(Diversamente che nell'altro post, non coloriamo le parole-rima; sia perché ci sarebbe tedioso farlo ognora, sia perché ormai grazie alle colorature precedenti dovreste aver capito come va costruita una sestina, se non siete imbecilli.)
Marco Gratisanti
SESTINA
«LA VERITÀ, INVER, MAI
FU NE L’OMBRA»
La verità, inver, mai fu ne l’ombra, Ma inver talvolta tutto pare un gioco Che l’essere e il contrario son un eco Abisso tra infinito incontro al buio Ove è lasciata cader una rosa Senza colore, ignuda, e senza nome. Non si sofferma troppo sullo nome L’imago che di me ride nell’ombra Da sola a levar petali alla rosa Incominciando un maledetto gioco Urlando come demone nel buio Che, piano, pensa di parlar con l’eco. Senza alcun genere dimena l’eco** Nell’Ade insieme ad altri Senza Nome. Ancora piano, brancolo nel buio Tendendo e insiem temendo che oltre all’ombra Che forse senza luci fletto al gioco Mi sia gittato dardo come rosa. Colorata di sangue è questa rosa Ma’* aulentissima o fresca come l’eco Lungi in un altro tempo come gioco Bisbiglia Amore e un mai sentito nome Che imagino sia inciso qui nell’ombra Ma non posso vederlo perché è buio. Dunque s’acqueta tutto dentro al buio Svanisce nell’empirico anche il rosa Assiem all’altre conoscenze in ombra Che sono evanescenti come l’eco, E di per sé non sono altro che nome Dall’umano sapere messe in gioco. Sembra quasi finire questo gioco, Come in quel delle carte aperto al buio, Obliato ho già di tutto anche ’l mio nome, E sembra senza petali la rosa; Rimane sola in questa grotta l’eco Sfinita a dialogare con un’ombra. Ora ti parla l’ombra, stai un po’ al gioco: Non ti spaurar di quest’eco nel buio, Che sono della rosa il vero Nome. |
Daniele Ventre
SESTINA
«SPETTRO DI FORME
A RAGGIRARE
GLI OCCHI»
SESTINA
«SPETTRO DI FORME
A RAGGIRARE
GLI OCCHI»
Spettro di forme a raggirare gli occhi, per la specie riflessa in acqua o in vetro, spesso inganna la mente al poco giorno, come per vista a cui receda fuoco, o per raggio disperso orma di luce, ove a nube si tenda arco nei cieli: ombre che mira chi, fra opachi cieli, a remota foschia spinga i suoi occhi. Ben così da un ambiguo orlo di luce slittano sguardi per obliquo vetro che distolga dal vero il fatuo fuoco dei volti dileguati al tenue giorno. Sì potresti cercare il rado giorno d'alcuna verità che schiuda ai cieli le ragioni incantate al sacro fuoco cui distillano angosce, esuli, gli occhi: già più non ne otterrai che, elusi in vetro, fiochi fantasmi di scomposta luce. Non c'è, per noi, che la mentita luce della falena al simulato giorno, se al destino l'attrae lampada in vetro, distoltane la via dai noti cieli: tanto, a quel sole falso, offusca gli occhi, che nel sogno si perde, esca per fuoco. Perciò non consumarti al vano fuoco che seduce la mente a vuota luce; o troppo avverso ferirà i tuoi occhi, per odioso risveglio, un truce giorno; troppa violenza s'ha da fare ai cieli, perché s’aprano a te limpidi in vetro. Ben ti vedrai tu mosca arresa in vetro, se non ripari a più modesto fuoco; nitido osserva quei remoti cieli piegata al senno la smagata luce: ben tu conoscerai che vano giorno in fredda alba a miraggi illuda gli occhi. Così calore d'occhi o freddo vetro nel breve giorno ci delude, il fuoco di scoprire altra luce ai muti cieli. |
Marco Gratisanti
SESTINA
«EDENICO CANTORE,
PUR SENZ’OCCHI»
Edenico cantore, pur senz’occhi, Potrei sentire l’alma chiusa in vetro, Ma che risplende come in pieno giorno E che può trasformar gelido fuoco Senza necessitare della luce, Perché essa sempre ascende sopra i cieli. E non furono mai sì chiari i cieli Come gli accenti partiti dagli occhi Che alle palpebre chiuse copron luce Sebbene s’indovini dietro il vetro E con il Sol dall’altro, caldo il fuoco Sopra gelide membra incontro il giorno. In questi tempi equinoziali il giorno Che per metà ci mostra sopra i cieli Calma notturna in buio, e vivo fuoco, Ambedue facce stesse prive d’occhi, Come incantato nella sfera in vetro Pare, ed intorno i fiori a dire luce. Anche se poi non v’è di molta luce Da dilicati fiori intorno al giorno Adorna, in annerito al fumo vetro, Che quasi niente più volgiamo ai cieli, Causa nera foschia ch’asconde gli occhi E lascia ’maginare solo il Fuoco. Ma vengono dei fuochi uniti in fuoco Che vita danno a speranze di luce, E luci di persone, ovvero gli occhi, Anche di notte vedono un bel giorno Che durerà in eterno oltre quei cieli Guardando stelle pure senza vetro. Non v’è più sabbia qui per fare il vetro, E non v’è freddo, eppure non v’è fuoco. Che sia salito alfine sopra i cieli Poiché circonda ogni cosa la luce Che tutto intorno è Sempiterno giorno? No, non c’è inganno, e vedo con altri occhi. Sette occhi che son spirti in chiaro vetro Ritti lì al trono di Giorno e di Fuoco Parlano Luce. Non son muti i Cieli! |
* Mai.
** Verso cacoritmico, che il Maestro Palasciano suggeriva di correggere in «Senza genere alcun rimedia l'eco».
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