Nola, Castel Cicala. Foto di Konstantin Mitroshenko.
Sai dove sono stata oggi? A respirare i luoghi di Giordano Bruno. Inerpicata sul monte Cicala, ho respirato il suo spirito. Lì c’è un castello diroccato, ma per il resto integro, che si affaccia sulla vallata dove lui abitava. Un luogo incantato. Al suo tempo, quel castello era una città castello. E’ pieno di suggestione. In un’ala è ospitato il planetario; ed è il cuore del parco letterario (diciamo) intitolato a Bruno.
Beffardo però è l’accostamento tra la “casa” di Bruno e una chiesa, ricavata in un altro lato. Stonatissimo. Anche perché – e appunto ora lo sto mettendo a fuoco – sembra essere quella il punto d’arrivo, la meta; è quella che è aperta, ed è lì che va la gente (le “stanze” di Bruno sono in un'ala dietro – la più bella però – e senza nessuna scritta). Praticamente, hanno messo Bruno in un santuario!
Il castello è di origine normanna, ed è stato recuperato da poco; e mi chiedo come, visto che per terra ci sono cocci bellissimi di maiolica e altro materiale. Ci sono passata sopra, e ho chiesto al professore (il responsabile del parco); che mi dice, con infinita naturalezza: «Ah, sì, è il pavimento della vecchia chiesa»!... Non so se essere felice o se disperarmi, ogni volta, di vedere i posti così abbandonati da poter prenderne addirittura dei pezzi; o da permetterti il brivido della scoperta, visto che è sempre tutto ancora sepolto.
Qui puoi cercare, trovare, toccare, come in quasi nessun posto – in Europa, almeno.
Pensa che della casa di Bruno non si sa niente, mi diceva il professore, perché la Chiesa ha bruciato gli archivi, e loro si son fermati a questo – a parte partorire una ipotesi: mi ha indicato una masseria, l’unica in tutta la valle (?), affermando che – secondo lui – dovrebbe essere quella la casa di Bruno...
A dire il vero mi è salita molta rabbia a vedere chi rappresenta Bruno; quasi una beffa; perché era proprio il pedante tanto odiato da Giordano; quello che niente sa veramente, e niente trasmette; a cui interessa solo di mostrare di sapere, e men che mai gliene importa della cultura. Pura vanagloria, esibizionismo; e quindi, competizione. Parlava come se fosse una sfida. Non mi ascoltava. Era infastidito se sapevo qualcosa. Nessun confronto. Nessuna gioia di trovare un giovane (io) che amava Bruno, cosa che avevo pensato - visto che si è precipitato di corsa quando il prete della chiesa, alla mia richiesta di informazione sulla casa di Bruno, l’ha chiamato.
E pensa che io sarei stata, sembra, la prima italiana andata lassù a chiedere della casa, mentre tanti francesi e tedeschi vanno lì...! Ho provato un sentimento deprimente. Un dolore. Un senso d’ingiustizia. Credo che dobbiamo fare qualcosa.
Entrare in gioco.
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