lunedì 15 marzo 2010

Musa della pittura: perché manca?

Un nostro accademico curioso ha rivolto al colendissimo professor Daniele Ventre questo quesito: «Come mai le Muse non coprivano tutti i campi dell'arte e delle più nobili pratiche? Pare strano che manchino una Musa della pittura, della scultura, ecc.; quanto alla filosofia, da una parte leggo che Polimnia ne era la Musa, da altre risulta solo essere la Musa della retorica e della musica vocale, altrove ancora è detta Musa degli inni religiosi e basta». Ventre dunque spiega come mai non c'è la Musa della pittura, ecc., col post che segue, cui aggiunge due postille.


Il fatto è che le Muse, in origine, erano una versione della dea madre una e trina: erano tre, in effetti. Aoide (canto), Melete (cura, esercizio), Mneme (memoria), secondo Pausania. In alcuni luoghi della Grecia (Lesbo) le Muse erano sette. Solo con Esiodo diventano nove.

Per di più i nomi esiodei sono nomi parlanti legati al solo canto: in altre parole: si tratta dello stesso principio divino (la dea della men-te o forse dei mon-ti: *Mon-sa, da cui il greco Mousa, Moisa) declinato nelle sue varie funzioni. Si potrebbe notare la concordanza del numero delle Muse col numero delle armonie (tre: nete, hypate, mese, cioè, lieve, somma, mediana) o col numero delle corde (l'eptacordo di Lesbo).

Cicerone* nomina altresì una quarta Musa, forse altro nome di Calliope: Thelxinœ (che incanta la mente). Probabilmente anche i nomi delle sirene (almeno quello di Ligeia, la Sonora) sono presi a prestito da un inventario semantico di nomi da Musa.

Il numero nove delle Muse esiodee sembra invece raccogliere, all'interno di una cifra magica, multiplo di tre, tutte le forme che la poesia, quando è poesia, deve avere: la bella voce del canto (Kalliòpe) porta la gloria (kleos, da cui Kleiò), è fonte di godimento (terpsis, da cui Euterpe), anima le feste (thaliai, da cui Thaleia, la fiorente), è intessuta di melopea (molpè, da cui Melpomene), moltiplica i suoi inni (Poly-hymnia), giunge fino al cielo – o è di nautra celeste, cioè divina – (Ourania, da Ouranòs), è intrisecamente amabile – dotata di amabile voce (eperatos ossa, da cui Eratò, che di per sé non ha a che fare un piffero con la poesia d'amore), ed è infine godimento della danza (Terpsi-khore).

Ovviamente, nel catalogo esiodeo, è Calliope la più gloriosa fra tutte. Un gioco di parole omerico, ai vv. 602 ss. dell'Iliade (ameibòmenai opì kalè: spiegando alterne la bella voce) fa intuire che Calliope fosse già allora il nome della theà (dea) invocata nel proemio.

In buona sostanza, le nove muse esiodee sono le potenze che animano il buon canto in tutti i suoi attributi: ma Esiodo, che vive nell'età in cui l'oralità primaria ha appena cominciato a fissarsi nella scrittura, queste potenze le intende, per forza di cose, come personalità agenti. Molto più tardi, nell'età della prosa che caratterizza la grecità tarda, i retori parleranno di ideai logou, di forme di stile del discorso (Dionigi di Alicarnasso, Ermogene).

Il generale passaggio dagli dèi alle idee, che secondo Havelock si compie nell'evoluzione da Omero a Platone, si traduce, nel più ristretto àmbito della riflessione metaletteraria, in una transizione faticosa dalle Muse alle forme dello stile.


POSTILLE

1. Il che vuol dire che non poteva esistere una Musa a cui pertenessero, direttamente, le arti figurative, connotate peraltro – per il loro commercio con la materia – da un elemento di banausia.

2. Ti metto i versi della Teogonia da me tradotti, con l'accento giusto (alla latina):

Questo cantavan le Muse che hanno le case d’Olimpo,
le nove figlie che a Zeus già erano nate, a quel grande,
Clio ed Euterpe, nonché Talía e Melpòmene, e poi
anche Tersícore, ed Èrato, e inoltre Polinnia ed Urania,
quindi Callíope; ed è costei la più illustre fra tutte.
Già, poiché ella si fa compagna dei re venerati.

Theog. 76-80

La traduzione della Teogonia, ancorché compiuta, è ancora in fase di revisione parziale. Perciò, se gli esametri ritmici sembrano legnosetti, mea culpa.



* De Natura Deorum, III, 54: Iam Musæ primæ quattuor Iove altero, Thelxinœ, Aœde, Arche, Melete; secundæ Iove tertio et Mnemosyne procreatæ novem; tertiæ Piero natæ et Antiopa, quas Pieridas et Pierias solent poetæ appellare, isdem nominibus et eodem numero, quo proxumæ superiores».

5 commenti:

Anonimo ha detto...

non ho mica capito perche non c'è una musa della pittura. Sembra più la spiegazione dell'origine delle 9 muse, ma non spiega perche non ce ne fossero ad esempio altre 9 per le arti figurative...

Michele ha detto...

Infatti. Sarà pure il post più visitato del blog (apperò!) ma quanto a esaustività se la gioca con gli altri...

Anonimo ha detto...

In nota:

non poteva esistere una Musa a cui pertenessero, direttamente, le arti figurative, connotate peraltro – per il loro commercio con la materia – da un elemento di banausia.

Anonimo ha detto...

Estremamente dotto, ma non rispondente al quesito; è molto grave.

Anonimo ha detto...

Spero di non sembrare troppo banale dopo un post del genere, ma so che per greci e romani, fino a oltre la caduta dell'impero romano d'Occidente gli "artigiani" (compresi pittori, scultori, architetti, e chiunque compiesse lavori manuali) erano considerati tutt'altro che come artisti! Erano anzi trattati come semplici manovali, lontani sia dalla filosofia che dall'ozio (inteso come otium letterario). In quest'ottica sarebbe stato del tutto insensato dedicare a queste pratiche (che solo secoli dopo saranno riconosciute come arti) la protezione di una musa. Basta pensare che fino all'Ottocento non c'era l'usanza di firmare i quadri!!