Illustrazione da Athanasius Kircher, Obeliscus Pamphilius, 1650, pag. 244. |
Attori e parti principali, nei due giorni di recite: Orfeo è stato interpretato da Angelo I. (anche Euridice e Speranza) e, in più scene, da Alessio Vinicio C. e da Marco P. (anche Musica, Speranza e Apollo); Silvia da Anna Maria De M. e da Margot T. (anche Euridice e Caronte); Plutone da Italo B. (anche Caronte) e da Fabrizio C.; Prosèrpina da Rossella G. e da Roberto A.; un po' tutti hanno interpretato Ninfe, Pastori, Spiriti infernali e Baccanti.
La puntata n. 8 e relativa replica (tema: vedi qui) si terranno – sempre gratis – l'una domenica 6 aprile alle ore 18.30 nel Palazzo della Gran Guardia (Capua, piazza dei Giudici), sede dell'Associazione Pro Loco, e l'altra lunedì 7 aprile alle 21.30 in altra sede, la cui ubicazione potrà essere conosciuta dalle persone interessate telefonando o inviando un sms al 3479575971, o contattando Marco Palasciano in facebook.
La puntata n. 7, intanto, è consistita in una lezione-spettacolo dedicata a Euterpe, musa della musica, associata al cielo di Giove, più una serie di giochi e improvvisazioni musicali. Di séguito l'elenco degli argomenti trattati nella lezione e il resoconto di giochi e improvvisazioni:
Antiveduto Gramatica, La musa Euterpe, ca. 1620. |
Demetra sul suo carro tirato da serpenti. |
Ormai è iniziata primavera, dunque si narra il mito di Persèfone (per i romani Prosèrpina) rapita da Ade (Plutone) e ricercata da Demetra (Cerere). Si fa poi cenno all'armonia celeste secondo i pitagorici e alla corrispondenza tra Muse, sfere celesti e modi musicali secondo Franchino Gaffurio (vedi qui), nella cui relativa illustrazione del De practica musicæ (1496) è inoltre un serpentone cosmico che attraversa i cieli e giunge sulla terra; idem in una illustrazione dell'Obeliscus Pamphilius (1650) di Athanasius Kircher. In onore di tale serpentone, quindi, si sono coinvolti tutti gli astanti nel gioco fanciullesco della danza del serpente (più o meno come accade in questo video).
La Danza del serpente nella versione approntata da Palasciano, con qualche differenza rispetto alla versione classica (vedi qui). |
I Cureti fan chiasso mentre la capra Amaltèa allatta Zeus neonato. A sinistra la ninfa Adrastèa. |
Simmetria Mercurio/Giove: a Mercurio si è associata (vedi puntata n. 3) la letteratura, che descrive il mondo con le parole; a Giove si associano ora la musica e le altre arti compositive atte a descrivere il mondo senza parole. Come letteratura e musica si contendano il titolo di regina delle arti: la letteratura in quanto anello di congiunzione tra arte e filosofia, la musica in quanto fusione di matematica e sentimenti. Euterpe sulla Ruota assiologica: il settore Arte e Gioco. L'infanzia musicale di Zeus: i “concerti” dei Cureti. Zeus garante supremo del kosmos ovvero dell'armonia del mondo. Zeus padre di Apollo. Apollo padre di Orfeo.
L'armonia tra le menti e tra le anime
Ascolto e comprensione reciproci. Evoluzione mentale. La mente pacificata si armonizza col mondo e lo interpreta nel massimo nitore possibile. L'aumento della sincronicità junghiana dove vi sia armonia tra le persone, e la similitudine tra la loro condizione e quella delle anime nell'iperuranio palascianiano. Similitudine tra l'amore che connette le anime e il piano elastico su cui i metronomi si sincronizzano spontaneamente (vedi argomento aggiuntivo n. 2 della puntata n. 1 di Urna Maris barocca). La concordia delle anime permette il sussistere delle leggi dell'universo e l'esistenza stessa di esso: se essa cessasse, l'universo si dissolverebbe.
La diacronìa
L'eterno cluster totale dei qualia nell'iperuranio. Nel mondo materiale, cronotopico, i qualia assumono significato, diventando i segni di una sorta di linguaggio, a mo' di «verbo che si fa carne». La diacronia come ragion d'essere del mondo materiale.
La tematosfera
La vexata quæstio dell'estetica musicale. Lo spostamento della questione sul piano metafisico consiste nell'immaginare la tematosfera, il continuum ideale di tutti i temi musicali possibili. Il valore dell'atto compositivo è forse relativo al modo peculiare di ciascun compositore di estrarre dalla tematosfera i temi. Modo basso: per meccanica combinatoria. Modo alto: per ispirazione “divina”.
Il temperamento equabile
I suoni non esistono se non nella nostra mente. Il rapporto 1:2^n induce la percezione dell'identità di grado della scala musicale. Intervalli di ottava e di quinta. Le scale costruite in base agli armonici naturali non sono invarianti per traslazione. Il temperamento equabile e il suo simbolismo relativamente al superamento delle imperfezioni connaturate al mondo materiale. Paragone con l'Armonia Trionfante (vedi finale del post sulla puntata n. 8 di Urna Maris barocca).
A questo punto si sono tenuti gli esercizi di riscaldamento; vedi più avanti.
Claudio Monteverdi in un ritratto anonimo, ca. 1597. |
Ateneo di Nàucrati (II-III sec.), I deipnosofisti: «la sapienza antica dei Greci sembra essere legata soprattutto alla musica; e per questo giudicavano che il più musicale e il più sapiente fra gli dei fosse Apollo, e fra i semidei Orfeo». Il mito di Orfeo. Monteverdi e il passaggio dal Rinascimento al barocco. Il Combattimento di Tancredi e Clorinda (1624), «allegoria esemplare di come gli esseri umani si combattano e annientino a vicenda perché non sanno chi si cela dietro le rispettive maschere, e vedono un nemico là dove invece è qualcuno da amare». L'incoronazione di Poppea (1642), trionfo dell'eros (vedi qui gli atti I-II, qui l'atto III). Gli esperimenti di teatro cantato ai primi del Seicento e il progetto gonzaghiano (vedi qui). Il libretto di Striggio per l'Orfeo (1607) di Monteverdi (vedi qui l'opera completa). Le due versioni del finale dell'Orfeo: l'uno apollineo, l'altro dionisiaco.
A questo punto si è messo in scena un musical a cappella, una riduzione dell'Orfeo di Monteverdi improvvisata, in stile libero (inclinando soprattutto agli stilemi sette-ottocentechi, tra l'arioso e il recitativo, ma anche un po' al Novecento più o meno atonale, Sprechgesange incluso); vedi più avanti.
ESERCIZI DI RISCALDAMENTO
Ambulatio e morfasmo (versione del lapidario-erbario-bestiario)
Camminare per la sala. Se si incontra per caso lo sguardo altrui, sorridere «a 360 denti». A un certo punto ci si ferma, per immaginare d'esser pietre e conchiglie su una spiaggia deserta; seguono altre identificazioni immaginarie; ci si torna a muovere per la sala dal volo delle farfalle in poi. Sequenza delle metamorfosi:
La vittima prescelta● pietre e conchiglie su una spiaggia deserta
Metamorfosi di uno stormo di storni.
● alberi morti sotto un cielo cupo
● alberi in fiore nel sole («la stessa brezza muove tutti gli alberi; si pensi nel contempo alla parola ánemos, che in greco vuol dire sia anima sia vento»)
● bruchi nella crisalide, ciascuno appeso a un ramo dell’albero di prima
● sbucate dalla crisalide e siete farfalle; attendere che le ali si riempiano di linfa, quindi volare, prima basso tra gli alberi e le erbe, poi piú sú nel cielo
● uno stormo di storni (volando formano ellissoidi, toroidi ecc.)
● uccelli isolati: aquile che gridano o corvi che gracchiano
● calate sulla terra e vi mutate in galline chioccianti
● arriva una volpe rubagalline; chi essa acchiappa, si muta in volpe; la caccia continua finché non ci sono piú galline
● lupi che ululano alla luna
● scimmie
● protoumani del paleolitico
● umani moderni (camminare normalmente come al principio)
● umani postmoderni (correre stressati senza meta, tra urla d'angoscia e di crisi esistenziale)
Metà dei partecipanti sceglie una vittima nell'altra metà; si tiene un inseguimento al rallentatore, con la regola che nessuna vittima dev'essere raggiunta finché non si fermi. Le vittime, a un comando del mastro dei giochi, si fermano rassegnate contemporaneamente; di scatto gli inseguitori le raggiungono e abbrancano; ma «il sogno cambia» e si tratta non più di un assassinio, ma di un affettuoso abbraccio. Cercare di sentire il cuore dell'altro; immaginare come sarebbe se tutti i cuori nella sala battessero allo stesso ritmo; immaginare lo stesso in tutto il mondo.
I quattro temperamenti (variante musicale)
Camminando, esprimere tutti insieme con il solo suono (voce ed eventuali rumori prodotti dalle mani ecc.) ora serenità, ora tristezza, ora paura, ora aggressività, ora allegria, infine di nuovo serenità.
La ricerca dell'armonia
Tutti emettono una nota prolungata, diversa per ciascuno. Ciascuno cerca quindi di variare l'altezza della sua nota in modo da tendere tutti spontamente, andandosi incontro, a un'unica nota uguale.
Presentazioni cantate
Come altre volte, a ciascuno dei presenti, postisi in cerchio, il mastro dei giochi ha domandato: «Chi sei?», «Che fai di bello nella vita?», «Come ti senti in questo momento?»; ma stavolta occorreva rispondere cantando; anche le domande erano cantate. Ciascuno ha inoltre chiuso il proprio turno cantando una sequenza di note che tutti gli altri hanno dovuto ripetere in coro.
L'ORFEO
Prologo La Musica declama il Prologo originale dell'opera.
Atto I
Orfeo ed Euridice si apprestano alle nozze; ninfe e pastori fanno festa.
Atto II
Qualche giorno dopo le nozze, Orfeo canta felice tra i suoi amici pastori, ma mentre gioca con loro alla «danza del serpente che vien giù dal monte» sopraggiunge improvvisamente un'angosciata Silvia e li informa che Euridice è morta per il morso di un serpente venuto giù dal monte! «Ce ’o simmo chiammato!», si sgomentano i pastori. Orfeo decide di fare una catabasi.
Atto III
La Speranza conduce Orfeo sulla soglia degli inferi; ma ella non può entrarvi, per via del «Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate»; e lo molla lì. Orfeo, visto che Caronte non si commuove (i vivi non possono avere «albergo coi morti»: L'albergo coi morti sarà, al limite, un film horror!), lo addormenta sonando la lira e gli ruba la barca.
Atto IV
Plutone, convinto da Proserpina, acconsente a che Euridice segua Orfeo nel mondo dei vivi; ma Orfeo non dovrà guardarla finché non saranno fuori degli inferi. Orfeo, per paranoia, disattende il voto ed Euridice (che si lamenta: «Così per troppo amar dunque mi perdi?») gli è strappata di nuovo e stavolta per sempre, «ch'omai fia sordo a' prieghi altrui l'inferno».
Atto V
Orfeo, risalito in superficie, nel lodare con nostalgia le virtù di Euridice disprezza tutte le altre donne, chiamandole «stronze» e «zoccole», e dichiara che non ne amerà mai più una. Finale, versione 1: appare Apollo e convince il figlio a seguirlo in cielo. Finale, versione 2: arrivano le Baccanti e puniscono Orfeo delle sue menate antifemministe schiattandolo di mazzate.
Gregorio Lazzarini, Orfeo e le Baccanti, 1710. |
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