12 dicembre 2011

Monologo sui massimi sistemi

S'è tenuta domenica 11 dicembre tra Palazzo Lanza e la sede centrale dell'Accademia Palasciania (dovendo il primo a una cert'ora chiudere), davanti a 7 spettatori poi ridottisi a 4 per l'ora tarda, la lunga puntata Alla base di tutto non c'è il Nulla ma il Tutto. Dall'estasi razionale alla religione giocattolo, n. 11 del seminario di Marco Palasciano De natura mundi. L'interpretazione del mondo in ottanta giorni.

La lezione, preceduta da un quiz a premi (vincitore Roberto A.; premio un quaderno identico a quello del diario del 15-24 dicembre 2008 da cui Palasciano trasse Starobinski alle undici), per cominciare ha trattato del malvezzo pessimista di dir che «tutto è nulla», o «tutto è male», come in Giacomo Leopardi (vedi Zibaldone, 72 e 4174); quindi dell'inesistenza del nulla secondo la fisica contemporanea, delle fluttuazioni del vuoto, dell'eterno formarsi d'universi; degli infiniti maggiori e minori, e di come il numero degli eventi dei singoli universi proceda più rapidamente del numero di creazioni di universi simili al nostro, dal che deriva che ogni evento è unico e irripetibile; dei vari livelli di multiverso secondo Max Tegmark; di come l'ammettere a priori l'esistenza di tutti i mondi possibili sia «un'ontologia alquanto triviale» (Daniele Ventre); della teoria di Julian Barbour sull'inesistenza del tempo; della Possibilità Infinita, e della perfetta simmetria leggibile nello spazio infinitodimensionale della configurazione degli infiniti enti possibili, e di come a ciò si accenni in Starobinski alle undici di Palasciano (testo ad apertura del volume collettaneo Napoli per le strade, a cura di Massimiliano Palmese, Azimut, 2009); di come tutto sia determinato e al tempo stesso libero, se si consideri la realtà come una Platonia barbouriana e le coscienze come soggetti d'un percorso in essa; di come, in tal senso, la realtà starebbe alla vita come un cluster sta a una melodia; della spirale idealmente infinita degli armonici, e della loro orientabilità (analogizzando 1-3-5-7 allo schema nord-sud-est-ovest o a una sua variante per rotazione e/o speculazione); della sfera dei colori di Otto Runge, altro esempio d'infinitudine orientabile; di come tutto sia dicibile (vedi lezione VII), ma intendibile solo se gli interlocutori dispongano d'un comune repertorio assiomatico; di come, a esempio, il rosso sia un assioma (è inutile descriverlo, tanto più se a un cieco o a un protànope, come «sensazione cromatica corrispondente alle radiazioni elettromagnetiche la cui lunghezza d'onda sia compresa tra 630 e 670 nanometri»); del daltonismo linguistico, cioè per es. l'intendere solo il linguaggio scientifico e non il poetico; dell'estasi mistica; dell'estasi irrazionale, effetto di bellezza e amore; della felicità secondo Spinoza, del dominio delle passioni vili, del superamento dell’istinto di sopravvivenza; dell'estasi razionale, e in particolare di quella causata dal fronteggiare l’irriducibilità assoluta del mistero dell’essere a un qualsiasi tentativo di spiegazione fondata sulla meccanica di causa ed effetto.

E ancora: di come il puro essere semplicemente sia, senza necessità né volontà; di come, al sustanziarsi della materia ben regolata, l'essere assuma volontà e tenda alla complessità, quindi alla vita e alla sua evoluzione; della questione del telos; della sintropia di Fantappiè; della gamma dei modi d'inquadrare il fenomeno dell'evoluzione biologica, dalla necessità deterministica al disegno intelligente (reductiones ad absurdum, queste estreme due, di tutte le altre tesi); dell'autopoiesi; dell'evoluzione delle forme biologiche paragonata alla sperimentazione euristica; di come gli animali superiori siano caratterizzati dall'amore, e di come esso renda sopportabili i difetti del mondo e nel contempo stimoli a correggerlo, tanto che la vita stessa forse non sarebbe mai iniziata se non per la sintropica speranza nel futuro instaurarsi dell'amore universale; dell'ipotesi della futura organizzazione di tutta la materia dell'universo in un unico superorganismo, e di come  tale superorganismo successivamente si disgregherebbe come un mandàla, onde tutto ricomincerebbe da capo (vedi il Lila di Brahman); del dilemma del DNA artificiale, ovvero se basti la pura combinatoria a richiamare lo spirito nella materia; dell'ipotesi per cui portrebbero avere un'anima anche le singole cellule, le molecole, gli atomi, le particelle; di come, quand'anche ogni cellula dell'organismo umano avesse una propria anima, tale anima non sarebbe tuttavia parte dell'anima umana.

E ancora: della tesi per cui la realtà sarebbe una sorta di immenso videogame, ovvero di sogno coerente, e il morire in esso corrisponderebbe al risvegliarsi nella sovrarealtà; di come dunque il cervello non sarebbe l'origine della coscienza, ma il suo filtro, e i nostri occhi sarebbero paraocchi; di come fuori della realtà materiale tornerebbe all'anima la consapevolezza di ciò che sovrarealmente essa è, cioè qualcosa di simile a un dio; di come, secondo tale teoria, le anime avrebbero il potere di mettere a fuoco o sfocare, come cambiando lente, la propria consapevolezza, così che essa all'interno del gioco sia miope, e fuori del gioco ritorni infinita; di come, in ogni caso, a chi vive sia negato conoscere il futuro, se non per calcoli probabilistici; di come i calcoli probabilistici inconsci, enormemente più precisi di quelli consci (dato che il cervello registra tutto, e tutto meccanicamente analizza, a insaputa della coscienza), siano la spiegazione più probabile delle cosiddette premonizioni e analoghi fenomeni; di come, se la realtà fosse davvero un gioco, non ci sarebbe dato di saper mai con certezza che essa lo è, o ciò lo guasterebbe; di come tuttavia, se si è bastantemente intelligenti, non si può non immaginare che la realtà sia un gioco, e di come l'immaginarlo sia utile all'intelletto per trarne forza per le azioni più grandi; di come poco ambiziose siano le azioni concepite da quegli animali che siano provvisti di minore complessità esistenziale, compresi gli uomini di cultura semplice; di come questi ultimi non necessitino di teoresi né di aletheia, e quanto a episteme possano accontentarsi del mito; dei «grandi sogni» (Freud); del perché un'anima potrebbe, talvolta, scegliere d'incarnarsi in una zanzara ecc.; di come, se la vita è un percorso solitario in Platonia, gli altri siano zombie fenomenici di Chalmers; di come ciò non sia, se tutte le anime sono coordinate a seguire un unico percorso, e di come quest'ultimo sarebbe determinato dalla media di tutte le volontà; di come, terza ipotesi, la vita sia un percorso solitario in Platonia ma gli altri esseri viventi non siano zombie fenomenici di Chalmers, poiché infiniti percorsi s'intreccerebbero e quindi in ciascuna persona che l'anima incontrerebbe potrebb'esserci a ogni istante (tempo di Planck) una diversa anima in transito; dell'atarassia post mortem.

E ancora: della questione se le anime siano tutte uguali o di diversi "colori"; della qualità composita della volontà degli esseri viventi; di come la chimica non sia l'origine delle emozioni, ma essa sia solo l'algoritmo che le evoca in base agli eventi; della preesistenza dell'eros ai corpi; della preesistenza dei colori e della musica agli apparati visivi cromatosensibili e agli apparati auditivi; della relativa semplicità del mistero dell’essere (stante la tesi della Possibilità Infinita), a petto del ben più ostico mistero dell’organizzarsi dell’infinito in determinate leggi e strutture; di come la procreazione non sia il telos dell'eros, così come fornir mele alla nostra tavola non è il telos del melo; di come le qualità spirituali della persona amata vivano anche in altre persone, e le differenze fisiche non siano che una maschera, e dietro la molteplicità degli uomini si celi l'essenza dell'uomo ecc., il che peraltro rende possibile l'amore universale; di come trovare consolatio perfetta alla propria morte nella considerazione del progresso umano e universale; della possibile morte dell'universo secondo la scienza attuale, e di come aggirare quest'estremo movente della disperazione con l'ausilio della consapevolezza dell'illusorietà del tempo, o nel senso barbouriano, o nel senso che «l'essere è eterno o non sarebbe mai stato» ("dogma" centrale del palascianesimo); della lirica filosofica giovanile di Palasciano Moto perpetuo (199o); della falsa dicotomia eterno/contingente, e della falsa dicotomia universale/personale; di come l'universo sia olografico, nel senso che ogni sua più piccola componente contiene interamente tutte le sue leggi, nonché tutta la potenza dell'essere; della «O come olos, O come Oneness, O come Ordine e filantropia»; dell'etica universale; dell'esercizio mentale del «mai contrattare con il Diavolo», ovvero mai considerare l'ipotesi di basare la propria felicità sulla sofferenza altrui; della filosofia gesuana, da non confondere con quella cristiana (vedi lezione VIII); della visione dell'altro come te stesso, e dell'idea di Bene come volontà di integrità delle potenzialità di ciascuno.

E ancora: della teodicea; dell'ipotesi classica di come il concetto di "Dio" non sia che la proiezione dell'insieme delle qualità positive degli esseri viventi portate idealmente al massimo grado di perfezione, e di come ciò possa identificarsi con lo stato a cui tende la parte più nobile della natura (esemplata dall'intelletto umano, dalla sua libertà e dalla sua volontà di migliorare il mondo, espressione della quale è la tecnica); dell'opportunità d'estendere il concetto di natura alla cultura; della ridefinizione della parte meccanica e vile della natura come default, in riferimento al suo analogo in informatica; di come «libertà necessitata» sia un ossimoro, ma non lo sia «volontà meccanica», data la natura composita della volontà; delle nostre reazioni meccaniche a situazioni esterne (paura, ira ecc.) e a situazioni interne (fame, fregola ecc.); del contrasto tra il desiderio di perfezione (di vita, di salute, d'amore, di gioia, di gioco e creazione, di conoscenza) e gli accidenti che lo frustrano (morte, malattie e incidenti, indifferenza e odio, noia e dolore, repressione e miseria, ignoranza e confusione); di come a livello basico (leggi fisiche) l'errore sia impossibile, «altrimenti si spacca l'universo», mentre a livello della vita è possibile (come elusione del desiderio di perfezione); della competizione tra specie, tra individui d'una medesima specie, tra impulsi in un medesimo individuo; delle due grandi domande «Esiste la libertà?» e «Perché esiste l'errore?», e dell'unica risposta ad ambedue: «Esiste l'errore perché esiste la libertà»; dell'umiltà scientifica; dell'ipotesi (simile a quella di Leibniz tanto irrisa da Voltaire) che questo sia il migliore dei mondi possibili, ancorché suscettibile d'errori, per la sua ricchezza in dramma; della preziosità massima dell'amore e della gioia, e loro sacralità; della dannosità delle religioni più diffuse, per il loro non considerare sacri gioia e amore (vedi sessuofobia) e considerare sacri, nel contempo, figure e valori falsi; dell'intreccio tra religione e politica, palese a es. nella "giustificazione" del sistema delle caste indù con la dottrina della metempsicosi karmica; della funzione della religione secondo Machiavelli; della pertinenza, secondo Giordano Bruno, della religione ai semplici e della filosofia agli intellettuali; della opportunità o meno di fornire, oggi, ai semplici una nuova religione, innocua, affinché essa soddisfi il loro bisogno fideistico senza apportare alla società i danni collaterali tipici delle religioni tradizionali, allo stesso modo in cui occorre saturare di iodio-127 la tiroide per impedirvi l'accesso dello iodio-131; delle religioni giocattolo, per es. la teoria della metempsicosi a zig zag, secondo la quale esisterebbe un'unica anima che fa il giro di tutti i corpi, reincarnandosi avanti e indietro nel tempo (idea utile a scoraggiare comportamenti eterodistruttivi, che s'intenderebbero autodistruttivi); delle religioni dal basso (per rivelazioni, false o folli, sulla cui molle base va costruendosi il rigido castello d'una dottrina) e dall'alto (costruite a tavolino cercando di partire da fondamenti ragionevoli).


E ancora: dell'ontologia e cosmologia di tipo gnostico immaginata da Palasciano per esercizio [aggiornamento: e successivamente sconfessata del tutto], dove dalla Possibilità Infinita promanerebbe la totalità degli enti, istantanea ed eterna, divisibile (discrimine I) nelle categorie degli enti caotici e degli enti armonici; di come la categoria degli enti armonici si dividerebbe (discrimine II) in quelle delle forme e degli spiriti; di come gli spiriti si dividerebbero (III) in dormienti eterni e potenze; di come le potenze si dividerebbero (IV) in potenze limitate da forme (anime animali e vegetali, molecolari, atomiche ecc.) e potenze non limitate da forme; di come queste ultime potenze si dividerebbero (V) in caògeni (assemblatori di universi senza regole) e demiurghi (assemblatori di universi regolati); di come i demiurghi si dividerebbero (VI) in demiurghi di potenza finita (assemblatori di universi dalle leggi imperfette) e nell'unico demiurgo di potenza infinita (assemblatore dell'unico universo dalle leggi perfette, ed eventualmente cancellatore di tutti gli altri universi e di tutti gli enti caotici).

E ancora: di come la religione, non paga d'aver presa sui semplici, pretenda di conquistare anche gli intellettuali, occupando nel loro cuore il posto che spetta alla filosofia; di come siano nemici della filosofia [
aggiornamento: tra una decina d'anni useremo toni meno drastici, vedi qui] sia la religione sia, all'estremo opposto, lo scientismo (cioè la pretesa, non scientifica, che la scienza sia l'unica forma valida di conoscenza); d'una recente disputa tra un poeta filosofo e un giovane scientista; di come lo scientismo sia filosofia, dunque la sua presa di posizione antifilosofica sia paradossale; di come la scienza «non si prende cura della verità» (Umberto Galimberti, Opere, I-III. Il tramonto dell'occidente nella lettura di Heidegger e Jaspers, Feltrinelli, 2005, pag. 393); di come il fine d'elaborare una visione generale della realtà sia proprio della filosofia, e non della scienza, e di come all'aletheia siano necessarie ambedue insieme con la poesia, e nessuna delle tre sia sufficiente da sola; della parabola palascianiana dei due cani (rappresentanti due religioni, o la religione e lo scientismo) litiganti per un boccone di carne finta; di come «il Dio personale non è altro, psicologicamente, che un padre innalzato» e la psicoanalisi «ci pone ogni giorno sotto gli occhi i casi di giovani che perdono la fede religiosa appena vien meno in loro l’autorità paterna» (Sigmund Freud, Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci, 1910); della paura dell'abbandono; della sindrome di Stoccolma; del maturare; della maieutica; di come l'estirpazione della religione necessiti di gradualità e sottigliezza, il che spiega il fallimento della rozza politica antireligiosa dell'URSS e simili; di come occorra convertire i cristiani al pensiero autentico di Gesù, come fase di transizione al libero pensiero; di come occorra concentrarsi, in tal senso, soprattutto sui giovani, e lasciare tranquille le vecchiette; dell'Accademia Palasciania come scuola filosofica.
 


La lezione n. 12 e ultima, La finestra sul paradiso: il mondo tra diecimila anni, si terrà lunedì 19 dicembre alle ore 21.45 spaccate a Palazzo Fazio (Capua, via Seminario 10). Come sempre, gratis.

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