lunedì 7 giugno 2010

Il vizio senza tempo del sonetto

Riportiamo due sonetti freschi di fèisbuc: uno di Daniele Ventre ch'è una risposta per le rime al sonetto X dell'Ipersonetto de' mesi di Marco Palasciano, e uno del Palasciano stesso scritto a commento d'un post d'un sodale riferentesi al vizio, da letterati, di pensare in endecasillabi.



DANIELE VENTRE

Sonetto
«Troppi ne hai visti all'alba,
sogni infranti»



Troppi ne hai visti all'alba, sogni infranti,
se t'embrichi di maglie di pensieri
autodestitutori, nei sentieri
che le ragioni escidono agli incanti.

Già le risposte agli sguardi distanti
evadono quel nodo dei misteri
sillogizzati d'invidiosi veri,
per foschie di visioni degradanti.

E così più non sai, stanco, distendere
la mano oltre il confine, riprovando
l'immensa via che non è dato apprendere,

né è bene appercepire, deragliando
l'innocuità perdutasi a un risplendere
sopraterreno d'infocato bando.



MARCO PALASCIANO

Sonetto
«Io lo faccio ogni giorno,
ogni momento»


Io lo faccio ogni giorno, ogni momento,
per strada, in casa, in chat, ovunque accada
ch'io mi ritrovi, e con chiunque io vada;
è più forte di me, dolc'è un tormento,

mi squassa e mi rilassa, il cor ne ha aumento
di letizia, l'angoscia si dirada,
la mente più che all'altra all'una bada,
e il tutto m'è di gran divertimento.

Lo sciolto endecasillabo, il non sciolto,
l'insonettato, come mò fluisce,
mi vien spontaneo, e ratto, e mi vien molto,

così che non so più dove versare
le poesie che il poetume, a rime lisce
o scabre, o senza, in me apre, or valghe, or vare...

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