30 marzo 2010

Dalla palestra una sestina doppia

asterDa L'aurea palestra dell'endecasillabo riportiamo una quarta sestina di Daniele Ventre, che presenta due particolarità: parole-rima greche e, soprattutto, il ripetersi del loro ciclo, cosicché raddoppia il numero delle strofe.



PALINODIA
AD HAGIOKHARIS


Tutto il potere elogerà del logos,
d'intepretare ogni più limpido ethos,
chi dispiega ali pronte oltre la physis;
pur, nel piegarsi alle angherie del nomos,
ripeterà, con angoscioso pathos,
l'autismo patologico dell'hybris.

Perché davvero questa è follia d'hybris,
presumere che in sé possegga il logos
forza bastante ad arginare il pathos
per cui l'uomo traligna dal suo ethos,
abbandonando l'ordine del nomos,
a folli disnomie nate per physis.

Questa violata verità di physis,
genera dal suo grembo orrida l'hybris,
per cui non si contempla ordine o nomos,
e ricade in follia, discorde, il logos,
così che un volto falso offre a te l'ethos,
per l'etica anestetica del pathos.

Forse in vuote parole senza pathos,
rinnoverai la vita della physis?
Forse riemergerà più schietto l'ethos,
per sottile o palese che sia l'hybris?
Forse infine saprà tornare il logos,
nella logica organica al suo nomos?

Legati a un alter ego imposto al nomos,
ahi, soggiaciamo a un nebuloso pathos;
torna per noi così carcere il logos,
stritolando gli impulsi della physis;
così cediamo al fervere dell'hybris,
ibridi inclini a una finzione d'ethos.

Per la fallace ambiguità dell'ethos,
nei canoni prescritti ormai dal nomos,
domina su di noi virtuale un'hybris
per cui non si ritrova requie al pathos:
poco ti giova avvincere la physis
fisicamente a duplicare il logos.

Slogo la mente a mentovare un logos
ventrepercetto in verità dell'ethos,
segnandola 'per verba' contro physis;
veleno mi varrà violare il nomos,
ma darò almeno ultimo sfogo al pathos,
senza patire colpo o assalto d'hybris.

Perché questa realtà pervasa d'hybris,
smarrisce ormai l'autorità del logos;
senza misura si abbandona al pathos
e non possiede norma o senso d'ethos;
tanto poté la vacuità del nomos,
di fronte all’anomia di questa physis!

Il centrifugo abisso della physis
ci spinge alla deriva ardua dell'hybris:
non troverai più difesa nel nomos,
tu che non hai limpidità di logos;
nulla potrà, pur multiforme, l'ethos,
sull'antietico emergere del pathos.

In altra età dall'armonia del pathos
s'ebbe palese un cardine alla physis,
a rimarcare i palpiti d'un ethos,
a respingere via dall'ego l'hybris,
relegata nei cardini del logos
a fondare la logica del nomos.

Ma se tanto mutasti dal tuo nomos,
come in altri saprai sedare il pathos?
Come dimostrerai la via del logos,
se tu stesso alterasti la tua physis?
Come per te si lotterà con l'hybris,
se ibridata è per te quest’ombra d’ethos?

Più schietto, meno scaltro, io più scrio d'ethos,
evoco forse il fantasma d'un nomos
che non mi scampa alla follia dell'hybris,
pullulante qual idra al fiero pathos;
così nel degradare della physis
fisicamente affiochisce il mio logos.

E si oblitera il logos nudo d'ethos,
chinandosi alla physis senza nomos,
perché nel pathos resti ibrida l'hybris.

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