23 marzo 2009

In mostra i nuovi simboli di Napoli

Domani, martedì 24 marzo 2009, alle ore 18.00* nella sala Ela Caroli della galleria d'arte e design Picagallery, in vico Vetriera 16 a Napoli, s'inaugurerà la mostra Oltreneapolis. Nuovi simboli di Napoli, a cura di Carlo Baghetti, con immagini di Paolo Bosso, Luca Ciriello, Alfonso Pinelli e testi di Umberto De Marco, Enrico Rispoli, Arianna Sacerdoti, Ottavio Sellitti. Moni Ovadia ha gentilmente collaborato, registrando un video in cui recita alcune delle poesie in mostra.

Mostra che, come da comunicato, «tratterà di alcune peculiarità della città alla luce della sensibilità e, allo stesso tempo, capacità critica di fotografi e poeti»; una città depassatizzata, «che rifugge dalle tradizionali e stereotipate icone»; ed il percorso tra le icone nuove, liricamente razionalizzate, proietterà lo spettatore «in una Napoli dai confini vasti, anonimi e non-identificabili. Una sorta di urbs mundi».

Il racconto che introduce a
Oltreneapolis è di un giovanissimo Socio Ornamentale dell'Accademia Palasciania, il linutilèo Sellitti, che lo ha scritto da ancóra under 21; e ve lo presentiamo qui di séguito.




Foto di Luca Ciriello.

Al viaggiatore che per un motivo o per un altro va a Partenope, città noncurante, si presentano molte possibilità. La città è unita al resto del mondo in vari modi; secondo le inclinazioni personali o le necessità particolari si può utilizzare l’aereo, l’auto, il treno, persino la nave.
Riguardo questi mezzi di trasporto si dicono molte cose e lunghe sono le discussioni ai bar degli alberghi di via Caracciolo su quale sia il migliore. Chi è a Napoli per un convegno spesso sceglie l’aereo, dice per una questione di tempo; si sospetta sia invece per l’antico desiderio che hanno alcuni uomini di staccarsi da terra, o forse per sentire quella scossa di terrore ed adrenalina quando l’apparecchio entra in un vuoto d’aria. L’aeroporto è lontano dal centro, nella zona nord-ovest piuttosto maltenuta e triste, tuttavia il viaggiatore potrebbe essere fortunato e salire sul taxi di un napoletano, ben felice di intrattenerlo con la chiacchiera proverbiale mentre l’auto passa per le curve, le strade piene di buche e rattoppi, o è ferma nel traffico.
Chi viene in auto spesso è in vacanza con la famiglia, altre volte si rivela un amante delle autostrade, un devoto del volante, che quando se ne parla si vanta di andare da Napoli a Udine in 7 ore; ha un navigatore satellitare che lo avverte dei controlli. Quando nonostante tutto viene beccato, non si preoccupa: può pagare la multa salata. Ad arrivare in auto si sbuca sulla via Marina e si costeggia l’enorme porto commerciale, eccezione di efficienza e puntualità, dove grandi navi, quartieri di container, consegnano o caricano merci che finiranno nelle vetrine o sugli scaffali di tutta Europa. In alternativa si può imboccare la Tangenziale che passa sopra le teste, sopra i palazzi dei napoletani. Da quell’altezza si nota la spessa coltre grigiastra che ammanta la città; molti fumi la compongono: ovviamente quelli delle auto, quelli delle caldaie e quelli delle (poche) industrie, ma anche quello delle pizzerie dal forno a legna e delle friggitorie dall’olio denso e scuro. La Tangenziale per un nonnulla si blocca e il traffico è senza scampo; per percorrere poche centinaia di metri si impiegano lunghi quarti d’ora; allora, fermi per forza, si può spingere lo sguardo oltre l’inquinamento fino al vulcano, scenografia della città, al di là del mare del golfo.
Sull’arrivare in nave al porto turistico tenuto d’occhio dal bonario Maschio Angioino (o, ad esser più precisi, Castelnuovo) non si può dire proprio nulla di male; pare il modo migliore per recarsi a Napoli. Attraverso le onde, con una scia bianca alle spalle, giungere nel centro storico della città: quello che nonostante qualche ombra di degrado (più precisamente di distrazione) conserva la bellezza dei palazzi antichi, della Galleria, delle passeggiate sul lungomare. Tutti considerano i viaggiatori delle strade blu i più fortunati, i più intelligenti nell’essersi scelti la via d’ingresso principale nella città.
In realtà la migliore accoglienza, accompagnata da uno spettacolo, la ricevono i viaggiatori su rotaia. Non tutti, sia chiaro; solo quelli che riescono a vedere oltre la deludente prima impressione, che sono ricettivi a una particolare bellezza e la vivono per fortuna. La prima volta è quasi sempre fortuna perché si parla poco di alcune cose, per timore di essere derisi o etichettati come esteti che hanno fatto il proprio tempo. È difficile trovare le parole per spiegare il proprio angolo di Bello ad impegnati uomini d’affari attenti ai dividendi e ai valori aggiunti dei piccoli istanti, a corridori delle autostrade dagli occhi spiritati e i capelli impomatati raccolti in una coda, a turisti che hanno appena terminato una crociera e scoppiano a piangere al primo ricordo.
Se questi uomini fortunati riconoscono nei vostri occhi qualcosa allora può accadere che vi invitino ad arrivare alla piazza della stazione, piazza Garibaldi, nell’ora che precede il tramonto. Vi diranno di andare proprio sotto la statua equestre dell’eroe, di salire sui gradoni e di guardare. Di muovere lo sguardo per tutta la piazza, mandando a memoria tutta la piazza: ogni tendone delle bancarelle dove si può acquistare il legale, l’illegale o alta tecnologia sotto forma di mattoni o polistirolo; i banchetti dei giocatori delle tre carte; le madri che allattano i figli sedute per strada ad aspettare l’autobus; gli alcolizzati che si dissetano con vino in tetrapak; i turchi che mangiano il proprio cibo gesticolando e i napoletani che scoprono il kebab sorridendo; gli islamici a volte in ginocchio assieme verso la Mecca; la gente che torna a casa verso i treni, i bus. Vi diranno: «Quando tutto questo sarà ricordo preciso alzate lo sguardo e vedrete».
Vedrete gli uccelli raccolti a stormi numerosi e densi formare figure mai immaginate nel cielo dai colori cangianti, unirsi, allontanarsi come guidati dalla voce o dalle indicazioni di un coreografo invisibile. Vedrete frecce grigie di cento e cento becchi e ali e piume piombare verso un albero o un cantiere per scartare veloci all’ultimo istante per poi raggiungere, come un panno che si agita sott’acqua, il tetto degli alti grattacieli. La musica che guida questi balli, queste evoluzioni, si intuisce ma non si sente; gli uomini dal naso all’insù ondeggiano anch’essi all’unisono; ora si coprono la bocca per soffocare un’esclamazione, ora indicano qualche particolare evoluzione allo spettatore che sta loro di fianco. Alcuni, timidi e riconoscenti, scattano una foto da stampare accanto a quella di Piazza Plebiscito, magari invece di quella di piazza Plebiscito, di certo ormai riprodotta in tutte le luci e le prospettive, gli uccelli in volo ogni momento regalano un disegno originale a ogni sguardo.



* E più tardi, alle ore 19.00, al Penguin Cafè di via S. Lucia 88, si avrà la proiezione, gratis!, del film semi-documentario Improvvisamente l'inverno scorso, dedicato alla misera vicenda dei Dico e alla scoperta dell'assurda omofobia italiana. Chi non sa di che cosa si tratti, veda qui.

E intanto, alle  ore 15.00, chi può dovrebbe pure fare un salto in via Porta di Massa, alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università Federico II, aula 33, dove si terrà una bellissima Assemblea  Pubblica Antifascista, nell'àmbito della Giornata Antifascista Universitaria.

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