
Fu «bellissima», come della scorsa si disse, anche questa puntata? lasciamolo giudicare agli spettatori, uno dei quali (R.A.) ha oggi inviato al nostro Presidente l'SMS che segue:
Caro Marco, non puoi immaginare come mi sia sentito bene ieri sera, in pace con me stesso, quasi redento. Il tuo severo magistero mostra quello slancio della superiorità che rianima le speranze per qualche parte mortificate dal valore troppo modesto di tutto il resto. |

Evitiamo il banale «Mi dispiace»: la pietà non è mai stata il mio mestiere. Una scelta ci ha reso distanza, due persone altro piano d’esistenza: da amante, a sposa, a sorella, ora un colpo più truce t’allontana. |
1. Binari (34, con una sola tmesi: «La mo/rale») 2. Ternari (36, leggibili anche come 18 senari o 9 dodecasillabi) 3. Quaternari (24, leggibili anche come 12 ottonari o 6 doppi ottonari) 4. Quinari (18, leggibili anche come 9 doppi quinari) 5. Senari a ritmo binario (16) 6. Settenari (16, leggibili anche come 8 alessandrini) 7. Ottonari dattilici (11) 8. Novenari (12) 9. Esametri (6, resi da ottonario dattilico + novenario) 10. Decasillabi (10) 11. Endecasillabi dattilici (8) 12. Endecasillabi a maiore, a minore e giambici (9)* 13. Sonetto |
* Con opportuni gesti Palasciano, nel leggere la variazione n. 11, segnalava quando l'endecasillabo fosse a maiore (mani in alto), quando a minore (mani in basso) e quando giambico (mani a mezza altezza).
Riporteremmo volentieri almeno il sonetto (dove, per allungarsi ai debiti 14 versi, si sono aggiunti nelle due quartine un po' di dettagli, come il fatto che la chiamata fosse telefonica, e cosa di preciso fosse quel «gira e volta»); ma non possiamo; ché è troppo osceno. No, aspettate: ne possiamo oscurar le parolacce con pudìchi asterischi, è vero! :-) ond'eccolo:
C’era una volta un vecchio monsignore che per troppo girarsi e rigirarsi, tra l’inc**ar gli eromeni e il donarsi ai ca*** degli erasti, ebbe un malore. Con man tremante presso il libro d’ore raccolse il cellulare e – mentre a darsi alla fuga era il boy ch’ei stava a farsi – fece un numero, bianco di terrore. «Aiuto! aiuto!» E accorse un suo nipote. «Ched è?» «Chiama il dottor, presto, ché muoio!» Ma non morí: andò al cesso; e sulle gote la rosa rifiorí, sgravato l’ano. Morale: andate spesso al cacatoio; ché chi piú caca, piú rimane sano. |
La seconda parte della lezione si è intitolata Racconto, romanzo, opera mondo. Si è tra l'altro spiegata la differenza tra racconto e romanzo, che più che nella lunghezza risiede nella "larghezza", e si è fatto un esercizio di composizione narrativa su tema dato. Tema che si prestava sia al drammatico, sia al comico; sia al materiale, sia allo spirituale: «Qualcuno si sente male, ma poi si sgrava di qualcosa e si sente meglio». Quattro i testi in prima stesura prodotti dagli spettatori nel giro d'un quarto d'ora: tre racconti brevi e un incipit. Si è quindi ragionato sui loro pregi e pecche, e come avrebbero potuto limarsi al fine d'una seconda stesura.

E la disfida tra la ricchezza di quest'ultimo, in termini di spirito, e la «miseria della postfilosofia» (come la chiama qui Daniele Ventre), sarà il principale argomento della prossima lezione-spettacolo: Il ritorno di Astrea in astronave. Tramonto del postmoderno e rimonta del moderno. Che Palasciano terrà lunedì 7 novembre, alle ore 21.30 (o al massimo 21.45), a Palazzo Fazio (Capua, via Seminario 10). Come sempre, gratis. Parte prima: Dall'estetica trascendentale all'anestetica trash-and-antani: mio Dior, come sono caduta in vascio! Parte seconda: Le Muse intorno alla culla del nuovo Rinascimento. Sotto l'egida e di Apollo, e dell'Apollo 11.