L'aneddoto junghiano* a molti è noto. E anche il dàimoku**. Emerse dalla rete ecco le foto, di beltà replete, d'una Cetonia aurata e un fior di loto. |
Foto di Adrian Benko.
Foto di Gianluigi Burlini.***
* Jung, 1952: «Una giovane paziente fece un sogno, in un momento decisivo della cura. Nel sogno essa riceveva in dono uno scarabeo d’oro. Mentre mi raccontava questo sogno, io stavo seduto voltando le spalle alla finestra chiusa. D’un tratto udii alle mie spalle un rumore, come se qualcosa bussasse piano alla finestra. Mi voltai e vidi un insetto alato che, dall’esterno, urtava contro la finestra. Aprii la finestra e presi al volo l’insetto. Era l’analogia più prossima a uno scarabeo d’oro che si poteva trovare alle nostre latitudini, ossia uno scarabeide, una Cetonia aurata, il comune coleottero delle rose, che evidentemente proprio in quel momento si era sentito spinto a penetrare, contrariamente alle sue abitudini, in una camera buia. Devo aggiungere che un caso del genere non mi era mai successo prima né mi successe in seguito; anche quel sogno della paziente è rimasto un fatto unico nella mia esperienza». Da Carl G. Jung, La sincronicità come principio di nessi acausali, in Opere, VIII. La dinamica dell'inconscio, Bollati Boringhieri, Torino, 1976.
** Il mantra «Nam myōho renge kyō» (dove renge è da pronunciare renghe), da articolare su una nota sola (ma più voci, che formino un coro, ben possono usare ciascuna una nota diversa). Così, liberamente dispiegando, lo traduce M. Palasciano, integrandolo nel palascianesimo:
Mi apro all'infinito splendore dell'universo e alla sua legge meravigliosa. La causa e l'effetto non sono che un'unica rosa, o un fiore di loto, che sta nelle stesse mie mani. Il mio pensiero carico d'amore tutte le corde intorno fa vibrare. |
*** Vedi pure la foto acclusa al post Non credimus in revelatos deos; il trovamento della quale, posteriore a quello della foto di Burlini qui spostata e perciò lì dovutasi sostituire, è un trionfo di sincronicità.
Nessun commento:
Posta un commento