo
#47  13 Giugno 2010 - 20:33
Nota a margine: in circa due anni di "lavoro palasciano", circa trentamila contatti. In circa cinque anni di "lavoro neoborbonico" (dal sito neoborbonici.it) circa due milioni e seicentomila contatti: posso capire che non amate le masse e che le elites sono le elites ma il vento, vi piaccia o no, sta cambiando... Comunque auguri e ri-addio per sempre. Gennaro De Crescenzo. 

utente anonimo
#48  14 Giugno 2010 - 02:32
Questa piccola insignificante «accademia di nulla accademia», intanto, è stata capace di smontare a uno a uno tutti gli argomenti da voi qui messi in gioco, dimostrando la loro inconsistenza.

Comodo, allora, fare i sussiegosi, e levar le tende accorgendosi solo adesso - chissà perché - che un tal lido era indegno d'ospitarvi.

Andate pure, non vi tratterremo; e il vento che «sta cambiando» gonfi le vostre vele.

Ai posteri l'ardua sentenza su chi, tra noi e voi, sia il più ciarlatano.

Cordiali saluti,
Marco Palasciano
genio universale
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#49  14 Giugno 2010 - 07:47
Carissimo, mi scuso per non aver preso parte alla disputa, proprio io, ma non mi andava davvero. E sono lieto che sia finita. Il migliore dei commenti direi che è stato il primo, del signor Palumbo, dopodiché è stata tutta una tristezza... temperata però da certi guizzi d'ironia e meta-ironia, di chi so io. Ma coglierei ora l'occasione di sollecitare tutti gli interessati e possibilitati che passassero di qui, stamani, a recarsi alla manifestazione che alle 10.30 si terrà nella sala Santa Barbara del Maschio Angioino: La città di Napoli per la salvezza della cultura e della ricerca. Interverrà anche il vostro sindaco, nonché Marotta e altri presidenti di istituti a rischio. Buona giornata,

Nicola Legatore

utente anonimo
#50  14 Giugno 2010 - 09:42
Io non mi sento né neoborbonico né neogiacobino, e non accetto nè i congedi di De crescenzo né quelli di Palasciano, però ribadisco il concetto che ai sessantamila morti procurati dai franco-repubblicani del 1799 nessuno di voi ha risposto e, per giunta, qualcuno di voi ha sostenuto (dopo 200 anni) la stessa tesi della necessità di trucidare qualcuno: sconcertante e forse vera la tesi di De Felice sui punti di contatto tra regimi dittatoriali e giacobinismo...E agli "amici" neoborbonici: come vi viene per la mente di dialogare con persone che si autodefiniscono "genio universale"? Ironie (?) o metaironie, sono gli stessi che danno il nome alle accademie usando i loro cognomi e denotano, a quanto pare, una certa abitudine al dialogo e una certa propensione verso il soliloquio...  Non vi lamentate, poi... Credo che sia costretto pure io a darvi il mio addio, palascianineoborbonici... Giorgio.

utente anonimo
#51  14 Giugno 2010 - 17:13
Caro Giorgio, prima di andare via, dimostraci con prove inoppugnabili:

1) che io non sarei un genio universale;

2) che il cognome Palasciano non sarebbe degno di essere usato per dar nome a un'accademia;

e, nel caso tu non sappia o non voglia rispondere, si considera automaticamente dimostrato che il tuo "sottilmente" denigratorio messaggio precedente vale sul mercato dialettico, in quella parte, quanto una torta di mucca, e che facevi meglio a starti zitto.

Quanto al fatto che nessuno abbia risposto sui circa 60.000 morti di cui sopra, farei notare che nessuno della "controparte" ha risposto a proposito dei circa 9.000.000 di morti (tra streghe presunte, eretici, omosessuali, ebrei, catari, albigesi, valdesi...) di cui è responsabile la Chiesa cattolica, cui pure s'è accennato; si risponda prima a questo, grazie, e poi vedremo.

Intanto, se il prof. Ventre ha espresso il desiderio che la nostra e vostra patria applichi la pena di morte nei confronti dei criminali irriducibili che l'abbiano attossicata, scempiata e immiserita, non comprendo che cosa c'entri questo umanissimo sentimento (quale madre di un figlio stuprato non sogna la morte del pedofilo?) con i disumanissimi regimi cui tu alludi, allusione volta unicamente - ancora una volta - a denigrare, e ancora una volta a sproposito; o perché la tua lettura è confusa, o perché vuoi confondere i lettori.

Visto quanto è facile smascherare i sillogismi difettivi? Ma andate a studiarvi un minimo d'Aristotele, perlomeno. Se non odiate troppo gli Studi Filosofici.
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#52  14 Giugno 2010 - 19:16
Strana gente. Prima, per rispondere a una legittima opinione che non condividono, irrompono con maleducazione su un blog intitolato al cognome del discendente di uno che i Borboni l'avevano messo in galera per i suoi sentimenti umanitari di medico, poi fanno gli schifiltosi perché il molestato blogghista risponde loro per le rime in nome del suo nobile antenato. Vantano il loro credito numerando milioni di contatti, loro che sono un gruppuscolo snobbato dalle grandi forze politiche, di cui bassamente corteggiano la più corrotta, quella oggi maggioritaria in virtù del suo meglio ottimizzato usufrutto del voto di scambio camorristico. Accusano di elitarismo lo stesso blog che hanno inquinato con la loro CENSURA presenza, perché tale blog è stato contattato "solo" 30000 volte, ma se li sentiamo parlare fra loro, questi settari snobbano i più che li cagano appena di striscio e li qualificano come vulgus profanum condizionato da propaganda neogiacobina solo perché i più non si piegano al loro verbo neoborbonico. Ho tralasciato sin da subito la materia originaria del contendere, i tagli all'IISF, alla cui chiusura hanno CENSURA inneggiato... Già, ma perché poi offendere le CENSURA, che una loro dignità almeno ce l'hanno, in quanto vittime del sistema?

Il vento sta cambiando... lo dicevano anche i nazifascisti, con parole poco diverse. Si sono visti i risultati. Non so se l'azione politica dei neoborbonici produrrà mai qualcosa. Se lo farà, le conseguenze non mancheranno di travolgerli. Allora sarà troppo tardi per pregare i loro idoli mendaci.

D.V.

utente anonimo
#53  15 Giugno 2010 - 11:06

Buongiorno a tutti, scrivo su questo blog per la prima volta non cercando però scontri verbali o ideologici. Ci tenevo semplicemente a segnalare alcune problematiche che caratterizzano un po’ tutti noi, in questi tempi moderni, e che coadiuvano la tendenza naturale a vivere in una costante tenzone mediatica, alla ricerca dello scontro formale (se non addirittura fisico).
La questione principale, a mio avviso, è quella del frequente manicheismo, il voler vedere sempre tutto o bianco o nero: da una parte i “Santi Borbone”, dall’altra i martiri del 1799 (che poi erano davvero martiri, ma questo è un elemento storico - ndr.). La città di Napoli è ideologicamente scissa nelle “due fazioni” da secoli, ve ne rendete conto? E la nostra “crescita culturale” cosa ne guadagna da tutto ciò? Proprio nulla.
Ritorniamo per un istante alla Storia; io non sono un denigratore della famiglia borbonica, sono cresciuto con un padre “borbonico di sinistra” che fin da piccolo mi ha fatto leggere libri sull’argomento, mostrandomi le differenze tra la Storia reale e quella che insegnano a scuola, chiarendomi molti dubbi su come sia stata fatta davvero l’unità d’Italia e su chi fossero davvero i Savoia. Sì, i Savoia, quell’immonda famiglia reale (e mi concedo un eufemismo estremo) che non ha fatto l’Unità, ma che si è trovata a farla.
Ma dobbiamo fare le debite proporzioni e le differenze necessarie. Nel 1799 il sovrano Ferdinando di Borbone oltre a comportarsi da tiranno e a farsi manipolare dalla consorte, era fuggito abbandonando il proprio popolo. Dall’altra parte della “barricata”, un manipolo di intellettuali che costituiva probabilmente la classe culturale più avanzata di Europa, si coordinava per dare vita alla rivoluzione che conosciamo. Erano forse uomini schivi, superiori, invisi al popolo che non si nutriva certo di pane e filosofia? Probabilmente, ma non è questo che mi preme segnalare qui bensì il merito, che hanno senza dubbio avuto, di svegliare un meridione che era già assorto da secoli. Un meridione che è tornato a dormire dopo la repressione che ha distrutto quella straordinaria intellighenzia, esponendoci così non lo solo allo scandalo ma anche al ludibrio da parte delle altre nazioni europee.
Alcuni errori non possono essere cancellati, si pagano oltremodo di fronte alla Storia. Chiedetevi il perché della situazione attuale del nostro paese, passato da un dominio culturale all’essere vassallo di altri Stati; quando fai scendere la tenebra sopra di te, dopo puoi non essere più capace di riaprire la finestra. E noi (come italiani in senso lato) la tenebra l’abbiamo fatta calare in modo implacabile nel febbraio del 1600, nel giugno del 1633 (gli esempi riportati sono solo quelli emblematici) e, appunto, nel 1799, con la repressione, l’assassinio, la morte, dell’uomo come dell’idea.


Antonio Maggio

utente anonimo
#54  15 Giugno 2010 - 15:42
Per il sig, Antonio Maggio: leggo (per segnalazione di google) e resto perplesso: 1) il Borbone "fuggì e abbandonò il suo popolo nel 1799"? E che doveva fare? Restare a Napoli, farsi saccheggiare le banche, farsi prendere il regno dai francesi e, alla fine, farsi decapitare? P.S. La regina maria Carolina era appena appena la sorella di quella Maria Antonietta decapitata a Parigi dagli stessi rivoluzionari.
2) La "decapitazione" delle elites del 1799 da parte dei Borbone è una leggenda riconosciuta anche da diversi autori vicini a quelle idee: possibile che su circa 10 milioni di abitanti i "buoni" fossero solo i 100 "martiri del '99"! E meno male che Lei sosteneva nella sua premessa di non essere "manicheo"...
3)   In quanto al "nostro paese, passato da un dominio culturale all’essere vassallo di altri Stati" in seguito al 1799, d'accordo con Lei: solo che Lei dimentica che, da stato autonomo con i Borbone, stavamo per diventare stato "vassallo" dei francesi: quelli che massararono (come leggo da altre note sopra di me) sessantamila persone solo perché difendevano eroicamente la loro vera nazione da un'invasione straniera (e lo dice Mazzini, non il sottoscritto).
4) "Scandalo e ludibrio" per le esecuzione borboniche post- '99? Quale legge in quale paese del mondo avrebbe fatto perdonare gli artefici (comunque) di una guerra civile sanguinosissima e non voluta? E perché la stessa opinione pubblica internazionale (e gli stessi istituti di cultura ufficiali: mai una parola o una pubblicazione sul tema) non si scandalizzò (e non si scandalizza) più di tanto per le centinaia di migliaia di cosiddetti "briganti" massacrati dopo il 1860 (e spesso decapitati, come risulta dalle carte dell'Archivio di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano) dai Savoia? Vista la quantità e l'interesse dei temi in oggetto, però, provi a chiedere agli amici Palasciani o a Marotta, la
possibilità di un pubblico dibattito magari anche on i neoborbonici e vediamo quale potrà essere la "democratica" risposta... Distinti saluti. Gennaro Schiano, Napoli


utente anonimo
#55  15 Giugno 2010 - 16:10
Gentilissimi accademici, sono un pignolo e umile amatore della grammatica; ond'ecco una voce in più - ovemai servisse - a favore della forma «sé stesso» da voi giustamente promossa:

«La norma ortografica per la quale il pronome dovrebbe perdere l'accento se seguito da stesso è un'inutile complicazione [...]: con la stessa logica dovremmo togliere l'accento da quando costituisce un'unica frase [...]. Il prestigioso Vocabolario della lingua italiana Zingarelli [...] registra molto opportunamente la forma sé stesso come "preferibile" rispetto all'altra (in una rubrica intitolata Errori comuni). C'è da sperare che una norma del genere sia accolta nelle redazioni delle case editrici e dei giornali».

Giuseppe Patota nel Glossario della Grammatica italiana del Serianni.

utente anonimo
#56  17 Giugno 2010 - 21:31
Il periodo più roseo della storia del Mezzogiorno è stato il decennio napoleonico. Grazie Gioacchino Murat. Il resto sono solo chiacchiere.

Lorenzo Durazzo

utente anonimo
#57  18 Giugno 2010 - 00:08
“Le masse degli insorti, armati di fucile, sono poggiati contro i muri; altri stanno ad occupare terrazzi e finestre ed altri al riparo dietro macigni -come ci riferisce un ufficiale francese- la lotta diventò generale e più efferata: ove mancò il fucile supplirono la scure e le pietre e fiotti di acqua bollente… le trombe suonano la carica, un fremito esalta quelle masse di uomini ma la baionetta francese fa il suo mestiere: né grazia, né pietà… gente sbigottita errò per le alture senza pane e ricovero in cerca di uno scampo… ma i soldati, entrati nelle case, vi consumarono atti della più inaudita brutalità tra gridi disperati e in una città che era diventata una fornace ardente…”. Ma di quali riforme o governi parliamo? Questa era la descrizione dei massacri compiuti da Murat a Lauria (e in tante altre città lucane e calabresi): migliaia di vittime che parlavano la nostra lingua (e anche quella del sig. Durazzo). E le avete mai viste le incisioni di Goya con la descrizione dettagliata e raccapricciante degli scempi compiuti dalle stesse truppe francesi in Spagna? Allora su questo blog avete il  vizio di parteggiare per i massacratori dei popoli? Tutto ok purché sia francese o straniero? Gennaro Schiano


utente anonimo
#58  18 Giugno 2010 - 08:37
«Allora su questo blog avete il vizio di parteggiare per i massacratori dei popoli? Tutto ok purché sia francese o straniero?».

Questo insulto iperbolico tradisce la sua ignoranza, signor Gennaro, del fatto che il blog dell'Accademia Palasciania è il più umano, umanistico e umanitario della rete mondiale.

La prossima volta abbia più rispetto per questo blog, nonché per l'ente e le persone che esso rappresenta.

Quanto a massacri, nella storia ne sono stati fatti da tutti, e dai contrari di tutti: re e repubblicani, religiosi e atei, occidentali e orientali, ecc. ecc.

Perciò, il tema massacri non può avere nessuna pertinenza, quando si discuta del valore di un'idea contrapposta a un'altra.

Difatti qualsiasi idea, in potenza, genera massacri.

Siamo tutti esseri umani, e il male è insito nella parte oscura della nostra anima.

Non c'è niente da fare: non si può pretendere di separarlo da «noi» attribuendolo a «loro», a coloro che sono «diversi» da «noi»...

Capito?
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#59  18 Giugno 2010 - 08:53
Durazzo perché non espatria in Francia visto che la prende come "modello" generatrice di fulgidi ideali storici?
dr. Pompeo De Chiara

utente anonimo
#60  18 Giugno 2010 - 13:26
Sarà pure vero, signor Marco, ma resta il fatto che io, forse in maniera più umana-umanistica-umanitaria, non sopporto i massacri del popolo soprattutto se associati all'esaltazione dei massacratori di turno. Tutto qui. Diversi come prima. Cordialità. Gennaro Schiano.

utente anonimo
#61  18 Giugno 2010 - 15:25
E io non sopporto che quand'uno venga ad accennare alle riforme di Murat come a un modello di civile progresso, debba sopportare che qualcun altro salti sùbito fuori a tentar di seppellire l'argomento sotto una carruolata di fango e sangue spremuti all'aneddotica evemenenziale, che con tali riforme non hanno pertinenza.

Sarebbe come mettersi a berciare, a un convegno sulla pittura caravaggesca, che Caravaggio era un assassino, per screditare la bontà dei suoi dipinti. Ridicolo, no?

Ugualmente ridicolo, all'inverso, sarebbe esaltare il fatto che Hitler fosse un simpatico pittore dilettante al fine di smontare gli argomenti di chi lo ritiene il più grande assassino della storia.

Meno faziosità e più pertinenza, grazie.
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#62  18 Giugno 2010 - 16:01
Per par condicio, caro Palasciano, conceda che si riporti qui questo brano - dall'articolo Il gioco e il massacro - sulle prodezze dei borbonici ad Altamura, poi auspico che non si voglia più parlare di massacri.

Rita Contis



Il massacro... Fu sempre strage di reazione. Lo sarebbe stata a Bronte, dove Bixio perdette la pietà e l'onore, solo in parte riacquistati col pentimento e con la vergogna senili. Come lo fu, (pagina infame ricordata da Maria Antonietta Macciocchi), durante la marcia trionfale del cardinal Ruffo, ad Altamura, al tramonto della Repubblica Partenopea del '99. Le carte che descrivono i giorni orribili della "leonessa di Puglia" sono nella Biblioteca Richelieu: un quaderno di un anonimo napoletano emerso quattro anni fa, ad illuminarci sulle sanguinose vicende della Vandea napoletana. Scrive l'autore, con limpida calligrafia:

"Era l'orrore allo stato puro. Più volte l'Italia fu invasa dalle orde degli Unni, dei Vandali e dei Goti, ma nessuna città presentò una serie di stragi quante ne commisero quei soldati comandati da Ruffo il Cardinale. Tutto era sangue, tutto era incendio, saccheggio e morte. Le donne furono vittime della brutalità e della dissolutezza di mille e mille scellerati [...]. Le menavano nude per la città e quindi dopo aver loro rapito in pubblico l'onore toglievano loro la vita".

Qualunque donna fosse sospettata di simpatie per la Repubblica subiva la sorte raccontata dall'anonimo testimone partenopeo nel testo conservato per due secoli a Parigi, nel Fondo intitolato al celebre storico Guinguené. Ed è una narrazione che allarga e approfondisce i cenni che abbiamo incontrato nei testi - storicamente più solidi - scritti da Jules Michelet, dal Colletta, dal Cuoco, da Carlo Botta, da Giovanni La Cecilia, dal tedesco Stahr, che ad Altamura si recò di persona per visitare il convento, le celle, i giardini, la cappella nei quali venne consumato uno stupro di massa, prima che alle vittime fosse data la morte in massa.

Le donne della città, intanto, denudate e bastonate, venivano sospinte come bestie:

"La figlia del principe Caracciolo fu condotta nuda per la città [...], poi fu situata sul sagrato della chiesa dello Spirito Santo nel quartiere più cospicuo del luogo, messa contro il portale sacro e qui, dopo che i cannibali ne ebbero fatto uso ed abuso in pubblico, le fu data finalmente la morte".

Perché era possibile tutto questo? La parola ancora una volta all'anonimo autore del quaderno:

"Alla testa delle orde avanzava il Cardinale guerriero, sanguinario campione di Gesù, che si abbeverava di sangue, e man mano le brutalità si moltiplicavano. Le piazze e le strade erano ricoperte di membra, di teschi, e si udivano le voci di morte e lamenti [...]. Chiamo il cielo a testimoniare che io dico il vero [...]. Ma la penna si arresta. Alleati tra loro, il dispotismo (Borboni) e il sacerdozio (Ruffo) mostrano di che cosa sono capaci, e questa storia di Altamura e di Napoli offre una grande lezione ai popoli della Terra".

I nuovi barbari uccidevano e stupravano già perdonati dal cielo:

"Vi annuncio che se a qualcuno di voi, ispirato dalla fiamma divina, accadesse di trucidare i vecchi, o le donne dei giacobini, in virtù del mio sacro ministero io gli accordo la piena assoluzione della Chiesa. Fratelli, inginocchiatevi. Venite a ricevere la croce: Dio lo vuole!"

Tra i seguaci del cardinale c'erano Michele Pezza (Fra' Diavolo), Gaetano Mammone e altri "fuorbanditi", con le rispettive bande, oltre al sanguinario Gennaro Rivelli, che da bambino era stato compagno di re Ferdinando (e suo efebo, secondo l'uso spagnolo). Proprio costui guidò l'assalto al Monastero del Soccorso di Altamura, celeberrimo perché ospitava le nobili e ricche fanciulle che avevano scelto la vita claustrale. Rivelli ordinò alle suore di imbandire le mense e di portare dei panni neri, con i quali coprire le finestre, togliendo ogni luce a quel luogo. La badessa, una donna alta e di gran bellezza, si oppose. Rivelli affondò il pugnale nel candido seno della donna, poi ordinò alle suore, che avevano rifiutato di cantare il Te deum per accogliere l'arrivo di Ruffo, di intonare il De profundis per la superiora morta. Qualcuno osservò che avevano voci candide come le piume dei cigni. "Ma i cigni sono bianchi - ribatté Rivelli - e queste sono vestite di nero. Ora le facciamo diventare bianche come i cigni". Cominciarono a squarciare con i coltelli le vesti delle suore.

Le denudarono. Iniziarono gli stupri sulle stesse mense imbandite. Le violenze furono inenarrabili. E alla fine, esaltati dall'oscenità, impugnarono di nuovo i coltelli e le sgozzarono tutte: quaranta cadaveri sul pavimento della chiesa. Poi i sanfedisti fecero bottino del tesoro delle doti delle monache, nascosto nei sotterranei. E finalmente se ne andarono. L'orrido sacrificio era stato consumato.

Tonino Caputo e Franco Aliberti

utente anonimo
#63  18 Giugno 2010 - 16:17
"E io non sopporto che quand'uno venga ad accennare alle riforme [dei Borbone] come a un modello di civile progresso, debba sopportare che qualcun altro salti sùbito fuori a tentar di seppellire l'argomento sotto una carruolata di fango e sangue spremuti all'aneddotica evemenenziale, che con tali riforme non hanno pertinenza. Sarebbe come mettersi a berciare, a un convegno sulla pittura caravaggesca, che Caravaggio era un assassino, per screditare la bontà dei suoi dipinti. Ridicolo, no?Ugualmente ridicolo, all'inverso, sarebbe esaltare il fatto che Hitler fosse un simpatico pittore dilettante al fine di smontare gli argomenti di chi lo ritiene il più grande assassino della storia.Meno faziosità e più pertinenza, grazie". Condivido (e cito) Palasciano. Tanto più che la Macciocchi (romanziera e non storica) riferì in un'intervista rilasciata al Corriere  di avere scritto i suoi libri sul '99 per diretta ispirazione notturna della De Fonseca. Se a questo aggiungiamo che si trattò di una guerra importata e non voluta e che quelle borboniche furono reazioni e non azioni di fronte a quelle invasioni, il quadro è chiaro. gennaro schiano. E qui vi saluto pure io perché altrimenti qualcuno comincia a citare Spiderman e Paolino Paperino e la discussione diventa difficile...

utente anonimo
#64  18 Giugno 2010 - 16:20
P.S: Neanche Spiderman, però, potrebbe arrivare a definire i massacri subiti dalla nostra gente "aneddotica evemenenziale"...

utente anonimo
#65  19 Giugno 2010 - 00:01
Signora Contis, la par condicio però genera reazioni a catena, come può intravedere.

Signor Schiano, l'evenemenziale è evenemenziale, e il signor Durazzo parlava di qualcos'altro.

Possiamo tutti evitare di parlare ancora di massacri? Grazie.
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#66  19 Giugno 2010 - 00:06
Forse non ci siamo capiti.

La Rivoluzione e quello che ne è seguito hanno disseminato l'Europa di morti. Ma si trattava della furia di un popolo che reagiva all'antico regime per affermare il suo diritto alla sopravvivenza e ad avere un ruolo politico e istituzionale nel controllo sul governo, spazzando via lettres de cachet e assolutismi vari. Il 1799 a Napoli va nello stesso senso. Se oggi possiamo affermare che la libertà di espressione e di pensiero, la tolleranza, il pluralismo e il laicismo sono gli unici valori su cui è veramente possibile fondare una società, lo dobbiamo alla Rivoluzione.

I reazionari e gli attardati, dal Papa ai  neoborbonici, remano contro lo stesso concetto di civiltà. Hanno avuto i loro morti. Ci spiace. Ma combattevano sul fronte sbagliato della storia: assolutismo, oppressione, oscurantismo, confusione fra potere politico e religioso, uso strumentale di plebi rese incolte e di mafie al fine di mantenere il potere a ogni costo.

Un uomo che uccide un aggressore e un oppressore agisce per legittima difesa. Un governo assoluto è un aggressore e un oppressore. Coloro che combattono per un governo assoluto, sono sgherri di un aggressore e di un oppressore. La loro morte è l'effetto della legittima difesa dei popoli e degli individui contro chi pretende di schiacciarli.

Questa conta di morti e di violenze non ha senso, se non la si vede in questa prospettiva: chi ha ucciso in nome della restaurazione di un autocrate o di un dittatore, ha ucciso per ribadire che nella storia non c'è che oppressione e iniquità. Chi ha ucciso per fermare o per scalzare dal trono un autocrate o a un dittatore, si è legittimamente difeso. Freitum mit uns, per dirla in breve. Il resto sono sciocchezze.

Quanti di voi, in altri contesti, sarebbero capaci di mettere sullo stesso piano i morti partigiani, le vittime delle fosse ardeatine e gli sgherri delle SS e dell'OVRA che la resistenza ha fatto fuori?

Se volete santificare autocrazia, clericalismo, razzismo e quant'altro fate pure. E poi godetevi l'abisso che vi sarete preparati.

D.V.

utente anonimo
#67  19 Giugno 2010 - 01:08
"Coloro che combattono per un governo assoluto, sono sgherri di un aggressore e di un oppressore. La loro morte è l'effetto della legittima difesa dei popoli [?]  e degli individui contro chi pretende di schiacciarli... Il resto sono sciocchezze". Ma di quali popoli parla D.V:? Cuoco e Blanch definirono i giacobini "minoranze impercettibili? Il popolo, come scrisse Mazzini, "era dalla parte dei Borbone e non dei traditori e degli invasori" D.V. sintetizza in maniera efficace, comunque, il pensiero (ancora molto minoritario, come rivelano i numeri di questo blog e i risultati degli istituti come quello di Marotta) giacobino di oggi: l'insofferenza verso valori e tradizioni cristiane e verso una "plebe" che, ogni tanto, possiamo pure massacrare... tanto non capisce nulla dei veri valori della libertà e della democrazia...Il resto? Tutte "sciocchezze"... Complimenti per la lezione di democrazia e tolleranza...  G.M.V.

utente anonimo
#68  19 Giugno 2010 - 01:21
Signor G.M.V., francamente mi sono rotto le palle di leggere commenti del tipo «Ah! voi volete uccidere la plebe!»; il prossimo che ripeterà questa solfa odiosa sarà da me mandato solennemente a fare in CENSURA.
Utente: marcopalasciano Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. marcopalasciano
#69  19 Giugno 2010 - 18:23
Ditemi un po' ma le masse che si sono ribellate nel 1789 in Francia erano minoranze impercettibili?

Una minoranza impercettibile quella che abbatté l'ormai solo simbolica Bastiglia?

Perché se non ci siamo capiti, per lo più alla Rivoluzione (Francese) mi riferivo.

Io poi sarei insofferente verso le tradizioni cristiane.

Valori e tradizioni cristiani?

Come quello di torturare e uccidere chi non la pensa come il potere costituito? Potere che per giunta uccide stermina tortura in nome di quello che ha detto "amate i vostri nemici e benedite quelli che vi perseguitano?"

Di quale cristianesimo o presunto tale vi professate seguaci? Di quello propagandato a suon di grancassa mediatica da una gerarchia inquinata da pedofili, banchieri e mafiosi?

Quanto alla plebe, borghesucci come voi che ne sanno della vera plebe? Di quella che nell'Ottocento, Borboni o Savoia, imbestiava di malnutrizione e poi era usata come carne da cannone per guerre e guerricciole e che oggi è esposta al ricatto del voto di scambio camorristico?

Ma tenetevi i vostri "capitani", "eroi", "difesori della fede" e sparite dalla faccia della terra.

utente anonimo
#70  19 Giugno 2010 - 20:42
«Tutto questa agitazione perché qualcuno "osa" difendere le nostre plebi!».

No, voi non state difendendo nessuno: state solo offendendo qualcuno, col dire che costui vorrebbe massacrare le plebi.
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#71  19 Giugno 2010 - 21:10
Da oggi in avanti saranno cancellati tutti i messaggi di cui non mi sia possibile identificare l'autore.

Lo si consideri un incentivo a manifestare maggior rispetto verso questa sede, finora dimostratasi fin troppo ospitale.

Ospitalità della quale qualcuno si è permesso di abusare. Come chi, poco fa, ha consigliato «con cristiana simpatia» che io andassi dall'esorcista.
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#72  19 Giugno 2010 - 21:27
Forse qualcuno è posseduto dal demone della reazione.

Per questo qualcuno ci sono gli esorcismi appropriati. Qualcun altro, altrettanto provocato e meno civile, glieli somministrerà prima o poi.

D.V.

utente anonimo
#73  03 Novembre 2010 - 20:14
Grande Palasciano .))

EF

utente anonimo
#74  23 Febbraio 2011 - 12:04
Un grazie ai neoborbonici e agli studiosi Veri, che mi hanno ridato l'orgoglio di essere napoletano...  ho sempre creduto che noi napoletani eravamo solo dei lazzari... le statue dei re di palazzo reale non mi sono mai interessate e anche quando entravo nella chiesa di S.Chiara, quei re ivi sepolti, non mi dicevano niente...i Borbone? e chi erano, ah degli spagnoli che tiranneggiavano i napoletani, ignoranti, codardi che ci avevano rovinati, poi e' arrivato garibaldi, i mille, i savoia e noi napoletani siamo stati salvati, ma poi siccome siamo un popolo ignorante, abbiamo continuato a vivere nel malaffare, nella sporcizia e con la camorra, perche' siamo nati inferiori... ma adesso che conosco la verita' finalmente mi sento fiero di essere napoletano e voglio gridare: Viva 'o Re, Viva Ferdinando II , Viva Nicola Zitara, Viva i Neoborbonici!     (Luigi Villani)

utente anonimo
#75  26 Febbraio 2011 - 15:44
Certo, i Neoborbonici d.o.c. sono una cosa e quelli con cui dianzi litigammo sono un'altra.
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#76  29 Settembre 2011 - 17:32
che ignoranti i neoborbonici! Peggio ancora dei leghisti! Distinti saluti

utente anonimo
#77  11 Ottobre 2011 - 16:40
In verità, ciò non è esatto, gentile signora o signore; difatti, i neoborbonici coi quali siamo in disaccordo sono soltanto una parte, come sopra dicevo, mentre non ci sarebbe assolutamente possibile andar d'accordo con nessun leghista, «per disperante alterità epistemica». Ossequi alati.
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