Fondamentale nella mitologia maistiana è la balia. Questo tragico essere è privo non solo delle zampe posteriori, ma di una posterità: è condannato a divorare le sue stesse uova, a mano a mano che le depone; e di ciò piange, ma non può fermarsi. Diversamente che con la proverbiale gallina, ci troviamo di fronte a uno statuto genealogico certo: certamente è venuta prima la balia e poi l’uovo, giacché da nessun uovo nascerà una nuova balia. |
Altrove una bianca sfera, essere perfetto, esiliata nel nostro mondo si corrompe: perde la capacità di volare e, disperata, tenta di assumere forma d’uccello, attraendo a sé scarti di vita (le sue gonadi furono il sonaglino di un nipotino dell’artista; il ferro che collega le sue zampe, pezzi di mobiletto tolti all’immondezzaio, è souvenir – ve lo giuro – di un’operazione al femore d’una zia): e diviene un pipacottero. |
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