11 ottobre 2009

Intorno a un verso di Giovanna Bemporad [Commenti a «Una foto dal Premio Girulà»]

#1  11 Ottobre 2009 - 12:55
Una richiesta che mi scuso se è fuori luogo:

Sempre al mio fianco sta l'ombra che illumina

Caro Marco Palasciano, Lei che ne ha letti più di me, e di me più sa, sa, anche, dirmi se e in che modo quello sopra riportato può rientrare nel novero degli endecasillabi? A me pare di no, ma essendo il verso di Giovanna Bemporad, dedita in total modo all'arte dell'endecasillabo, mi pare, anche, strano.

Isak
utente anonimo

#2  11 Ottobre 2009 - 14:52
Gentile Isak, benché io non sappia se ella abbia letto davvero meno libri di me - o se al contrario abbia letto più libri, ma li abbia letti meno intensamente - ringrazio del complimento e rispondo ratto: è un endecasillabo normalissimo, della classe di quelli con accento in I, IV, VII, che mi pare si chiamino dattilici; esempio famoso ne è il dantesco «Cerbero, fiera crudele e diversa».

Ma volendo si può anche leggere come un endecasillabo a maiore con cesura maschile tra VI e VII sillaba, accentando fortemente «sta» e in tal modo dividendo il verso in due emistichi, sul modello dell'ariostesco «Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori».

La scelta tra l'una e l'altra esecuzione sta al gusto del lettore; io, per me, visto il soavissimo tono del verso, propenderei più per l'a maiore che non per il dattilico, forse troppo cantilenante; o forse no: dipende dai versi circostanti. Ossequi alati.
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#3  11 Ottobre 2009 - 15:46
Grazie sentite alla Sua persona, gentil Palasciano. Io credea che la divisione in sillabe portasse al conto di dodici (Sem-pre_al-mio-fian-co-sta-l'om-bra-che_il-lu-mi-na), ma forse "che_illu" è da leggersi come sola, o così almeno mi pare di capire.

Credo trattasi di dattilico, così i versi circostanti sembrano confermare, e non posso illustrare, ché d'inedito si tratta.

Ossequi riposti.

Isak
utente anonimo

#4  11 Ottobre 2009 - 16:24
Ma infatti, lì le sillabe sono esattamente dodici; e ben assurdo sarebbe leggere il bisillabo «cheillù» come un'unica sillaba «clù». Come le venne in mente? O ebbro delirio!

La definizione di endecasillabo, nella metrica italiana, non è «verso di undici sillabe», ma «verso in cui l'ultimo accento cade sulla decima sillaba».

(Mi sbalorda che questa semplicissima nozione non sia universalmente conosciuta. Cosa diavolo insegnano i professori d'italiano, in queste sventurate scuole italiche? Ma allora fa bene, la crudele Gelmini, ad accismarne tanti?...)

Perciò, quando è endecasillabo piano, ha 11 sillabe; ma quando è tronco, ne ha 10; e quando è sdrucciolo, 12; bisdrucciolo, addirittura 13; ecc.; e tuttavia rimane endecasillabo.

Quanto a me, non conto mai le sillabe, giacché basta l'orecchio. Per educare il quale basta leggere, perlomeno, da cima a fondo Dante.
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#5  11 Ottobre 2009 - 16:52
Ah, grande vergogna in me, ora ricordo tutto, non è complice la mia povera insegnante dell'ITIS, colpa forse è dell'ambiente becero e ignorante di cui mi circondai, mi incoraggia tuttora a obliare le sante nozioni della lingua italiana.

Ancora più grazie a Lei, o esimio Palasciano.

Isak
utente anonimo

#6  11 Ottobre 2009 - 17:52
Prego, prego; humare erranum est. :D
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