3 luglio 2010

[Commenti a «L'Officina dei Canti: il resoconto»]

#1  03 Luglio 2010 - 20:26
Un vivo ringraziamento all'eccezionale Marco Palasciano che con le sue rime ma ancor prima col senso innato di profonda conoscenza dell'animo umano è riuscito a garantire all'evento, un importante apporto e premiante attività. Auspico che il bel gruppo formato possa essere ben predisposto per iniziative simili e collaterali e che si renda disponibile alla selezione dei testi del concorso internazionale. Mi pregio informare che ho inteso organizzare un party per celebrare il bel gruppo insieme ad altri amici. Nell'auspicare partecipazione, darò i dettagli nei prossimi giorni.
cordiali saluti e grazie ancora a tutti

Agostino Ingenito
utente anonimo [Agostino Ingenito]

#2  03 Luglio 2010 - 20:44
^_^ Merci, merci; monsieur c'est trop trop bon!
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#3  03 Luglio 2010 - 23:07

Ringrazio di cuore Marco e Agostino e mi metto a disposizione di ogni iniziativa culturale. Un caro abbraccio,

Antonio
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#4  10 Luglio 2010 - 12:09
Ma che belle leopardate! Invidiabile esperienza.
(Ho interpolato mentalmente "dilegui" in luogo di "s'acqueti". E' accettabile, secondo te?).
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#5  10 Luglio 2010 - 19:19
Mah, uhm, non ne sarei convintissimo. :) Cmq l'assonanza non ci stava male. Fra l'altro ho «Eros, perché tra lapidi mi segui?» a filigranarmi i pensieri da una dècade! O_o Sarà capitato anche a voi d'avere un endecasillabo in testa ...
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#6  10 Luglio 2010 - 23:41
(Dècade di giorni, intendevo, non anni.)
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#7  12 Luglio 2010 - 12:41
Ho avuto un endecasillabo del tutto inspiegabile che m'ha ossessionato per anni, ma è piatto e sembra un indovinello:
Può liberarmi un alito di vento.
Che non mi piace nemmeno (e sfido. A chi può piacere, 'sta fetenzia?). Avevo pensato di contestualizzarlo riferendomi ad una mosca intrappolata nella tela del ragno, che considera quanto poca sia la distanza dalla salvezza, se solo le circostanze congiurano a vantaggio nostro; ma non so perché l'idea mi deprimeva, e non l'ho mai concretizzata nemmeno in una quartina, e il verso ha continuato a girarmi nauseosamente per le circonvoluzioni.
Una mia amica di penna aveva scritto - si parla della fine degli anni Ottanta! - una pièce su Leopardi, di cui era intenditorissima, e Ranieri, che amoreggiavano. Me l'hai fatta tornare in mente.
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#8  13 Luglio 2010 - 03:35
Slurp! invitiamola, o fisicamente o virtualmente. :)
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#9  19 Luglio 2010 - 13:40
Quindici o vent'anni fa mandò la musa a stendere, ricordo il suo nome ma non ricordo affatto che m'abbia detto di aver piacere di risentirmi - allora: figuriamoci oggi. Inoltre, di molte cose m'inviò non solo fotocopie - all'epoca si scriveva e si spalava il letame a mano - ma persin gli originali; che io ovviamente custodii gelosamente tra le mie cose, finché scritti miei ed altrui finirono travolti nella rovina di mia casa.
Se trovo il nome in rete si potrebbe provare a importunarla, ma dev'essere stata spietata con le proprie cose.
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#10  19 Luglio 2010 - 13:45
L'ho trovata: è su faccimbocca. A parte che col caz che me l'amico, sono proprio vent'anni che non la sento, si potrebbe inventare una pièss del piffero, magari potrei fare qualche sforzo mnemonico per ricostruire il più possibile (ricordo distintamente che c'era una scena che Leopardi soffiava nell'orecchio di Ranieri, che gli diceva: "Non soffiarmi nell'orecchio, mi fai svenire"), e poi metterci il suo nome attaccato, a titolo di sgravio responsabilità.
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#11  20 Luglio 2010 - 03:31
Uhm...
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#12  26 Luglio 2010 - 11:21
No, eh?
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#13  18 Ottobre 2010 - 23:35
To'! Agostino Ingenito ci segnala, con ritardo ma con ardore, i due commenti che seguono, datati rispettivamente 5 e 6 luglio 2010, di due "gentili" signore o signorine, scriventi sul forum del Centro nazionale di studi leopardiani. Commenti («indecorosi», dic'egli) riferiti tanto al nostro articolo qui sopra, L'Officina dei Canti: il resoconto, quanto all'Officina stessa, e a tutto il nostro porci. Anzi, chiariamo la nostra posizione: a tutte le nostre perle.

CARMELINA: A me sembra soltanto una pagliacciata indegna e grottesca. Non mi sorprende che abbia avuto successo, visti i tempi correnti, in cui banalità e volgarità imperano incontrastate.

LAURA: Mamma mia, Carmelì, sono entrata anch'io nel sito e ancora non so se devo indignarmi o sganasciarmi dalle risate, e poi, un modo di esprimersi così grottesco... ma chi è l'autore? parla così anche quando sta normale? Io spero che quest'associazione si sciolga e non perseveri nel dare questi spettacoli decadenti e ridicoli.

Dinanzi a tali giudizi, d'una miopia commovente, anche noi non sappiamo se dobbiamo indignarci o sganasciarci dalle risate.
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L'Officina dei Canti: il resoconto

Meravigliosamente in Napoli si è svolto l’evento celebrativo del 212° genetliaco di Giacomo Leopardi, a cura della già collaudata l’anno scorso triade Associazione Leopardi + Accademia Palasciania + Libreria Treves (rispettivamente rette da Agostino Ingenito, Marco Palasciano, Rino De Martino), con tanto di patrocinio del Comune di Napoli, fornitore di sedie blu e pedana moquettata d’azzurro.

A insediarsi e impedanarsi, la sera del 29 giugno 2010, in piazza del Plebiscito, è convenuto uno scelto insieme di giocatori, giudici, lettori, cultori e piú o men cólti spettatori. Al pubblico s’è chiesto, in primis, d’ideare – affatto liberamente – i temi fra i quali poi scegliere a caso quelli sui quali far sviluppare improptus in endecasillabi e settenari ai verseggiatori coinvolti nel giuoco dell’Officina dei Canti: Edgardo Bellini, Antonio Maggio, Marco Palasciano, Daniele Ventre.

Altri che questi quattro, da tutta la Campania, non hanno potuto o voluto presentarsi all’appello di Calliope. Riportiamo, a parziale illuminazione del mistero d’una tale tetrailuría ovvero quattrogattaggio, due brani da altrettante lettere gentilissime pervenute al nostro presidente-monstre – prima della festa – da parte del partito dei leopardisti di ferro:


Personalmente non sono d’accordo con la tenzone poetica. In questo senso mi sento poco medievale, credo che ci sia bisogno d’intimità per comporre e tempo per far lievitare la parola poetica. Penso che anche Giacomo sia dalla mia parte.

Ribadisco la mia simpatia per te e la mia stima per ciò che fai – pochissimi sono brillanti e competenti come te –, ma anche il mio disappunto per la tenzone poetica scelta per festeggiare l’autore dei Canti, l’amatissimo Giacomo Leopardi. Sarebbe stata piú indicata per ricordare un Marino e pure un Palazzeschi.

L’anno scorso vi fu scandalo immenso, d’altro canto, dinanzi all’operazione folle compiuta dal Maestro Palasciano sui Canti leopardiani: ritagliò tutti i piú “carini” e ne cucì insieme i ritagli, frankensteinianamente!, rimontandoli a formare – per cosí dire – un unico ipercanto (dove, a esempio, si saltava dal «rimembrar delle passate cose»* a «Silvia, rimembri ancora», e dal «biancheggiar della recente luna»** direttamente a «Che fai tu, luna, in ciel?» per attaccarsi quindi al posar della luna «queta sovra i tetti e in mezzo agli orti»***), ipercanto cui diede lettura – per giunta – in istile espressivo non sempre a Leopardi congenialissimo, per esempio interpretando A Silvia come un sottilmente crudele persiflaggio alla poveretta e ai suoi ingenui, fragili e infine franti sogni, quasi quasi un sadico A Justine... E però che epifanici rimbombi, nella piazza, fin in faccia al Vesuvio, a abbrividirci, volando certe tranche di La ginestra! Che immedesimazione! Quanto ci piacque, anche, la resa di quell’inveire di Saffo contro il suo amore ingrato****!...

Ma torniamo allo show 2010; il quale, va detto, ha decisamente e recisamente divertito e appagato (altro che epatoclasti poetry slam) tutt’i presenti: scriptores, e lectores, e auditores. Questi i temi pescatisi dall’urna*****, nel corso della gara, un per ciascuna delle cinque manche:


1. Gomma da masticare
2. Un foglio bianco
3. Essere antileopardiano
4. La dichiarazione dei redditi
5. Eros

Questi invece i diciotto temi rimasti dormienti nell’urna: Albero, Amore disperato, Anima, Aquila, Cappello, Carattere dei napoletani, Fiore, Il Sud, Isola, Le maschere dei poeti, Malattia, Numero 5, Sogno, Stelle, Suola, Un sorriso, Vesuvio, Volo.

Di volta in volta, mentre i giocatori componevano, si sono letti al leggío vari Canti di Leopardi, funzionanti in luogo d’una clessidra per uova à la coque. Lettori: Claudio Finelli (A Silvia e Sopra il ritratto di una bella donna scolpito nel monumento sepolcrale della medesima), Pina Lamberti Sorrentino (La sera del dí di festa + A se stesso), Lucia Ióvino (Il sogno), Laura Patrizia Cagnazzo (Alla sua donna).

E cosí, con ogni volta circa tre minuti a disposizione, senza praticamente il tempo di tornare indietro a limare né meglio interrelare i versi, i versaiuoli in gara hanno deposto, come insette in travaglio moribonde, temerarie abortuova come questa:


Gomma da masticare

O gomma che t’attacchi alla gengiva,
causando pena ohimè nonché fastidio,
disturbando il mio canto misolidio
e rendendomi priva
l’anima d’ogni lepido sollazzo,
gomma, perché natura è sí meccanica,
e non segue il mio velle,
e ogni ragione umana, par, repelle?

E che dire di quando non la bocca
fastidisce, ma il manto stradal tocca
la tua sostanza refrattaria al senno,
e l’intride, e fa macchia
che nei secoli mai non leverassi?
e tu sotto i miei passi
alle suole t’attacchi. O gomma odiosa!
t’odio, pur quando il tuo colore è rosa.

O questa (del medesimo autore, in attesa che gli altri ci spediscano le loro, delle quali pubblicheremo un florilegio in un prossimo post, in ulteriore attesa che si stàmpino in libríno tutt’i testi):


Eros

Eros, tu forza prima
dell’universo! pure sul ritratto
di quella bella donna là scolpito
nel monumento sepolcrale, slurp,
leggo segnali, tutta una semantica,
che stimolano il mio velle vizioso,
sí che non posso far star fermo il coso,
e tuttavia poiché
il luogo è questo, occorre che s’acquieti;
Eros, perché tra lapidi mi segui?

Mi sa che devo andare
da un terapeuta, che argini un tal mare
di voluttà che l’anima mi guasta;
ahi, perché aver non posso vita casta?
O servitú! però, l’è deliziosa;
ve n’è di peggio, certo…
onde lagnare troppo non mi posso
di quest’eterno mattutino osso******,
morning boner, com’usa dire l’anglio.
E a strangolarmi è dolce questo ganglio.

O questa, che è quella che ha ricevuti piú applausi:


Essere antileopardiano

Leopardi mio, che noia,
in te non vedo un’ombra né di gioia
né d’ironia! Lo so, son miope, è vero;
in te vedo soltanto il cimitero,
non il giardin, non l’oasi di pensiero;
ma lascia ch’io mi crògioli
nella facile cosa,
lascia che la mia mente resti ’nfosa
di quella voluttà che alberga in chi
mai della vita il nòcciolo capí,
e della scorza s’accontenta e gode.

Leopardi, t’odio; il genio tuo mi rode;
ti sminuirò finché mi resti fiato;
e non vi sembri ingrato
il mio fare; son solo
uno che sta a sguazzar nel proprio brolo,
nel proprio cretto inetto e cretinetto,
e gretto, e cosí via.


È risultato vincitore del giuoco dell’Officina dei Canti, infine, l’autore dei tre soprariportati esempi, il Maestro Palasciano, con 380 punti, contro i 315 del Maestro Bellini, i 240 del professor Ventre e i 127 del dottor Maggio. Ma va detto che il sistema d’attribuzione dei punteggi, basato in grossa parte sulla quantità dei versi, è risultato premiare soprattutto la velocità compositiva, piuttosto che la qualità letteraria (almen secondo il gusto dei giurati); talché il Palasciano, vero Pennalesta, ha additato il vincitore morale nel Bellini, quest’ultimo avendo ricevuto piú «V» dalla giuria (vedi regolamento, a piè del post precedente). E Ingenito ha premiato tutti e quattro con la nomina a giurati del Premio Leopardi, che partirà a settembre, con tanto di gettone di presenza.



Marco Palasciano introduce l'Officina dei Canti. In prima fila sono le tre giurate,
con al centro Pina Lamberti Sorrentino, in abito leopardato in onor di Leopardi.

A chiudere in bellezza, Palasciano ha recitato Il sabato del villaggio, cosí come in apertura di serata aveva dato lectura del frammento «Odi, Melisso: io vo’ contarti un sogno» e dei canti Alla luna, L’infinito e – per passare in breve, indi, alla gara – Scherzo, stando il testo di quest’ultimo a origine del nome Officina dei Canti, e stando il leggerlo a sottolineatura del fatto che, mancando il tempo, sarebbe pur mancata ahimè la lima.

E l’anno prossimo? Claudio Finelli avanza al microfono una proposta shock: trattare dell’omosessualità di Leopardi (che in Napoli faceva quel che Pasolini a Roma) e del complesso rapporto tra il poeta, follemente innamorato, e l’eterissimo e fin troppo razionale Antonio Ranieri. Quel ch’è certo, è che s’è ormai presa una bella avviata; e che nessuno potrà osare dire che sian cosa noiosa (non a Napoli, perlomeno) le celebrazioni leopardiane.



* Alla luna, 15.

** Il sabato del villaggio, 19.

*** La sera del dí di festa, 2.

**** Ultimo canto di Saffo, 58-62: «E tu cui lungo / amore indarno, e lunga fede, e vano / d’implacato desio furor mi strinse, / vivi felice, se felice in terra / visse nato mortal».

***** Stessa urna adoperata, a novembre scorso, nel giuoco del Laboratorio musicale; vedi qui.

****** In inglese, per l’esattezza, osso dicesi bone; boner vale, gergalmente, pene eretto, errore grossolano (cfr. il nostro cazzata) ecc. Qui una simpatica video-lezione sul come prendersi cura del proprio morning boner.