19 febbraio 2010

Decadenza dell'arte del sonetto

MARCO PALASCIANO

SONETTO GENETLIACO
PER L’AIMONE



18 febbraio 2010


Gentil Aimon, non vo’ piú far sonetti,
ché ciò mi sfrantumò gli zebedei;
ma come ricusare oggi potrei
farn’un per un dei m’ frati piú diletti?

Ond’ecco la mia penna e me costretti
a snaturare il corso che prendei,
del rifuggire gli antiquismi rei,
e a dar barocca veste ai nudi affetti.

Ma quel ch’avrei da dire, intero dissi
di già altra volta, senza nulla dire;
e i miei pensier, negli anni, restan fissi.

Sicché com’è non so ch’andrà a finire
tal sonetto; e mentr’esso a sonar stenta,
già sulla torta ogni candela è spenta.



1 commento:

  1. [Commento del 23 febbraio 2010]

    Me n'è scappato intanto un altro, in feisbuc, di sonetto. Ricòpiolo di séguito per i non feisbucchieri:

    Ah che goduria leggere messaggi,
    come questo di Ventre di poc'anzi,
    che celano formati così ganzi,
    oltre ad avere contenuti saggi!

    Ben mette in guardia da quei personaggi
    dai quali è meglio ch'uno si distanzi;
    non già da loro liriche e romanzi,
    ma gli usci, cui bussar non dà vantaggi.

    Quanto a me, dei segreti miei non son
    geloso; né segreti infin son essi,
    né io poeta laureato o vip;

    e a tutti i principianti darò il buon
    consiglio che mi chiedon, belli o cessi,
    né chiedo soldi o schiudersi di zip.


    [Commento del 23 febbraio 2010]

    E scordavo quest'altro, più grazioso, composto l'altroieri in occasione d'un conflitto burlesco, che sarebbe assai lungo da spiegare; mi limito a trascrivere.

    SONETTO LACRIMOSO A MICCIA E AI PISSI

    La Caragnan, ahi, brama farmi espungere
    (od espungàre, come dicon loro)
    dal para-parentale concistoro
    di Parente; e s’industria a spinger e ungere.

    Onde il suo crudo fine ella raggiungere,
    s’arma di colascione e ugola d’oro;
    la cam accende; ed eccola al lavoro,
    qual Marsia che da Apollo tenta fungere.

    Musica ed odio, dalla bocca aulente,
    insieme spira; e l’aere addolcia e attosca,
    qual di fiel che col miel si mischi e mesca.

    E chi piú l’ode e gode? la potente
    che Sole ha nome, e ha in cuor l’ombra piú fosca;
    son perso; addio, se non mi si ripesca.


    [Commento del 22 marzo 2010]

    Niente da fare: vedi qui.

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