26 marzo 2009

Acerra: inaugurato inferno in terra

L'Accademia Palasciania nella persona del suo Presidente, per l'occasione vestito di notturno colore, più alcuni Soci Ornamentali, ha partecipato (Palasciano e un sodale anche in veste di membri del fantasmatico Osservatorio capuano sull'ambiente urbano e rurale, ex Comitato capuano allarme rifiuti) al corteo di stamani che da piazzA del Castello si è mosso per Acerra, a lutto, in direzione del cosiddetto termovalorizzatore; che in questo giorno luminoso di sole, ma giorno di tenebre dello spirito, è stato inaugurato da una probabile quanto improbabile reincarnazione di re Claudio di Danimarca; e al quale inceneritore di rifiuti e speranze ci è stato impedito di giungere, da uno spiegamento inspiegabile di forze dell'ordine (elicottero wagneriano incluso) che in realtà, in questo caso come in tutta la recente casistica acatartico-campana, hanno dovuto servire la causa del disordine morale: perché che i cosiddetti termovalorizzatori, e qualsiasi potere li avvalori, appartengano al campo del più entropico antiumano, è evidente fin dal loro prefisso: «termo», che anagrammato svela «morte».




Gli inceneritori sono un racconto a sé, se non un romanzo. Per ora dico solo che chiunque ne parli bene lo fa per una di queste, in sintesi, tre I: o per ignoranza, o per interesse, o per imbecillità.


Marco Palasciano, I boschi ombrosi e l'arte dell'oblio, 2.3.



Vignetta di Simona Bassano di Tufillo.

25 marzo 2009

Fulgori di poesia e di philia

Alle 15.00 di mercoledì 1° aprile, collegatevi a Radio di Massa – cliccando qui [aggiornamento: ecco qui la registrazione!] – e godete la fervida loquela di Marco Palasciano e Luca Iavarone più, guest star, Andy Violet!

L’orgia verbale pseudo-collodiana
della nona puntata vi ha sturbati?
nient’era; ecco la decima, dal titolo
già elongato a azzerare ogni horror vacui:


FF.SS. (fulgidi sonetti) cioè:
«Che mi hai portato a fare sul Parnaso
se non mi vuoi piú bene?».*
Dai Sonetti de’ mesi di Folgóre da San Gimignano
all’
Ipersonetto de’ mesi di Marco da Capua
bypassando Cenne da la Chitarra
ovvero
700 anni e 700 metri.
Diaristica, poesia, ludolinguistica,
mitologia amicale e amor de lonh
fusi nel trobar trick
** palascianesco


Sala dei Mesi nel Castello di Buonconsiglio, in Trentino.


Tingoccio e Min di Tingo ed Ancaiano,
Bartolo ë Mugàvero e Fainotto


Quando le porte sue spalanca Iano,
il cor gentil rempàira e si fa in otto

A chiusa di ogni verso dell’Ipersonetto de’ mesi*** di Marco Palasciano si trova – integra o scissa, separata o fusa – la parola a chiusa del verso corrispondente nei Sonetti de’ mesi di Folgóre da San Gimignano (dei quali nel 2009, to’, ricorre il 700° anniversario); vincolo che si aggiunge a quello di scrivere i sonetti dal 2° al 13° (1° e 14° la dedica e il congedo) in tempo reale, cioè nei mesi stessi a cui sono relati.

Inoltre all’interno di ciascuno dei 14 sonetti di cui l’ipersonetto zanzottïanamente si compone (cosí come un sonetto si compone di 14 versi) si cela una parola ricorrente – di cinque lettere, salvo abbreviazioni – atta ad indicare quell’oggetto desueto, e dalla forma irregolare, e mòtile, nel quale l’operina è radicata.

Operina che è un dono del poeta
per amici i piú amati (e piú, talora,
all’occhio suo di lagrime offuscato,
ingrati); amor de lonh –
lontano, per la quasi precisione,
un 700 metri.
Tema ulterior la lotta,
epica, all’immondizia
(e a tutto ciò che è immondo,
ingannoso e mortifero)
da parte della parte illuminata
del popolo campano;
di contro, i sillogismi difettivi
della gente che batte l’ali in basso,
o è affatt'àptera; il gelo
della malinconia
e il fuoco, in marzo/Mars
all’acme, del piú distruttivo affetto;
ancóra, l’apollineo e il dionisiaco,
nicciosi petrosini ognemmenestra;
e, finalmente, Lettere occupata,
citata nel sonetto di novembre.

Noi leggeremo insomma
Folgóre e Palasciano;
e ogni sonetto, e suo controsonetto,
sarà occasione di meravigliose
scrollature di petali di logos
su voi, pastor beniti – caro pubblico –
torpescenti (là ove non morti affatto)
all’ombra della pianta sapienzale.




Dicembre. Sala dei Mesi nel Castello di Buonconsiglio.



* Fin qui è la parodia del titolo di un film di Renzo Arbore, FF.SS. cioè: «Che mi hai portato a fare sopra Posillipo se non mi vuoi più bene?» (1983).

** Il 27 agosto 2008 è attestato per la prima volta (come tag, sul blog «Nazione Indiana») il termine «trobar trick», coniato da Domenico Pinto, descrittivo dello stile poetico di Marco Palasciano. Deriva, ovviamente, dalla fusione del termine «trobar ric» (uno dei modi di comporre tipici dei trovatori provenzali: con ricchezza formale e concettuale) e del termine «trick» (acrobazia compiuta su uno skateboard).

*** Già presentato in occasione dell'apertura delle celebrazioni per il decennale della fondazione dell'Accademia Palasciania, alla Festa dell'Amicarium, il 5 gennaio 2009.

23 marzo 2009

In mostra i nuovi simboli di Napoli

Domani, martedì 24 marzo 2009, alle ore 18.00* nella sala Ela Caroli della galleria d'arte e design Picagallery, in vico Vetriera 16 a Napoli, s'inaugurerà la mostra Oltreneapolis. Nuovi simboli di Napoli, a cura di Carlo Baghetti, con immagini di Paolo Bosso, Luca Ciriello, Alfonso Pinelli e testi di Umberto De Marco, Enrico Rispoli, Arianna Sacerdoti, Ottavio Sellitti. Moni Ovadia ha gentilmente collaborato, registrando un video in cui recita alcune delle poesie in mostra.

Mostra che, come da comunicato, «tratterà di alcune peculiarità della città alla luce della sensibilità e, allo stesso tempo, capacità critica di fotografi e poeti»; una città depassatizzata, «che rifugge dalle tradizionali e stereotipate icone»; ed il percorso tra le icone nuove, liricamente razionalizzate, proietterà lo spettatore «in una Napoli dai confini vasti, anonimi e non-identificabili. Una sorta di urbs mundi».

Il racconto che introduce a
Oltreneapolis è di un giovanissimo Socio Ornamentale dell'Accademia Palasciania, il linutilèo Sellitti, che lo ha scritto da ancóra under 21; e ve lo presentiamo qui di séguito.




Foto di Luca Ciriello.

Al viaggiatore che per un motivo o per un altro va a Partenope, città noncurante, si presentano molte possibilità. La città è unita al resto del mondo in vari modi; secondo le inclinazioni personali o le necessità particolari si può utilizzare l’aereo, l’auto, il treno, persino la nave.
Riguardo questi mezzi di trasporto si dicono molte cose e lunghe sono le discussioni ai bar degli alberghi di via Caracciolo su quale sia il migliore. Chi è a Napoli per un convegno spesso sceglie l’aereo, dice per una questione di tempo; si sospetta sia invece per l’antico desiderio che hanno alcuni uomini di staccarsi da terra, o forse per sentire quella scossa di terrore ed adrenalina quando l’apparecchio entra in un vuoto d’aria. L’aeroporto è lontano dal centro, nella zona nord-ovest piuttosto maltenuta e triste, tuttavia il viaggiatore potrebbe essere fortunato e salire sul taxi di un napoletano, ben felice di intrattenerlo con la chiacchiera proverbiale mentre l’auto passa per le curve, le strade piene di buche e rattoppi, o è ferma nel traffico.
Chi viene in auto spesso è in vacanza con la famiglia, altre volte si rivela un amante delle autostrade, un devoto del volante, che quando se ne parla si vanta di andare da Napoli a Udine in 7 ore; ha un navigatore satellitare che lo avverte dei controlli. Quando nonostante tutto viene beccato, non si preoccupa: può pagare la multa salata. Ad arrivare in auto si sbuca sulla via Marina e si costeggia l’enorme porto commerciale, eccezione di efficienza e puntualità, dove grandi navi, quartieri di container, consegnano o caricano merci che finiranno nelle vetrine o sugli scaffali di tutta Europa. In alternativa si può imboccare la Tangenziale che passa sopra le teste, sopra i palazzi dei napoletani. Da quell’altezza si nota la spessa coltre grigiastra che ammanta la città; molti fumi la compongono: ovviamente quelli delle auto, quelli delle caldaie e quelli delle (poche) industrie, ma anche quello delle pizzerie dal forno a legna e delle friggitorie dall’olio denso e scuro. La Tangenziale per un nonnulla si blocca e il traffico è senza scampo; per percorrere poche centinaia di metri si impiegano lunghi quarti d’ora; allora, fermi per forza, si può spingere lo sguardo oltre l’inquinamento fino al vulcano, scenografia della città, al di là del mare del golfo.
Sull’arrivare in nave al porto turistico tenuto d’occhio dal bonario Maschio Angioino (o, ad esser più precisi, Castelnuovo) non si può dire proprio nulla di male; pare il modo migliore per recarsi a Napoli. Attraverso le onde, con una scia bianca alle spalle, giungere nel centro storico della città: quello che nonostante qualche ombra di degrado (più precisamente di distrazione) conserva la bellezza dei palazzi antichi, della Galleria, delle passeggiate sul lungomare. Tutti considerano i viaggiatori delle strade blu i più fortunati, i più intelligenti nell’essersi scelti la via d’ingresso principale nella città.
In realtà la migliore accoglienza, accompagnata da uno spettacolo, la ricevono i viaggiatori su rotaia. Non tutti, sia chiaro; solo quelli che riescono a vedere oltre la deludente prima impressione, che sono ricettivi a una particolare bellezza e la vivono per fortuna. La prima volta è quasi sempre fortuna perché si parla poco di alcune cose, per timore di essere derisi o etichettati come esteti che hanno fatto il proprio tempo. È difficile trovare le parole per spiegare il proprio angolo di Bello ad impegnati uomini d’affari attenti ai dividendi e ai valori aggiunti dei piccoli istanti, a corridori delle autostrade dagli occhi spiritati e i capelli impomatati raccolti in una coda, a turisti che hanno appena terminato una crociera e scoppiano a piangere al primo ricordo.
Se questi uomini fortunati riconoscono nei vostri occhi qualcosa allora può accadere che vi invitino ad arrivare alla piazza della stazione, piazza Garibaldi, nell’ora che precede il tramonto. Vi diranno di andare proprio sotto la statua equestre dell’eroe, di salire sui gradoni e di guardare. Di muovere lo sguardo per tutta la piazza, mandando a memoria tutta la piazza: ogni tendone delle bancarelle dove si può acquistare il legale, l’illegale o alta tecnologia sotto forma di mattoni o polistirolo; i banchetti dei giocatori delle tre carte; le madri che allattano i figli sedute per strada ad aspettare l’autobus; gli alcolizzati che si dissetano con vino in tetrapak; i turchi che mangiano il proprio cibo gesticolando e i napoletani che scoprono il kebab sorridendo; gli islamici a volte in ginocchio assieme verso la Mecca; la gente che torna a casa verso i treni, i bus. Vi diranno: «Quando tutto questo sarà ricordo preciso alzate lo sguardo e vedrete».
Vedrete gli uccelli raccolti a stormi numerosi e densi formare figure mai immaginate nel cielo dai colori cangianti, unirsi, allontanarsi come guidati dalla voce o dalle indicazioni di un coreografo invisibile. Vedrete frecce grigie di cento e cento becchi e ali e piume piombare verso un albero o un cantiere per scartare veloci all’ultimo istante per poi raggiungere, come un panno che si agita sott’acqua, il tetto degli alti grattacieli. La musica che guida questi balli, queste evoluzioni, si intuisce ma non si sente; gli uomini dal naso all’insù ondeggiano anch’essi all’unisono; ora si coprono la bocca per soffocare un’esclamazione, ora indicano qualche particolare evoluzione allo spettatore che sta loro di fianco. Alcuni, timidi e riconoscenti, scattano una foto da stampare accanto a quella di Piazza Plebiscito, magari invece di quella di piazza Plebiscito, di certo ormai riprodotta in tutte le luci e le prospettive, gli uccelli in volo ogni momento regalano un disegno originale a ogni sguardo.



* E più tardi, alle ore 19.00, al Penguin Cafè di via S. Lucia 88, si avrà la proiezione, gratis!, del film semi-documentario Improvvisamente l'inverno scorso, dedicato alla misera vicenda dei Dico e alla scoperta dell'assurda omofobia italiana. Chi non sa di che cosa si tratti, veda qui.

E intanto, alle  ore 15.00, chi può dovrebbe pure fare un salto in via Porta di Massa, alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federico II, aula 33, dove si terrà una bellissima Assemblea  Pubblica Antifascista, nell'àmbito della Giornata Antifascista Universitaria.

18 marzo 2009

Libera radio in liberato spazio

Riportiamo una nota di Marco Palasciano, cavandola da Facebook:


Nosferatu. Eine Symphonie des Grauens di Friedrich Wilhelm Murnau, 1922.

Appello per la difesa
della libera radio
degli studenti di Lettere

Cari scelti contatti, spero che ciò vi possa interessare, e possiate contribuire al bene. Pure spero che tra quanti altri leggeranno la presente nota, vi sia più d'uno o una che possa influire positivamente in merito.

Premessa: in Napoli, alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Federico II, in via Porta di Massa, esiste* un bellissimo Spazio Occupato, dove il libero pensiero, le arti e la spiritualità volta ad autentici valori di tanti studenti e studiosi dalla coscienza incorrotta, trovano libera espressione, anche tramite il mediacenter di Radio di Massa, vero piccolo faro di informazione indipendente, che ce n'è tanto bisogno in questi tempi amari, contro mafie, razzismo, piattume e altro pattume.

(Io stesso, Marco Palasciano, da voi, cari, conosciuto e stimato – o almeno spero – per l'umile splendore della mia arte e spirito, sono regolarmente ospite della suddetta radio, tramite la quale sono felice di veicolare arte e cultura nelle forme più floride ed alate, o ciò si tenta, in ispecie nella trasmissione di alta poesia e lata goliardia Siamo tutti poeti laureati.)

Ora, questo spiraglio di chiara, fresca e dolce aria che è Radio di Massa, è minacciato. Difatti, tanto per cominciare, è stata staccata la connessione wireless a quella zona della facoltà. Chissà perché soltanto in quella, eh?

Vi prego pertanto di fare tutto quanto è in vostro potere per contrastare l'ombra draculesca dell'oscurantismo che protende i suoi artigli contro il cuore cristallino della gioventù radiosa, e difendere la sapienza, amore e virtute che si irradiano da questo Spazio.

Acchiappate chi di dovere, se è vostro conoscente, tipo il preside della facoltà, o chiunque abbia un minimo di potere di mutare l'indegna situazione, e fatelo ragionare, con savietà di nobili argomenti.

Prendete la penna e scrivete ai giornali di vostra competenza, parlatene nel web, in tv, in giro ecc.**

Vi sarò grato io, le Muse, il cielo, e questi ragazzi che, come tutti coloro che lottano in pace per migliorarla, sono una benedizione per questa terra.

(Se potete, poi, fate magari un salto giovedì 19 marzo alle 11.00 nel chiostro di via Porta di Massa, dove si presenterà la manifestazione anticamorra di Libera e con l'occasione si protesterà per questa obliqua repressione della libertà di radio.)

A morte tirannide, sofismi e ipocrisia! Viva verità e bellezza, libertà e amore universale!

Grazie, e scusate i toni démodé.




Sullo stesso argomento trattato in questo post vedasi anche, qui, volantino di Radio di Massa.

* Dal 24 novembre 2008. Qui il flyer inaugurale.

** Per organizzare eventuali interviste ecc. contattare radiodimassa@inventati.org (che vale anche come indirizzo msn).

17 marzo 2009

Chi ci bocotta l'arte e la cultura?

La messa in onda della decima puntata di Siamo tutti poeti laureati, purtroppo, è rimandata a data da destinarsi.

Ma se intanto vi trovate a passare per Napoli la mattina di giovedì 19 marzo, alle 11.00 si farà un po' di protesta nel chiostro della facoltà di Lettere e Filosofia in via Porta di Massa, per pretendere il ripristino del wireless indispensabile alla normale attività di Radio di Massa: funzionante in tutto il complesso ma, guarda caso, non là dove la radio öperava.

Se avete possibilità di esercitare pressioni in tal senso tramite altri canali, per esempio se stasera vi trovate a cena con qualche barone, se non conte, fate pure...



Una cena. Foto da historiavbc.splinder.com.

Quanto allo show in standby, per rendervi conto della qualità del servizio artistico, culturale e spirituale gratuitamente offerto con tanto amore da Palasciano et alii potete gustare le registrazioni delle puntate precedenti disponibili, tutte linkate qui (ah: prima c'era qualche link errato, ma ormai li abbiam corretti tutti quanti); e magari, ciò ovunque divulgate.

15 marzo 2009

Ludopoesia sul prestito ad usura


Quinten Metsys (1466-1530), Gli usurai.



Dall'antologia Ventidue frammenti dal canzoniere in progress di Marco Palasciano, tutt'uno col catalogo della mostra L'abbecedario del potere, presentiamo la ludopoesia già spiegata in un video* dal poeta:


USURA SOPRA UN PRESTITO DANTESCO



DEBITO INIZIALE

E ün che d’una scrofa azzurra e grossa
segnato avea lo suo sacchetto bianco,
mi disse: «Che fai tu ïn questa fossa?».



I

E ün che d’una enorme scrofa blu
– piú alcuni porceluzzi cilestrini –
segnato avea ’l suo sacchettone bianco,
esclamò: «Che fai tu in quest’alta fossa??».



II

E ün che d’una gargantuesca scrofa
violacea – piú un bel po’ di cresciutelli
porcelli azzurri – avea segnato ’l suo
sacco bianco, gridommi: «O tu che fai
in quest’arciprofonda e trista lacca???».



III

E ün che d’una buia piú che persa
preistorica ipertroia zanne a sciabola
– piú un troiaio di fiôi blu lutulenti –
avea segnato ’l suo bianco saccone
stile Babbo Natal, sgolossi: «O tu
che fäi all’im di quest’immane abisso????».



IV

E ün che d’una ätra apra-mammúth col
rostro a impalar due Neanderthal – e cento
cinghial violetti giú a sguazzar nel sangue
uman misto alla fanga – avea segnato
la sua bianca ecoballa, diè di piglio
a un megafono e m’intronò: «Che fai
tu in questo buco nero sanza fondo?????».


17 gennaio 2009



* Con trascrizione del parlato a fianco; cliccare, là in YouTube, su «Ulteriori informazioni».

11 marzo 2009

Glossario per xenofoni e ignoranti, 6

DanteSpiegazione di parole e frasi arcaiche o in altri idiomi, neologismi, alterazioni varie, polisemie suscettibili di fraintendimento, e termini difficilmente reperibili in un comune dizionario o enciclopedia.



Siamo tutti Pinocchi in crisi e crasi
grilleggiàr: ricordare agli altri qualche verità per essi scomoda (come il grillo parlante di Pinocchio).
in ispecìfico: specificamente.
naaa
: no, figuriamoci!
paradistcipazione: partecipazione paradisiaca.
quandy
: quanti contemplerà Andy.
straorsinària: straordinaria e d'orso.
tropp: troppo (per rimare con «Propp»).


Cetonia aurata e, in basso, fior di loto
acausàli: non causàli.
palascianésimo: filosofia di Marco Palasciano.
sincronicità: coincidenza di eventi significativamente connessi, ma non da rapporto di causa/effetto (vedi anche qui).



Tutta l’arte è perfettamente inutile
ad lìbitum: a piacere.
attìnidi: elementi radioattivi con proprietà chimiche simili a quelle dell’attinio.
linutilèi: membri del blog «Linutile».
monoclìni: come un fiore ermafrodita, che impòllina sé stesso.
mundus: mondo.
orrevolmente: onorevolmente.
ottàvia: ottava e caratterizzata dalla presenza di Ottavio.
parlàri: discorsi.
sic: è scritto proprio così, non è un errore tipografico.
versus: contro.
vox clamanti dal profundus (in latino maccheronico): voci che chiamano dal profondo.



Pastelli da un erbario di Mazziero
appositocreàti: creàti appositamente.
crisòpsiche: anima d’oro.
fan: fanno.
fèisbuc: Facebook.
intelletta
: compresa.


Non crèdimus in revelatos deos
cògito: pensiero (con riferimento all’ontologia cartesiana).
crèdimus: crediamo.
dèos: dèi.
invèntio: trovata.
pseudodiabòlica: che dà l’illusione di provenire dal Diavolo.
qual sia: quale che sia, qualsiasi.
revelàtos: rivelàti.

10 marzo 2009

Siamo tutti Pinocchi in crisi e crasi

Credevate che il colmo del delirio di Siamo tutti poeti laureati fosse stato raggiunto? Naaa. La nona puntata, in onda su Radio di Massa alle 15.00 di mercoledì 11 marzo (dopodiché disponibile qui!), si intitolerà


Balocchi o abbecedari? that’s the question
ovvero
Siamo tutti Pinocchi in crisi e crasi
tra Luciàngolo e il Grillo Palasciante

Luciàngolo (crasi di Luca e Marangolo) e il Grillo Palasciante (un Palasciano quasi Dante) si contenderanno l’anima del Pinocchio di turno (Giuliano Laurenti), l’uno offrendogli giuochi (in ispecifico: scacchi e tennis) e l’altro abbecedari (in ispecifico: l’ABC del potere, utile a grilleggiar contro i potenti).

Si leggeranno insomma, quantomeno, le prose di José Lezama Lima (da Paradiso) ed Eugenio Montale (Dove c’era il tennis), e le poesie di Marco Palasciano (i Ventidue frammenti dal canzoniere in progress, pendant all’opera di Antonia Ciampi in legno, gommapiuma, piombo e acrilico  L’abbecedario del potere).

Il tutto in un tale clima e climax di fiaba, che pur per Propp è tropp; dove neanche è escluso il comparire di personæ ulteriori ai tre suddetti. È, per empio esempio, attesa a sorpresa – paradosso! – la paradistcipazione straorsinaria (sic) di Nostra Signora dei Turchini, o Violetti, Capelli; o non si sa Bene chi altro; che ammaestrerà Pinocchio, e tutti quandy, a essere meno asini, ma anche meno dottori.



Grillo dorato. Foto di Alberto D.


7 marzo 2009

Cetonia aurata e, in basso, fior di loto

L'aneddoto junghiano* a molti è noto.
E anche il dàimoku**. Emerse dalla rete
ecco le foto, di beltà replete,
d'una Cetonia aurata e un fior di loto.



Foto di Adrian Benko.





Foto di Gianluigi Burlini.***

* Jung, 1952: «Una giovane paziente fece un sogno, in un momento decisivo della cura. Nel sogno essa riceveva in dono uno scarabeo d’oro. Mentre mi raccontava questo sogno, io stavo seduto voltando le spalle alla finestra chiusa. D’un tratto udii alle mie spalle un rumore, come se qualcosa bussasse piano alla finestra. Mi voltai e vidi un insetto alato che, dall’esterno, urtava contro la finestra. Aprii la finestra e presi al volo l’insetto. Era l’analogia più prossima a uno scarabeo d’oro che si poteva trovare alle nostre latitudini, ossia uno scarabeide, una Cetonia aurata, il comune coleottero delle rose, che evidentemente proprio in quel momento si era sentito spinto a penetrare, contrariamente alle sue abitudini, in una camera buia. Devo aggiungere che un caso del genere non mi era mai successo prima né mi successe in seguito; anche quel sogno della paziente è rimasto un fatto unico nella mia esperienza». Da Carl G. Jung, La sincronicità come principio di nessi acausali, in Opere, VIII. La dinamica dell'inconscio, Bollati Boringhieri, Torino, 1976.

** Il mantra «Nam myōho renge kyō» (dove renge è da pronunciare renghe), da articolare su una nota sola (ma più voci, che formino un coro, ben possono usare ciascuna una nota diversa). Così, liberamente dispiegando, lo traduce M. Palasciano, integrandolo nel palascianesimo:

Mi apro all'infinito splendore
dell'universo e alla sua legge meravigliosa.
La causa e l'effetto non sono che un'unica rosa,
o un fiore di loto, che sta nelle stesse mie mani.
Il mio pensiero carico d'amore
tutte le corde intorno fa vibrare.


*** Vedi pure la foto acclusa al post Non credimus in revelatos deos; il trovamento della quale, posteriore a quello della foto di Burlini qui spostata e perciò lì dovutasi sostituire, è un trionfo di sincronicità.

3 marzo 2009

Tutta l'arte è perfettamente inutile

Monoclìni riceviamo, volentieri pubblichiamo:


L’ottavia (sic) puntata di Siamo tutti poeti laureati andrà in onda su Radio di Massa mercoledì 4 marzo alle ore 15.00 [Aggiornamento: per assenza di linea, lo show non è potuto andare in onda; lo si è registrato, e si potrà trasmettere in differita ad libitum. Cliccare qui, per ascoltare adesso]. Titolo:


Tutta l’arte è perfettamente inutile
ovvero Tutto l’utile è munnezza:
giovani vox clamanti dal profundus
versus schifezze vecchie come il mundus

Si parte, ovviamente, dai due famosi e fumosi aforismi di Oscar Wilde («Tutta l’arte è perfettamente inutile») e di Charles Baudelaire («Essere un uomo utile mi è sempre parso qualcosa di veramente schifoso»).

Per celebrare l’inutilità dell’arte, abbiamo invitato un paio di giovani poeti del blog letterario «Linutile»: il dionisiaco Giuliano Laurenti e
l’apollineo Ottavio Sellitti. Con loro avremo un po’ di artistici parlari; e leggeremo i loro testi inediti, o inutilmente editi come le liriche della silloge collettanea Niente è vero, tutto è permesso; e tutto quello d’altro che vorranno, purché sia inutile.

Il controtema essendo la munnezza, al volo leggeremo anche alcuni poeti da Mundus. Poesie per un’etica del rifiuto: la brasiliana Marcia Theophilo, la portoghese Regina Pereira da Silva, l’ungherese Imre Babics e gli italiani Viola Amarelli, Franco Arminio, Mimmo Grasso, Marisa Papa Ruggiero, Raffaele Rizzo, Antonio Vitolo e il nostro inutilissimo Marco Palasciano, ivi autore dell’antiecloga Visita a una discarica illegale di ceneri tossiche nella campagna tra Napoli e Caserta*.

Appositamente per la puntata odierna, inoltre, Andy Violet che sarà presente al pari dei linutilèi cui sopra, ha composto quanto in terzine orrevolmente segue:



LA VENERE DEL VOLTURNO

All'estuario schiumogeno rinacque
una moderna Venere d'amianto
e avvelenava piangendo quell'acque:

di attinidi le luccicava il pianto
dall'odor nauseante, acido e forte
e andava carezzata con un guanto

la sua bellezza immonda che dà morte.


Venere nell'immondizia, installazione di
Alessandro Monticelli e Claudio Pagone.

* È autobiografica: il poeta si era ritrovato a scortare una giornalista inglese, per più siti contaminati, insieme con l'«alto sodale etico» di cui nei Boschi ombrosi e con due esponenti del Comitato allarme rifiuti tossici. Ed è riciclata: si è composta a partire da materiali cavati dall'abiurato discorso didascalico Il cielo stellato ncopp' 'a munnezza, postfazione al volume di vignette di Simona Bassano di Tufillo Star Trash. Sacchetti in mondovisione, ed. Lavieri (non vi stiamo invitando ad acquistarlo; ché sarebbe pubblicità commerciale, e noi l'aborriamo; ma a leggervelo a scrocco, all'occasione).

1 marzo 2009

Pastelli da un erbario di Mazziero

Freme gratulatoria l'Accademia:
Mauro Mazziero, artista marchigiano,
intelletta via fèisbuc la crisòpsiche
di Marco Palasciano, ha dedicati
al nostro Presidente due pastelli
appositocrëàti ad onorare
lui, l'arti sue, noi tutti di riflesso.
Fan parte d'un erbario immaginario.
Corteccia nera e Sconosciuta i titoli.
«L'una delle due erbe conferisce
la virtù di vedere al buio, l'altra
è misteriosa come la poesia»:
così poc'anzi ci spiegò Mazziero,
cui fluttua il nostro plauso più sincero.