■ 5 racconti interi di Alessio Arena, Luca De Pasquale, Marco Marsullo, Massimiliano Palmese (curatore del volume), Massimiliano Virgilio;
■ 5 frammenti da racconti di L.R. Carrino, Maurizio de Giovanni, Peppe Fiore*, Marilena Lucente, Marco Palasciano;
■ e niente di niente dei poveri 11 altri autori di Napoli per le strade Stella Cervasio, Fabrizio Coscia, Carla D'Alessio, Francesco Forlani, Antonio Iorio, Simone Laudiero, Giusi Marchetta, Paolo Mastroianni, Rossella Milone, Davide Morganti, Angelo Petrella.
«Questo è un momento molto felice per la narrativa napoletana», dichiara intanto il buon Palmese. «Dal 2006, che vede l’uscita di Gomorra» (e anche, aggiungiamo, del complementare Prove tecniche di romanzo storico), «ha esordito tutta una generazione di nuovi scrittori napoletani, tanto che qualche critico si è spinto a dire che Napoli non ha mai avuto un momento così ricco di buona letteratura».
E a proposito della possibilità o meno di un confronto dei rispettivi capolavori d'esordio di Saviano e di Palasciano, tra il meriggio e la sera del 18 settembre 2006 vi fu un grazioso scambio di commenti nel blog «Nazione Indiana»; di cui qui, cogliendo l'occasione, riportiamo l'essenziale.
D.B.: «Il romanzo di Palasciano affonda nell’esperienza giacobina del 1799, nel suo romantico illuminismo. In ciò tiene qualcosa del Cuoco, ma solo nella pars denstruens-critica, mentre non segue il Cuoco su una presunta superiorità vichiana del Sud. Se le radici (alcune) del disagio attuale fossero in quella svolta? Allora sarebbe interessante mettere a confronto Babele con Gomorra, Palasciano con Saviano».
Al che Maria Valente replicava: «Dio mio! mettere a confronto un Saviano, che ha fatto della letteratura una macchina da guerra, con un Palasciano che fa della storia del Regno di Napoli una regal cornice per il suo santissimo prozio… mi girano davvero le palle».
Maria Valente che sfoglia incredula le Prove tecniche di romanzo storico di Marco Palasciano.
No, scherzavamo, è Salieri che sfoglia le partiture di Mozart in Amadeus di Milos Forman, 1984.
E Francesco Forlani, più oculato: «Anche a me piacerebbe un dialogo tra i due. Ma non nella contrapposizione Saviano (Sciascia, Rousseau, Voltaire) vs Palasciano (Diderot, Sterne), quanto nella preoccupazione di entrambi di attraversare la storia. E nell’utilizzo, che credo di aver colto nelle due opere, di un dispositivo di tipo “polifonico”. Un polifonico anche linguistico in Palasciano, e più narrativo in Saviano soprattutto nella sovrapposizione dei diversi piani (ricerca della verità, analisi politica, storie dei personaggi ecc.). Detto questo, dalla prima lettura avvenuta su “Nazione Indiana” del Palasciano avevo immediatamente pensato all’ultimo grande drammaturgo napoletano, Annibale Ruccello. In questo senso avevo parlato di mise en scène comme une mise en abîme».
* Il cui racconto però, alla cerimonia del Premio Girulà, fu l'unico di cui venisse data lectura.
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