28 agosto 2009

Glossario per xenofoni e ignoranti, 12

DanteSpiegazione di parole e frasi arcaiche o in altri idiomi, neologismi, alterazioni varie, polisemie suscettibili di fraintendimento, e termini difficilmente reperibili in un comune dizionario o enciclopedia. Se non trovate né in essi né in questa pagina la spiegazione di qualche termine, potreste trovarla in una delle precedenti pagine di glossario; cliccare qui per visionarle tutte, dieci alla volta (e se visionandole usate la ricerca automatica, tenete presente che la grafia dei termini spesso riporta gli accenti).

Hòminis brevis saltus, íngens hòminum
atlantidèo: di Atlàntide (ipotetico continente perduto).
farfatopi: pipistrelli.
hòminis brevis saltus, íngens hòminum: that’s one small step for man, one giant leap for mankind.
il più: la maggior parte.
Lagni: Regi Lagni.
lemuriano: di Lemuria (ipotetico continente perduto).
muàno: di Mu (ipotetico continente perduto).
neroalàti: dalle ali nere.
noglòbal: no-global, aderenti al movimento no-global.
Plìnio e suo nipote: Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane.
that’s one small step for man, one giant leap for mankind: questo è un piccolo passo per un essere umano, un salto gigantesco per il genere umano.

«Odio teso», anagramma di «Teodòsio»
captiva: prigioniera.
diàboli: del diavolo.
draculeschi: del conte Dràcula.

Ferragosto e le gioie della spècola
agnoscendo: riconoscendo (dal latino «agnosco», da cui anche «agnizione»).
albescente: bianco (si usa «negro», «albescente», «citrino» e «rubescente» al posto – rispettivamente – di «nero», «bianco», «giallo» e «rosso» quando si vogliono evocare, per mera voluttà citazionistica o piú fondi motivi, le quattro fasi alchèmiche: nigredo, albedo, citrìnitas, rubedo).
anagogìa: percorso spirituale (analogo alla scala erotica di Platone) in cui l’intelletto, partendo dalla considerazione delle cose piú semplici, si “eleva” fino alla contemplazione del Principio primo (o Fondamento ultimo) dell’essere.
astrofilía: astronomia non professionistica.
bandéggio: insieme di bande di diversi colori.
Caìno e la sua gerla: quelle zone piú scure, sulla faccia visibile della luna piena, che una leggenda medievale identificava con la figura di Caino recante sulle spalle un carico di spine.
chicheroniane: ciceroniane, di Marco Tullio Cicerone (la pronuncia latina di «Cícero» era «Kíkero»; suggeriamo perciò di usare «c» velare quando il riferimanto è “alto”, cioè quando ci si riferisce a Cicerone, e di usare invece «c» palatale quando è “basso”, cioè ci si riferisce alle guide turistiche).
ciceronata: spiegazione data nello stile delle guide turistiche (dette «ciceroni»).
come che sia: comunque, in ogni caso.
dall’imo: dalla parte piú bassa o piú interna.
demonstràtio: dimostrazione.
dendromorfo: a forma di albero.
e.v.: dell’èra volgare (un modo piú scientifico di indicare gli anni «dopo Cristo»).
enciclopedìa personale: bagaglio delle conoscenze accumulate da una persona.
enciclopediòla: piccola enciclopedia.
fondi: profondi.
le léttere: la cultura letteraria.
Màtres: Madri.
nella sua stellatezza e guardabilità: nel suo presentarsi abbastanza ricco di stelle visibili da procurare soddisfazione spirituale a chi lo guardasse.
noctilúca: che di notte emana luce.
nosce hostem tuum: conosci il tuo nemico (imperativo).
pnèuma: respiro, afflato, flusso d’ispirazione poetica.
psicoenergizzato: arricchito di energia nell'anima.
ratto: ràpido.
resta a dirsi: resta da dire.
scuora: scoraggia.
sì da: cosí da.
spappardellàti: esposti in un discorso lungo, disordinato e un po’ pesante.
sparsa: insieme sparso, distesa.
supertonda: perfettamente tonda, in plenitúdine.
temìno: [svolgimento di un] tema modesto quanto quelli usualmente assegnati agli alunni delle scuole inferiori per esercitarli alla composizione scritta.
urània: relativa al cielo.
usato albergo: abituàle dimora.

Marte sbalzato via dalla sua orbita?
in secùndis: secondariamente.
la madre dei quozienti submediàli avrebbe bisogno di RU486 ventiquattr'ore su ventiquattro: la madre dei cretini è sempre incinta (proverbio).
la più parte: la maggior parte.
quozienti submediali: quozienti [di intelligenza] inferiori alla media (cioè inferiori a 100).
tiro al piattume: sport metaforico consistente nel mirare a obiettivi privi di spessore autenticamente culturale, artistico e spirituale.
trans-dimensionale: che permette il trànsito da una dimensione a un’altra (cioè da un universo a un altro) del multiverso.

26 agosto 2009

Le meraviglie della poligenesi

La poligenesi letteraria è questo: uno scrittore di qua, e uno scrittore di là, scrivono una stessa cosa, senza nulla saper l'uno dell'altro.

Ora, mentre preparavamo il glossario agli ultimi post del presente blog, abbiamo per scrupolo voluto controllare se già sia stata in corpus a altro autore l'occorrenza «farfatopi», parola inventata da Marco Palasciano a indicare con màggia suggestione i pipistrelli che seguono il carro della luna nell'epilogo del racconto del 2008 I boschi ombrosi e l'arte dell'oblio.

Il responso della Rete è stato: ohibò, sì! Védasi Il viaggio di Luna, Edicolors, Genova, 2005. Si tratta d'una fiaba scritta da un collettivo d'alunni d'una scuola elementare veneta, la Don Orione di Strà, con illustrazioni di Maurizio A.C. Quarello (Premio "Scarpetta d'Oro" 2004).

I farfatopi qui non sono pipistrelli, ma topi con ali di farfalle; in compenso, coincidenza mirabile, il nome della bambina protagonista è Luna, e i farfatopi sono aggiogati al carro che la porta (come si vede nella copertina, qui sotto). Poligenesi al quadrato.





Inoltre: cercando il singolare «farfatopo», siamo arrivati a un post del 2006 (con un'immaginetta ad illustrare un «farfatopo dalle corna rosse») d'un blog
che ha per fondale la luna. Poligenesi al cubo.


21 agosto 2009

Hominis brevis saltus, ingens hominum

4.57, ora italiana, del 21 luglio 1969: per la prima volta nella storia umana  (salvo rettifiche da parte di qualche professore di Storia delle civiltà perdute e/o il rinvenimento di qualche monumento atlantidèo, muano o lemuriano sulla faccia nascosta della luna), un esemplare della nostra specie – nella fattispecie il trentottenne dell’Ohio Neil Armstrong – posa piede sul suolo selenita. «That’s one small step for man, one giant leap for mankind» (sic). Ecco compiersi esattamente adesso, 4.57 del 21 luglio 2009, 40 anni da allora! Cogliamo l’occasione – noi essendo l'Accademia Palasciania, euristica o lunatica che sia – per propinarvi un paio di frammenti (ti pareva...) di Marco Palasciano dedicati alla luna, ambedue epiloghi:

Il gran sole carico d’amore è tramontato nell’immensa lacrima che avvolge il piú del mondo e ha nome oceano, lasciandoci prima alla notte e poi alla sorda luna che impudente sorride disfiorando coi medusèi tentacoli il Tifata. Il suo funereo carro seguono farfatopi neroalati, spargendo per lo spazio la tenue sabbia degli incubi, invisibile come un flusso di nanoparticelle.
Salendo abbraccerà in un sola fredda occhiata il lago d’Averno e la Reggia di Caserta, i Lagni contaminati e il carrozzone della Sibilla, i templi di Pæstum e le ville dei camorristi, il grattacielo osceno in via Medina e l’anfiteatro di Capua antica canoro di ruggiti fantasma, una strada di campagna dove un treruote porta a spasso sotto un telo alcuni bidoni di scorie abusive del nordest e la stazione di Napoli centrale con alcuni gentili noglobal del nordest seduti tra i loro zainetti in attesa del treno delle 4.07, la bianca palla aliena della centrale nucleare in letargo sul Garigliano e le ombre di Plinio e suo nipote che siedono presso la riva del mare e guardano con atarassia al Vesuvio che si prepara a curare le piaghe della Campania con il suo fuoco quello sí veramente purificatore, la tomba di Leopardi su cui riposa le ali chiuse come un libro chiuso una farfalla nei cui ommatídii si specchiano le prime nubi che tinteggia l’alba – ecco, è già lunedí e io non so come può concludersi questa storia – e il cantiere acerrano dove incompiuta torre nacque già rugginosa e sogna un suo finale babelico.

Che dire? a questo punto ci sarebbe da fare uno o piú passi indietro, inquadrare una scena secondaria, e renderla primaria; per esempio, i limoni nel giardino – là a Lauro – del castello bruciato, intatti quelli; la terra smossa di fresco, il tenero verde dell’erba che intorno già preme a sanar la ferita; la luna che a notte s’incanta a guardare i mortali, e piange, di dentro, ferita dall’esserne altro; ché rotola, immensa, nei cieli, prigione a sé stessa, divisa tra il buio e la luce, perduto ogni tono intermedio da quando si volle senz’aria, asettica, pura, sorella del niente; girando, in eterno, e guardando tra i rami degli alberi – qui di limoni, piú avanti i nocciòli – la vita che adesso si muove, adesso si ferma, per poco o per sempre, ma intanto s’è mossa; su gambe, con mani, o monconi, tra volti ridenti e piangenti; e aveva, la vita, una meta (magari sbagliata; non conta); se pure non s’è mai raggiunta, almeno si aveva; la luna non ha che il suo muoversi in circolo vano, né mai la vedrete difendere un vaso di noci.
Già troppo di lei s’è parlato; torniamo alla terra, ai feroci suoi doni; la luce dai mille colori che al cieco è negata, l’aria che olezza non di soli fiori e porta il rumore e la parola, l’acqua che passa una volta sola, il fuoco che dimostra la vanità finale dello scrivere, il suolo velato dal tenero verde dell’erba e, sopra, due pastori e un cane che passeggiano sotto il sole.

Marte sbalzato via dalla sua orbita?

La madre dei quozienti submediali avrebbe bisogno di RU486 ventiquattr'ore su ventiquattro. Partorito in chissà quale poligono di tiro al piattume, rimbalza in questi giorni di nodo in nodo per la rete telematica mondiale il seguente messaggio:


IL 27 AGOSTO DATA MEMORABILE...

Il 27 di agosto, a mezzanotte e 30 minuti, guarda il cielo. Il pianeta Marte sarà la stella piu brillante nel cielo. Sarà grande quanto la luna piena, Marte si troverà a 55,75 milioni di km dalla terra. Non te lo perdere. Sarà come se la terra avesse... due lune. La prossima volta che un fatto come questo torni* ad esserci sarà nell'anno 2287. Condividi questa informazione. Nessuno che è vivo oggi potrà tornare a vederlo.

È uno scherzo. In primis: Marte non potrà mai apparire grande quanto la luna, nel nostro cielo, a meno che un cataclisma cosmico lo sbalzi fuori dalla propria orbita: tipo l'urto con un mondo alieno emerso da uno squarcio trans-dimensionale, aperto da uno scienziato pazzo venuto dal futuro.


In secundis: quanto a presunto corpo più brillante, in questi giorni Marte non è neanche nel suo periodo di massima visibilità. Ma aspettate l'inverno; allora avremo il Marte migliore del 2009. Niente di comparabile, tuttavia, col 2018: allora sì che Marte sarà, come sei anni fa, il re del cielo (senza però, ovviamente, mostrare stazza di seconda luna). Si spera che a quel tempo la più parte di noi sia ancora viva; non conviene, perciò, ibernarsi oggi per saltare fuori dalle capsule nel 2287, data che i burlatori avran menata a caso.

In un sol punto ha senso, per caso, questa fola: mezzanotte e mezza sarà giusto l'ora, questo 27 agosto, in cui Marte si troverà a sorgere dall'orizzonte, ovviamente a Oriente.

Ma ben più luminoso ne apparirà, alto sull'Occidente, Giove.

Tutt'altro gioco di luci si ebbe nel 2003: fu quel 27 agosto che Marte si trovò alla suddetta distanza di circa 55,75 milioni di chilometri dalla Terra; e per la precisione 55.758.713.


Da tale dato,
preso e alterato,
il fake è nato.

Chi c'è cascato
t'ha mal studiato,
cielo stellato!



Posizioni degli astri alle ore 0.30 del 27 agosto 2009, coordinate italiane. Marte sarà nascente; alti nel cielo saranno Urano e, più a ovest, Nettuno (visibile solo da telescopio) e Giove. Non saranno visibili altri pianeti fino a circa le tre del mattino, orario della nascita di Venere.


Fonte dell'immagine: astro.oroscopi.com (sito a uso astrologico, ma pure utile agli usi degli astronomi).


* Sgrammaticatura. Doveva dirsi: o «La prossima volta che un fatto come questo tornerà», o «Prima che un fatto come questo torni» (preferibile in quanto endecasillabo).

20 agosto 2009

Il ludostoricismo definito

Dalla parte undicesima del nostro Glossario per xenòfoni e ignoranti ritagliamo e portiamo a più alto ingrandimento, considerato il suo particolare peso, il lemma seguente.

ludostoricismo: pratica filosofico-letteraria (inaugurata, per quel che ne sappiamo, nel 1992 da Marco Palasciano col racconto Un compendio di storia universale) tesa – oltreché all'alétheia* morale**, per grazia delle Muse, e al conseguente sputtanamento dei valori inautentici – a sottolineare la natura sovrapponibile e intercambiabile degli eventi ed elementi della storia umana giocando, come un bimbo demiurgo dei suoi oggetti, alla costruzione di rappresentazioni ibride facenti libero ricorso al mito (inclusi i registri della fiaba, dell'horror ecc.) e all’anacronismo (talora in levissimi tocchi, all'interno di un quadro il più possibile fedele alla documentazione disponibile; talaltra, tanto pesantemente da obliterare ogni coordinata); rappresentazioni in varia misura confusionali e tuttavia idealmente funzionali alla mimesi dello Zeitgeist, nel contempo mettendo in discussione l’idea stessa di Zeitgeist sulla base dell’idea che i fenomeni antropologici presentino determinate caratteristiche universali e atemporali. Il ludostoricismo rientra nel più vasto campo della storiografia anomala (insieme con l'ucronìa, col romanzo pseudostorico*** se non col romanzo storico tout court, con alcuni sottogeneri della fantascienza quali la futurografia**** e il resoconto di viaggio nel passato in macchina del tempo, ecc.). Un esempio di opera precursora del ludostoricismo palascianesco, in parte, si può considerare Lisztomania, lungometraggio di Ken Russell del 1975; alla cui base, però, si trova più lo iocus che il ludus*****.



* alétheia: svelamento della verità.

** Qui si fa maramèo al pensiero debole.

*** pseudostorico: che inserisce nella narrazione elementi falsi (in genere per condirla e renderla più appetitosa alle masse avide di storie d'amore, duelli e altre puttanate; vedi Ettore Fieramosca o La disfida di Barletta di Massimo D'Azeglio, del 1856, guasto d'un improbabile triangolo amoroso tra il buono Fieramosca, il cattivo Cesare Borgia e la bella Ginevra di Monreale).

**** futurografia: narrazione di eventi collocati in immaginarie epoche future.

***** I termini latini iocus e ludus sono ambedue tradotti in italiano dalla parola gioco; ma iocus – che si colloca all'opposto di serius – pertiene al campo dello scherzo, della pernacchia, della barzelletta, del riso facile ed effimero; il termine ludus risuona, diversamente, di quella certa serietà, sacrale seppur lèpida, che l'odierna psicopedagogia ritiene basilare per il gioco.

Ferragosto e le gioie della specola

Il nostro Presidente ci ha inviato, dalla località segreta in cui sta trascorrendo gli ozi estivi, il temino che segue. Aggiungeremmo, a proposito, che il 18 agosto nella sua bacheca di Facebook si è potuto leggere: «Marco gode: sono le cinque e mezza del mattino e vede, a Oriente, non solo la falce di luna ma pure, poco sopra, la falce di Venere! difatti pure Venere ha fasi, essendo un pianeta interno»; e all'alba del 19 agosto, agnoscendo un terzo astro notevole: «Marco ammira la luna, Venere e Marte, tra sé all'incirca equidistanti lungo l'eclittica»; ecc.



Marco Palasciano
Ferragosto e le gioie della specola

1.
Quest’oggi mi trovavo, per recare a sua madre due orazioni chicheroniane (Pro Cælio e Pro Milone), da mademoiselle G., decana delle mie Muse terrene, la quale tra tre giorni potrò dire essermi amica da giusto un numero d’anni uguale al numero di catalogo dell’asteroide Talía; riso e poesia le nostre voluttà. E dalla sua finestra, che butta a Oriente e al grosso della città che ci ospita, si vedeva poco alto nel cielo un astro fortemente luminoso che, per la forma nitida e rotonda anziché raggiata e tremula, supposi essere uno dei pianeti del sistema solare, anziché Sirio o altra stella.
Si sarebbe potuto pensare a Venere. Ma, essendo circa le nove della sera e noi guardando ai monti e non al mare, dissi ciò essere impossibile, poiché Venere viaggia sempre a non grande distanza angolare dal sole; e il sole, a quell’ora, era da non molto tramontato; cosicché adesso Venere doveva, se non essere tramontato anch’esso*, quantomeno trovarsi non distante dal punto del tramonto del sole, a nord di Ischia: vale a dire nell’opposta zona del cielo rispetto a quella in cui luceva l’astro da noi indagato, che era sopra il Tifata. Per la stessa ragione non poteva trattarsi di Mercurio, che è il corpo osservabile piú vicino al nostro sole.
Io avevo pensato, dapprima, a Marte; ma, il colorito dell’astro avanti a noi non essendo rubescente né citrino, bensí albescente, mi venne in breve da pensare a Giove. Per dare, alla mia Talía in lieve scepsi, demonstratio di questa mia pensata, ratto valutai la posizione dell’astro come – avendo la Terra come fulcro – diametralmente opposta, grado piú grado meno, alla posizione del disparso sole; e poiché oggi era il 15 di agosto, e dunque il sole doveva trovarsi all’incirca al venticinquesimo grado della porzione di zodiaco che gli astrologi chiamano segno del Leone (benché l’omonima costellazione sia altrove), l’opposto astro doveva trovarsi tra gli ultimi gradi del segno dell’Acquario e i primi di quello dei Pesci; e venendomi alla memoria che per la piú parte del corrente anno 2009 e.v. Giove è stato e sarà in piú o meno stretta congiunzione apparente con Nettuno, il quale essendo di lentissima rivoluzione ero sicuro trovarsi dove l’avevo lasciato all’ultima consultazione delle effemeridi e cioè in Acquario, era ormai altissima la probabilità che ciò che vedevamo risplendere in quel punto fosse Giove.
Difatti, se non fosse stato Giove, noi avremmo dovuto tuttavia scorgere Giove nei dintorni, le dissi, perché quando si trova in opposizione al sole esso è al sommo del suo splendore, come una luna in miniatura nella fase di plenitudine, e non può non vedersi; e ora in quel lembo di cielo, tutto sgombro di nuvole, non si mostrava luce naturale che splendesse con intensità commensurabile a quella del magnifico astro che aveva risvegliata la nostra curiosità.
Piú tardi mi sarei – tra me meglio ragionando – accorto della sciocchezza che avevo escreta con l’includere tra gli argomenti quell’ultimo, peraltro superfluo, delle fasi di Giove; le quali non esistono, per noi, com’è ovvio; infatti – diversamente da Mercurio e Venere – esso percorre un’orbita piú larga, e remota dal sole, di quella della Terra; ed è perciò, dal punto di vista terrestre, sempre in piena luce, che sia in opposizione o no al sole.



Giove.

2.
Salutata, intanto, mademoiselle G. e dopo breve tragitto su ruote fatto rientro nell’usato albergo, avevo lasciato che dalla pulsione a investigare la volta celeste mi distraessero i piaceri della lettura, avendo da terminare il De Iside et Osiride di Plutarco; cosicché dovette farsi l’una di notte, prima che lo pneuma dell’astrofilia mi tornasse a fluttuare nello specchio della mente.
Allora, essendo trascorse circa quattro ore dalla precedente osservazione, e perciò dovendo gli astri essere ruotati intorno alla Terra e a questo edificio d’un sufficiente numero di gradi, uscii sul balcone occidentale; riconobbi nel nero infinito del Tutto, tra le stelle sbiadite dai nostrani tungsteni e neon, quella sferula candida; rientrato, ravvivai l’elaboratore e lo collegai alla rete telematica mondiale, per consultare le effemeridi; e queste a ogni mia tesi diedero felice conferma, per il che fui felice come un puer.
Presi quindi il modesto cannocchiale col quale da quassú, in certi pomeriggi, quando il sole e la dolce aura con piú calore invitano a levarsi le magliette, uso studiare la statica e la dinamica dei torsi nudi degli adolescenti che si provano, dabbasso, nella corsa su skateboard tra orti e mura o, di ciò sazi, posano in panchina; e lo rivolsi, con non minore voluttà, verso l’alto, stavolta, e il massimo pianeta del sistema.
Non avendo tra mano che un Беркут** 10×46 (eredità; ma in Accademia dovremmo avere, non so in che ripostiglio, migliore telescopio), di Giove non distinguevo né il bandeggio atmosferico né, conseguentemente, la Grande macchia rossa. Ma forse, i quattro punti luminosi apparentemente in orbita intorno al pianeta – se non mie traveggole – erano i Satelliti medícei***? Io, Europa, Ganimède e Callisto?
Invitavo frattanto la mia vicina di stanza, l’anziana e tenera madame B., a guardare anche lei nel cannocchiale, spiegandole quel che ora ho a voi spiegato (tacendo i torsi dei ganimèdi); e preso un tomo d’enciclopediòla a illustrare la mia ciceronata urania, le additavo una foto del pianeta – il quale né io né lei avevamo mai, prima d’oggi, contemplato dal vero.
La scienza dei paesaggi extraterrestri non l’ha mai interessata, com’è per tante anime, cui la vita domestica o le lettere modulano piú piacevole richiamo: sicché per lei è fonte di stupore che Giove sia piú grande della Terra. Similmente mademoiselle G., poc’anzi, si stupiva del fatto che – come le dicevo elencandole i pianeti – la Terra sia meno grande pure di Nettuno. Lacune nozionistiche che erano, naturalmente, non colpa propria di due cosí egregie donne, bensí dei saperi divisi e delle prassi impazzite del mondo contemporaneo****.
Quanto a corpi osservabili del sistema solare, non avevo puntato prima d’oggi il Беркут che su Marte, una volta, sapendolo in perielio; e, piú volte, sulla luna: ciò quando, supertonda e corrusca contro il nero, getta il suo richiamo invadente da oltre le mie finestre quasi specchi, ostendendo nettissime le sagome di Caino e della sua gerla, io allo scrittoio mente noctilúca. D’astronomia e (nosce hostem tuum) astrologia so tanto sulla carta, quanto poco finora ho guardato nel cielo stellato, poco fidando nella sua stellatezza e guardabilità: l’inquinamento luminoso scuora. Dice il poeta:


Ah, ridateci il buio, sí, ridateci
il buio. Sí da riveder le stelle.*****


Da sinistra a destra: Io, Europa, Ganimede, Callisto.

3.
Come che sia, riconoscere un pianeta nel cielo piú o meno stellato può compararsi (ma ditemi se è un’iperbole miope) al riconoscimento di un diamante in una sparsa di chicchi di vetro, o una Musa tra quattrocento amiche, essendoci qualche migliaio di stelle visibili a occhio nudo dalla Terra e però, tra esse mimetizzati, solo sette pianeti; dei quali il piú lontano, poi, Nettuno******, a occhio nudo visibile non è.
Ora, se vi interessa e apprenderete la coreografia essenziale degli astri, vi basteranno pochi lambiccamenti tattà come quelli da me oggi spappardellati a casa di mademoiselle G. e potrete godere della stessa felicità che mi ha stanotte psicoenergizzato e spinto alla scrittura di questo supplemento diaristico (che gli astrofili veri avranno letto sorridendo della sua veste infarinata; ma essi credano: è piuttosto l’eclettismo dispersorio e lunatico che non l’accidia, o l’atarassia, a trattenermi da piú fondi studi in questa materia).
Non c’è che l’esercizio dell’intelligenza, in abbinata con il dendromorfo accrescimento dell'enciclopedia personale, a difenderci dal pericolo di restare increduli davanti al vero e creduli davanti al falso; le quali aberrazioni gnoseologiche contristano non tanto le mie Muse e Matres, in genere eccellenti ragionatrici, cui non rende giustizia questo mio specialistico racconto; quanto chi, nato dal nulla per esser nulla e finire in nulla, senza un murmure di protesta lascia che la piú brutta delle dee, Abitudine, lo vampirizzi tutto: cosí ti fai incapace di rinnovarti, e vivi come un morto.
Resta qui a dirsi che rinnovamento può anche significare rimettere in uso qualcosa che è in disuso; per esempio raccogliere un domani, dall’imo d’uno stipo scordato e ricordato, quel nostro telescopio dalla migliore acie, perché possiamo meglio contemplare – splenda di luce propria o di riflessa – ogni corpo splendente, sempre anelando a quella che il monaco eretico Giovanni Scoto Eriugena chiamava anagogia.



* Era non solo tramontato (come avrei appreso poi dalle effemeridi), al pari di Mercurio e di Saturno, ma già sotto i nostri piedi, cioè al nadir; presso il quale si trovavano, a quell’ora, anche la luna e Marte, nonché Sirio.

** Traslitterato: «Berkut». Tradotto: «Aquila».

*** Cioè i quattro maggiori satelliti di Giove, omonimi di amanti del dio omonimo, dedicati da Galileo Galilei – che li scoperse nel 1610 – a Cosimo II de’ Medici, Granduca di Toscana. Ganimede, il maggiore, prende nome dal giovinetto che il dio, trasformato in aquila, rapí dai pascoli del monte Ida e a volo portò con sé sull’Olimpo; per rapire o sedurre le tre donne, invece, Giove si trasformò ora in toro (per Europa), ora in nebbia (per Io), ora in sosia della dea Diana (per la lesbica Callisto).

**** Cfr. Carlo Sini, finale di Filosofia teoretica, in AA.VV., Filosofia, Jaca Book, 1992. Intanto m’è tornato alla memoria un aneddoto risalente alle scuole elementari. Parlai una volta di Giove a un compagno di classe; e non voleva credere alle sue dimensioni. Il giorno dopo, gli portai un libro che le documentava; ma, anche di fronte a quello, persisté – con mia ingenua meraviglia – nel rifiuto di accettare che il suo mondo non fosse il piú grande di tutti. È un aneddoto chiave del mio vissuto: perché fu di preciso in quell’occasione che cominciai a pensare di essere piú intelligente degli altri bambini; la cui ignoranza si poteva perdonare, ma non l’ottusità.

***** Marco Palasciano, da Lo spettro d’Orfeo, in Sui termitai mostruosi dell’urbe novissima, 1996.

****** A Plutone non è ormai piú attribuita la qualifica di pianeta, dati i nuovi criteri, ma di semplice asteroide.


Ganimede e l'aquila. Palazzo Giorgi Roffi Isabelli, Ferentino.

18 agosto 2009

Glossario per xenofoni e ignoranti, 11

DanteSpiegazione di parole e frasi arcaiche o in altri idiomi, neologismi, alterazioni varie, polisemie suscettibili di fraintendimento, e termini difficilmente reperibili in un comune dizionario o enciclopedia. Se non trovate né in essi né in questa pagina la spiegazione di qualche termine, come stranguglioscènici, potreste trovarla in una delle precedenti pagine di glossario; cliccare qui per visionarle tutte, dieci alla volta (e se visionandole usate la ricerca automatica, tenete presente che la grafia dei termini spesso riporta gli accenti).

Un tesoro di diciannove ore
zèrima: che in una serie occupa il posto corrispondente al numero zero.

Giarrì, Giarrì, l’è a Na’ la Messalì’!
Giarrì, Giarrì, l’è a Na’ la Messalì’!: Jarry, Jarry, la Messalina è a Napoli! (variazione sull’invocazione di Cristo «Elì, Elì, lemà sabactanì!»; vedi Matteo 27, 46).
stream of cosce: flusso di [desiderio tra le] cosce (variazione su «stream of consciousness»).

Napoli tra Leopardi e Palasciano
extracta: brani estratti.
in uno coll’attìngere: contemporaneamente attingendo.
napoletanizzato: divenuto napoletano.
puranco: anche, perfino.

Du’ superspaghi älla matrixana
Battaner et àl[ii]: un testo scritto da Eduardo Battaner e da altri autori (il cui titolo avrebbe dovuto trovarsi nella bibliografia dell’articolo linkato, là mancante).
del pari: parimenti.
fantascemenza: fantasia scema, scemenza fantastica.
fascinosità: fascino.
maiuscolàti: provvisti di iniziale maiuscola.
ottupolare: provvisto di otto poli.
sottocampi: sottodivisioni di un campo.
superclusters: superammassi [di galassie].

Diecimila di questi bei contatti
agìscimi: fa’ che io agisca secondo la tua volontà (il concetto di «essere agito» è meglio spiegato all’inizio di Sud e magia di Ernesto De Martino, 1959).
al fine: alla fine.
arcobalenarla: fare che sia sovrastata da un arcobaleno.
armagèddon: battaglia finale.
cittade: città.
colmaspazio: che colma di sé lo spazio.
decostruìto: [che è stato] sottoposto a decostruzione.
esplodimi il diluvio: fa’ esplodere per me il diluvio universale.
hoffmanniana: di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (autore tra l’altro del racconto Der Sandmann [L’uomo della sabbia], 1815, in cui compare il professor Coppelius).

Cogli il kairòs del velle tra le stelle
gg. sgg.: giorni seguenti.
grafoeròe: eroe della scrittura.
kairòs: tempo propizio, occasione.
quadernieri: progettisti e fabbricanti di quaderni.
tout se tient: tutte le cose sono in connessione.

Incroci di scrittori veri e falsi
adunatoria: atta ad adunare un pubblico, pubblicitaria.
all’evidenza: evidentemente.
fare bla bla: chiacchierare.
fare la pappa: consumare un pasto.
manu propria: di propria mano.
printato: stampato.
pseudobiografìa: biografia immaginaria.
riincappiàmo: incappiamo nuovamente.
spallanzanisti: sostenitori della causa di Elia Spallanzani.
terra manzoniana: Milano.

Noi, l’antìtesi ad ogni stereòtipo

ars longa, pausa caffè brèvis: l'arte richiede lunga pratica ma la pausa caffè è breve (variazione sulla traduzione latina «Ars longa, vita brevis» della parte iniziàle del primo aforisma di Ippocrate, «Ὁ βίος βραχὺς, ἡ δὲ τέχνη μακρὴ»).
eloisiana: di Eloise.
sua sponte: di sua iniziativa.

14 agosto 2009

Schiodate dalla croce il vostro spirito

L'Accademia Palasciania esprime la sua soddisfazione per il disegno di legge spagnolo che prevede si tolgano i crocifissi dalle scuole, e auspica che entro il 2080 ciò avvenga anche in Italia. Da sempre è nostra profonda convinzione che... Oh, non fateci perder tempo a ripetere le cose; leggete il post precedente.

Che altro più sarebbe qui da dire? forse che la croce turba la nostra sensibilità in quanto simbolo di punizione del pensiero libero, e a noi accademici nati quattordici secoli dopo la chiusura dell'Accademia di Atene* ricorda soprattutto la persecuzione che dovettero subire i non cristiani. Eggià! il lettore ignorante crede – per aver visto Quo vadis? (1951), Ben-Hur (1959) e altri kolossal di parte – che siano stati dati ai leoni e ai pali i paleocristiani e basta; invece, no. I giochi** si capovolsero, da Teodosio in avanti; e coloro il cui credo pretendeva d'avere a fondamento l'amore universale si dettero allo sterminio, in primis morale ma volentieri anche materiale, di chiunque avesse dell'universo una visione che non necessitasse della presenza di Cristo – o di quella dei suoi sedicenti vicari. E in che modo a quel tempo i non cristiani venivano estinti? principalmente, la crocifissione.

Ecco. Finché non lo si schiodi dalla parete, il crocifisso sarà lì a minacciare: «Il giorno che riavrà il potere d'un tempo, la Chiesa tornerà a torturare e dare morte a coloro che si rifiuteranno di far parte di lei!». Chiudiamo su un aneddoto esemplare. Da Vlassis G. Rassias, La demolizione dei templi (1994):

Anno 580. La polizia cristiana attacca un tempio segreto di Zeus ad Antiochia. I sacerdoti del tempio si suicidano; il resto dei pagani presenti viene arrestato. Tutti i prigionieri, incluso il vicegovernatore Anatolio, dopo essere stati torturati sono mandati a Costantinopoli per comparire in giudizio. Condannati a morte, furono gettati in pasto ai leoni. Ma, poiché gli animali non strapparono loro neanche un pezzo di carne, i pagani furono crocifissi. Quindi i loro cadaveri furono trascinati per le strade dalla folla, e infine lasciati insepolti nella polvere.***


Facile chiusa gnomica: talvolta
sono meglio i leoni che i cristiani.



Dettaglio da Pieter Paul Rubens, Daniele nella fossa dei leoni (1618). Washington, National Gallery of Art.

* L'Accademia, fondata da Platone circa mille anni prima, era il centro della cultura pagana superstite nell'impero. La sua chiusura, imposta dall'infame decreto giustinianèo,  segna idealmente la morte della filosofia (che risorgerà solo al sorgere dell'età moderna; la "filosofia" medievale consisterà in un millennio d'eunuca teologia). Era il 529 e.v.; Giustiniano I era salito al trono bizantino un paio d'anni prima. Sua moglie, per inciso, in gioventù faceva la prostituta.

** A proposito di giochi: sotto Teodosio I furono anche aboliti i Giochi Olimpici (dopo undici secoli e mezzo di splendore). Era il 394; e alcuni storici considerano questa, piuttosto che altre, la data della fine del mondo antico.

*** Originale:

580. Έφοδος των «διωγμιτών» της Αντιοχείας σε μυστικό Ναό του Θεού Διός. Ο ιερεύς αυτοκτονεί επί τόπου, αλλά συλλαμβάνονται αρκετοί θρησκευτές και ανάμεσά τους ο ύπαρχος Ανατόλιος (Chuvin, σελ. 144). Οι κρατούμενοι βασανίζονται και στέλνονται στην Κωνσταντινούπολη για να δικασθούν (και σε αυτό το χρονικό σημείο τοποθετούν οι μη χριστιανοί ερευνητές την απαρχή του ιεροεξετασμού). Ο χριστιανικός όχλος της Κωνσταντινουπόλεως, ερεθισμένος από τις μυστικές δίκες, λυντσάρει στους δρόμους διάφορους, πραγματικούς ή υποτιθέμενους, Εθνικούς. Οι Αντιοχείς Εθνικοί καταδικάζονται σε θάνατο και ρίχνονται στα θηρία του Ιπποδρόμου που όμως δεν δείχνουν πρόθυμα να τους κατασπαράξουν. Οι χριστιανοί τους θανατώνουν τελικά με σταύρωση. Τα πτώματά τους σύρονται από τον όχλο στους δρόμους της πολεως και πετάγονται άταφα στους σκουπιδότοπους.

12 agosto 2009

«Odio teso», anagramma di «Teodosio»

L'Accademia Palasciania esprime la sua soddisfazione per la recente sentenza del TAR del Lazio proclamante l'illegittimità dei crediti scolastici relativi all'ora di religione. Da sempre è nostra profonda convinzione che la Chiesa sia cattiva, il che è continuamente dimostrato dal suo odio furioso nei confronti di tante cose buone; e noi con furore simmetrico odiamo lei, perciò grande è il nostro godimento a ogni occasione in cui qualcuno riesca a staccare – non importa se per un breve istante – gli artigli draculeschi della Falsa Madre dall'angelico petto dell'Uomo non robotico, al quale essa brama di strappare il cuore e mangiarlo caldo, a grandi morsi ferini, tra il sangue e la bava a colarle dal labbro schiumante, occhi a esoftalmo alieno fisso al niente.

Ma, in 1629 anni*, la Falsa Madre è riuscita solo a straziarlo d'unghiate a pelle, anche a carne però non abbastanza a fondo, l'Uomo non robotico, o noi non saremmo noi; né crediamo che potrà mai riuscire a svuotargli il torace, a fare orrenda caverna dove sostituire il divelto con una scatola ticchettante, convertendo ogni anima in anima d'insetto.

E non credano d'ingannarci, intanto, le mantidi spietate, sbandierando le proprie opere pie: è mascherata, è copertura, è fumo. Noi sappiamo. Per ogni miserabile cui date un pezzo di pane, c'è un pezzo di pane che rendete miserabile. Cioè una persona buona che diventa cattiva, captiva, captiva diàboli, abbracciando in buonafede una fede il cui unico scopo è distruggere il dio che è in ogni essere umano, asservendolo al grande niente che chiamate Dio. Ciò affinché dal gioco doloroso possano trar piacere quei Signori che sono i primi schiavi di sé stessi: i vestiti di porpora e di tenebra.



L'illustrazione superiore è La piovra vaticana, del 1923, di Giuseppe Scalarini (1873-1948). Lo sappiamo, è abusata; ma usarla ci fornisce l'occasione di svelarne, a chi ciò prima ignorasse, autore e datazione.

* Tanti ne sono passati dall'editto di Tessalonica, con cui Teodosio I et alii dichiararono il cristianesimo religione di stato dell'impero romano.

11 agosto 2009

Cosa accomuna Palasciania e Torchwood?

Cosa accomuna la sede capuana dell'Accademia Palasciania e la sede londinese dell'Istituto Torchwood*? una lampada. La lampada che tuttora fa luce allo scrittoio di Marco Palasciano, argentea lampada a disco risalente agli anni '70, si ritrova tale e quale nell'universo doctorwhoesco-torchwoodesco; si veda per es. il dodicesimo episodio della seconda stagione del nuovo Doctor Who (2006):


Ma già un esemplare della stessa lampada si era visto presso un ospedale dove si analizzava una presunta creatura aliena, nel quarto episodio della prima stagione (2005):


Scordavamo di comprovare la presenza del fantascientifico oggetto di scena sullo scrittoio palascianesco; caviamo dunque dall'archivio dell'Accademia la foto in cui la lampada è più in campo, risalente allo scorso 21 maggio, e ritagliamo.


Non è meraviglioso tutto ciò? :)
 



* L'Istituto è finalizzato all'investigazione di eventi riguardanti gli alieni, nonché all'utilizzo delle tecnologie aliene recuperate. La sede londinese è andata distrutta a séguito dell'invasione dei Ciberuomini della Terra parallela, che vennero sulla nostra al séguito dei Dalek precedentemente confinati nel Vuoto dai Signori del Tempo. Per la sede di Cardiff vedi qui.