lunedì 6 maggio 2013

Sotto il cielo di mezza primavera

Domenica 5 maggio si è tenuta in un bosco sul monte Tifata, e poi nel Palascianeum, Lontano dall'oklos per vivere l'olos. Dal mito della caverna alla caverna dell'eremita, la puntata n. 9 del Nuovo laboratorio euristico di filosofia, arti varie, gioco e umana armonia dell'Accademia Palasciania, alla presenza di 17 partecipanti, per la durata di circa un'ora e mezza (senza contare il tempo dei percorsi a piedi e della cena nell'intervallo).

La puntata n. 10 si terrà domenica 12 maggio... anzi si è già tenuta: il presente post, sebbene datato 6 maggio, è stato scritto il 6 giugno; perdonate il ritardo.

La puntata n. 9, intanto, si è articolata in una lezione e un gioco:

Paolo di Tebe, primo eremita.
Lezione
Si è inizialmente trattato di come occorra, piuttosto che la mortificazione della carne, la vivificazione della carne, col dare significato alle azioni anziché agire irriflessivamente; e dell'importanza del rilassamento, e di una corretta respirazione al fine di ossigenare sufficientemente il cervello e farne predominare le componenti più evolute. Quindi si è riproposto l'incipit di una lezione del 2010 (Filosofia e Trogolo), per proseguire affrontando la questione dell'idea di “Dio” tramite un esempio di ontologia/cosmologia di tipo gnostico, immaginato da Palasciano per esercizio e discusso per la prima volta durante una lezione del 2011 (Alla base di tutto non c'è il Nulla ma il Tutto). Quindi, dopo aver trattato del Lila, del Sé superiore, di meditazione e di apofatismo e catafatismo, si è paragonata la conoscenza imperfetta all'immagine di un pianeta il cui corpo roccioso sarebbe allegoria delle cose che si siano esperite direttamente, considerate certezze, e i cui strati atmosferici sarebbero allegoria delle fantasie, via via più rarefatte, dal possibile più probabile al quasi impossibile (o, se si tratti d'una mente intaccata dalla follia, finanche all'impossibile); di contro, della conoscenza perfetta (o «Verità Splendente») sarebbe allegoria l'immagine di un pianeta senza atmosfera, simile a un compatto e inscalfibile diamante, immenso in quanto la conoscenza perfetta contiene tutto il possibile. La figura più adatta a rappresentare la Verità Splendente sarebbe tuttavia non una sfera, ma una struttura a molte dimensioni (vedi il frammento di diario palascianiano Starobinski alle undici, in aa.vv., Napoli per le strade, Azimut, 2009). La Verità Splendente può essere o semplicemente la verità sul reale (quindi un oggetto gnoseologico), o addirittura il reale stesso (quindi un oggetto ontologico: cfr. la Platonia di Barbour) nella sua forma trascendente, il cui rapporto con la realtà contingente resterebbe da indagare. Quindi si è tornati sulla teoria del Gioco dell'incarnazione, tra l'altro paragonando l'apparenza di nascita e morte al passaggio di una sfera attraverso un piano bidimensionale (cfr. Abbott, Flatlandia); e su argomenti quali l'imperfezione dell'universo (e la sopportabilità di essa grazie all'amore), la dimostrazione della non impossibilità della molteplicità delle anime (a onta del solipsismo), l'insondabilità del mistero dei qualia nonché del mistero dell'essere (la cui “forma” sarebbe non quella di una sfera, diversamente che in Parmenide, ma qualcosa che «occupa tutto lo spazio senza che uno spazio esista»); e ancora: estasi razionale, bellezza, anagogia.

Panoramica della lezione di Palasciano nel bosco. Montaggio di tre foto di Anna Laierno.

Gioco: meditazione
Distribuiti fra i partecipanti fogli e penne, a ciascuno è stato chiesto di isolarsi a meditare per cinque o dieci minuti, mettendo per iscritto le proprie riflessioni. Lasciato poi il monte Tifata e recatisi al Palascianeum, si è qui cenato, per dare nel dopocena lettura delle riflessioni fatte nel bosco e commentarle insieme. Fra i nostri “eremiti per un giorno” vi è stato, per fare qualche esempio, chi ha immaginato le anime a mo' di passeri che stiano sui rami degli alberi, in un paesaggio allegorico, e che a quando a quando volino giù a prendere domicilio nei corpi umani, che li attendono a terra come statue in attesa di prendere vita. Vi è stato chi, con gli alberi a fare sbiadire taumaturgicamente i suoi pensieri neri, si è concentrato sul contatto con la terra, tentando di sentire l'Uno. E vi è stato chi, ispirato dal brontolare di una partecipante poco partecipe – «Cinque minuti sono un'eternità!» – e contemplando disteso sull'erba i volteggi di un nugolo di ditteri («Vedo zanzare muoversi sopra di me, e sopra di loro il cielo e poi ancora lo spazio infinito...»), ha meditato sulla dialettica di caos e ordine (peraltro la penna seguendo un percorso contorto, attraversando il foglio curvando più e più volte, come a specchiare la danza degli insetti), finendo col domandarsi se tra i due vi sia vera differenza o non, piuttosto, «solo un ordine/caos diverso a seconda del modo che in quel momento pensiamo».

Due partecipanti impegnati nel gioco della meditazione.

Finale fuori programma
A puntata conclusa, quattro partecipanti sono rimasti fino a tarda sera a dialogare insieme con Palasciano su vari argomenti, anche personali. Qualcuno ha scelto questo momento per svelare un suo lutto tenuto segreto, finora, ai nuovi amici trovati in questi mesi di laboratorio. Un altro ha parlato della propria infanzia. Un terzo ha ipotizzato che, se la tecnica medica riuscisse a portare la vita umana a durare migliaia di anni, l'apparato neurale non potendo immagazzinare più di una certa mole di informazioni perderebbe interamente il ricordo, per esempio, di una grande storia d'amore antica di duecento anni, ma infine grazie all'effetto farfalla ciò che avremmo vissuto continuerebbe a influenzare le nostre vite. Infine il direttore del laboratorio, restando in tema di affetti e perdita, ha confessato all'ultimo dei presenti di aver dato lettura a sua insaputa, nell'introduzione alla puntata n. 6 (vedi qui), di un testo scritto dal giovane a margine di una foto pubblicata in facebook: il ricordo di un coetaneo – il suo migliore amico – morto in un incidente stradale pochi anni prima. La confessione è stata accolta con un sorriso, ed è stato chiesto che Palasciano desse nuovamente lettura di quel testo, ora che ne era presente anche l'autore.

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