PALASCIANO
Io che al sen delle Muse eppure poppo, non intesi qui il succo! Sarà il sonno? O che cavare succhi non si ponno da frutta cluse in scorza croia troppo? La prego allor di sciogliere l’enimma, come si scioglie ciò che il drudo rimma al cinedo di cui fa poi l’ingroppo, così che per più molle e liscia via possa scorrer l’intelligenza mia e superare il momentaneo intoppo. |
LEGATORE
O Palascian, t'ottunde i sentimenti invero, il Sonno! Allèttati, ch'io sorgo; la notturna cuffietta, to', ti porgo. Il Senile ci fa i suoi complimenti, semplicemente, poi che si compiacque di come in noi Virtù sempre si giacque, fin nella rissa, che le nostre menti non annerò: la rissa anzi si tinse del lor aureo color. Ciò lo sospinse a lodarci; ond'ha i miei ringraziamenti. |
PALASCIANO
Bene! anch’io lo ringrazio. E perdonate se mi s’è obnubilato il comprendonio, e se talvolta tendo più allo ctonio che all’uranio e non ho parole alate né pensieri ma àpteri e che al chakra tèndon imo, ove tutto si dissacra. Pseudoaldo chiarissimo, vogliate gradir di me e del giovin Legatore il benvenuto in queste morte gore, ove spero ore lepide viviate. |
SIMONELLI
Spalàsciami da dentro, erutta tutto, mediocrìzzami come col clistere. Lo dice anche Tiziano: sere nere. Mi digerisci. Poi produci un rutto, un flusso d'aria, un soffio, un verso snob. E' metodo e respiro, è blow job angelico, serafico, di putto. Non è tanto diverso da un film porno. Adesso vado, poi ripasso, e torno. Mediocre me! Finisco. Ho detto tutto. |
PALASCIANO
Tre mostri ho ahimè creat'oggi, caro diario: la decina di forma abbaccaddà; l'introduzione dell'oscenità più fonda, l'anilingus, nel temario della poesia italiana; e l'expositio di Simonelli, alfiere d'ogni vizio. Oh, s'io potessi con un salto icario trarmi fuori da un tal teatro tetro! Ma mi sa che riandar non si può indietro, se non come il tafano al tafanario. |
* La seguente, in endecasillabi e settenari rimati e liberi. Poco ci piace, in essa, l'eccessivo ricorrere di tratti arcaizzanti non funzionali alla metrica, e alquanto affaticanti la lettura; ma pazienza: meglio costui che i poetastri dismetrici e ocloglotti.
UN UMILE GIUDICIO
Un Viandante Notturno è a favellar (Premetto che Aldo Senile non sia Propriamente la mia Persona, ma cotesta è un’altra storia...), Care Madonne, cortesi Messeri Per avventura persi Lo motivo e li novi e abbietti versi Della bizzarra “Rissa In Osteria” (Or il Boccioni in vita avrebbe vita Dato, ispirato, a un altro grande quadro...) Nata in questa virtuale galleria. Il legato re delle Bone mani e re delli giudicii Pacer esser avria da a regalare Giuste note e somme ire relegare A coloro cui slavi Ne sono. Abbia passione lo giudicio ’Mperadore, sia lungi L’aura d’Alma spogliata Di persona, naturale tornata (E alla fera sommessa). Diverse e tante fiate “Di vil matera convene parlare”, Il trobador esser può claro o scuro, Ma ha da saper poetare. |
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