#2
30 Novembre 2011 - 17:52
Assistente che assisti e non capisci, ma quali inutilissime fonti vuoi che ti cerchi, quando il concetto è di per sé
talmente lampante alla ragione, e io già ve l'ho spiegato e rispiegato a
dovere? Provo qui a rispiegartelo per l'ultima volta; poi, se rimane
chiusa la tua mente, dovrò strapparti i gradi dalla divisa.
All'interno della parte di Realtà da noi conosciuta, ogni causa ha un effetto e ogni effetto ha una causa, per dirla simpliciter. Ma se consideriamo la Realtà nel suo complesso, incluse le parti a noi sconosciute, e quindi TUTTO (compresi passato e futuro d'ogni cosa), ovviamente non c'è NIENTE altro al di fuori di essa. E dunque, c'è almeno una parte della Realtà in cui non vige la meccanica di causa-effetto, sebbene tale parte sia causa delle altre parti, quelle dove la meccanica causa-effetto vige.
Te capì?
All'interno della parte di Realtà da noi conosciuta, ogni causa ha un effetto e ogni effetto ha una causa, per dirla simpliciter. Ma se consideriamo la Realtà nel suo complesso, incluse le parti a noi sconosciute, e quindi TUTTO (compresi passato e futuro d'ogni cosa), ovviamente non c'è NIENTE altro al di fuori di essa. E dunque, c'è almeno una parte della Realtà in cui non vige la meccanica di causa-effetto, sebbene tale parte sia causa delle altre parti, quelle dove la meccanica causa-effetto vige.
Te capì?
#3
30 Novembre 2011 - 18:07
Quanto poi a COSA diavolo sia questa parte sconosciuta della Realtà, altrettanto ovviamente io non posso darti una risposta «scientifica» come vorresti, dato che nessuno la conosce.
Al limite potrei darti una risposta «poetica»...
Al limite potrei darti una risposta «poetica»...
#4
30 Novembre 2011 - 22:41
Senza nessun intento offensivo alla tua intelligenza, per carità, non è
che non ho intenzione di prendere in considerazione i tuoi
ragionamenti, ma tenderei (logicamente) più a fidarmi di pareri un po'
più autorevoli a riguardo: il tuo grado di autorevolezza in materia
scientifica, ripeto, con tutto il rispetto del mondo, non so quanto
possa essere affidabile, dato che non sei uno scienziato. Ecco perchè
chiedevo l'acquisizione delle fonti alle quali credevo avessi attinto:
invece mi pare di capire che l'unica fonte delle "coraggiose conclusioni
scientifiche" (ripeto: scritte, tra l'altro, in una forma tale da
lasciarne intendere il presunto carattere di definitività da parte della
comunità scientifica internazionale, nel qual caso allora non vedo
quale problema ci sarebbe da parte tua nel ricercare una fonte, anche se
non ne hai usate tu personalmente, sufficientemente autorevole che
confermi le tue affermazioni) di cui parliamo sia soltanto tu.
Benissimo, basta saperlo.
"All'interno della parte di Realtà da noi conosciuta, ogni causa ha un effetto e ogni effetto ha una causa, per dirla simpliciter. Ma se consideriamo la Realtà nel suo complesso, incluse le parti a noi sconosciute, e quindi TUTTO (compresi passato e futuro d'ogni cosa), ovviamente non c'è NIENTE altro al di fuori di essa. E dunque, c'è almeno una parte della Realtà in cui non vige la meccanica di causa-effetto, sebbene tale parte sia causa delle altre parti, quelle dove la meccanica causa-effetto vige."
"Realtà", per me, come tra l'altro sembri essere d'accordo pure tu in queste righe, è già sinonimo di "Tutto", quindi è ovvio che oltre non ci sia niente, proprio per il motivo che se già la Realtà è Tutto, non ha senso parlare di un "oltre" (cosa vuoi che ci sia "oltre" il "Tutto" se è già "Tutto"? perdona il gioco di parole). Ora, francamente, non capisco proprio quale sia il nesso logico che ti porta, da questa ovvia costatazione (cioè che parlare di "Realtà significa già di per sè parlare di "Tutto"), alla tutt'altro che ovvia conclusione che vi sia una parte di essa che non obbedisca al principio di causa-effetto. Ci sarebbero dunque, secondo te, due blocchi di Realtà distinti, fisicamente separati da una barriera? E in cosa consisterebbe questa barriera?
Francamente, con tutto il rispetto per le tue idee e i tuoi ragionamenti, preferisco credere (sottolineo "credere", non avere la certezza, come fai tu per le tue conclusioni), a meno di future dimostrazioni che mi smentiscano, che la Realtà sia un unico solo infinito blocco indivisibile in cui il principio causa-effetto sia immutabile in ogni suo punto, in quanto non ho ragione, almeno per ora, di credere il contrario.
"All'interno della parte di Realtà da noi conosciuta, ogni causa ha un effetto e ogni effetto ha una causa, per dirla simpliciter. Ma se consideriamo la Realtà nel suo complesso, incluse le parti a noi sconosciute, e quindi TUTTO (compresi passato e futuro d'ogni cosa), ovviamente non c'è NIENTE altro al di fuori di essa. E dunque, c'è almeno una parte della Realtà in cui non vige la meccanica di causa-effetto, sebbene tale parte sia causa delle altre parti, quelle dove la meccanica causa-effetto vige."
"Realtà", per me, come tra l'altro sembri essere d'accordo pure tu in queste righe, è già sinonimo di "Tutto", quindi è ovvio che oltre non ci sia niente, proprio per il motivo che se già la Realtà è Tutto, non ha senso parlare di un "oltre" (cosa vuoi che ci sia "oltre" il "Tutto" se è già "Tutto"? perdona il gioco di parole). Ora, francamente, non capisco proprio quale sia il nesso logico che ti porta, da questa ovvia costatazione (cioè che parlare di "Realtà significa già di per sè parlare di "Tutto"), alla tutt'altro che ovvia conclusione che vi sia una parte di essa che non obbedisca al principio di causa-effetto. Ci sarebbero dunque, secondo te, due blocchi di Realtà distinti, fisicamente separati da una barriera? E in cosa consisterebbe questa barriera?
Francamente, con tutto il rispetto per le tue idee e i tuoi ragionamenti, preferisco credere (sottolineo "credere", non avere la certezza, come fai tu per le tue conclusioni), a meno di future dimostrazioni che mi smentiscano, che la Realtà sia un unico solo infinito blocco indivisibile in cui il principio causa-effetto sia immutabile in ogni suo punto, in quanto non ho ragione, almeno per ora, di credere il contrario.
utente anonimo [Antonio] |
#5
30 Novembre 2011 - 23:29
Ma allora sei de coccio!!!... E va bene, facciamo finta
che in tutta la Realtà viga la meccanica di causa-effetto. Allora qui
rispondi a questa semplicissima questione: da cosa fu/è causata la
Realtà?
#6
01 Dicembre 2011 - 01:46
Ah, per me, da niente. La Realtà, per me,
non ha nessuna causa. E proprio per questo non la ritengo si possa
definire un puro "effetto" (effetto di cosa?), dato che una causa non
c'è. La realtà "è", per me il discorso, fino a dimostrazione contraria,
termina qui.
Molti confondono il principio causa-effetto con la creazione (o, parimenti, con la distruzione) di materia dal nulla. Siccome in natura, a quanto ne so, non ancora pare si sia osservato nulla di simile (anche perchè concetti come il nulla, l'assenza totale di materia o di energia, il vuoto ideale, non esistono, ma esistono semmai, o sono riproducibili in laboratorio, luoghi con condizioni che approssimano bene ma non raggiungono e, credo, raggiungeranno mai tali situazioni che restano "ideali"), che oltretutto contraddirebbe i fondamentali principi di conservazione di massa, energia e quant'altro, non ho proprio nessuna ragione per credere che mai qualcosa sia stato creato, appunto, dal nulla, Realtà compresa. Ecco perchè, per ora, non ho nessun motivo per credere che la Realtà abbia una causa.
Molti confondono il principio causa-effetto con la creazione (o, parimenti, con la distruzione) di materia dal nulla. Siccome in natura, a quanto ne so, non ancora pare si sia osservato nulla di simile (anche perchè concetti come il nulla, l'assenza totale di materia o di energia, il vuoto ideale, non esistono, ma esistono semmai, o sono riproducibili in laboratorio, luoghi con condizioni che approssimano bene ma non raggiungono e, credo, raggiungeranno mai tali situazioni che restano "ideali"), che oltretutto contraddirebbe i fondamentali principi di conservazione di massa, energia e quant'altro, non ho proprio nessuna ragione per credere che mai qualcosa sia stato creato, appunto, dal nulla, Realtà compresa. Ecco perchè, per ora, non ho nessun motivo per credere che la Realtà abbia una causa.
utente anonimo [Antonio] |
#7
01 Dicembre 2011 - 16:44
Savi Lumi! son ore che sto a dire che la Realtà non ha nessuna causa fuor di sé, e tu mò arrivi a dire a me la stessa cosa?
Allora tutto il burdello era sulla parola «effetto»? ma che tte frega a tte se qqua per dire che una cosa non ha causa la si chiami una «cosa senza causa» o un «effetto senza causa»? è UGUALE!, salvo che la seconda delle due espressioni è più graziosa, in quanto paradossale.
Benedetto mio eromenos senza eros (altro grazioso paradosso), son settimane che meno e rimeno nelle mie lectiones sopra l'idea che il vero, per essere perfettamente illuminato, necessita d'una mescolanza di tre colori: linguaggio scientifico, filosofico e poetico; ma tu, ahimè, non mi sarai un daltonico linguistico?
O Muse, o alto ingegno, or l'aiutate!
Allora tutto il burdello era sulla parola «effetto»? ma che tte frega a tte se qqua per dire che una cosa non ha causa la si chiami una «cosa senza causa» o un «effetto senza causa»? è UGUALE!, salvo che la seconda delle due espressioni è più graziosa, in quanto paradossale.
Benedetto mio eromenos senza eros (altro grazioso paradosso), son settimane che meno e rimeno nelle mie lectiones sopra l'idea che il vero, per essere perfettamente illuminato, necessita d'una mescolanza di tre colori: linguaggio scientifico, filosofico e poetico; ma tu, ahimè, non mi sarai un daltonico linguistico?
O Muse, o alto ingegno, or l'aiutate!
#8
02 Dicembre 2011 - 01:20
"Savi Lumi! son ore che sto a dire che la Realtà non ha nessuna causa fuor di sé, e tu mò arrivi a dire a me la stessa cosa?"
Non esattamente: non hai per niente mai scritto che la Realtà non ha nessuna causa fuor di sè (al che non avrei avuto nulla da ridire), ma soltanto che una parte di essa consisterebbe in "effetto" (volendo anche tralasciare la mia personale opinione circa l'assoluta inappropriatezza del termine, in luogo del quale ne ricercherei un altro che non abbia correlazioni col concetto di "causa") privo di causa. "Una parte di essa" non è tutta la Realtà, ne convieni? E per poter affermare che solo una parte di Realtà non obbedirebbe al principio di causalità, temo che occorrerebbe dimostrarlo.
Non esattamente: non hai per niente mai scritto che la Realtà non ha nessuna causa fuor di sè (al che non avrei avuto nulla da ridire), ma soltanto che una parte di essa consisterebbe in "effetto" (volendo anche tralasciare la mia personale opinione circa l'assoluta inappropriatezza del termine, in luogo del quale ne ricercherei un altro che non abbia correlazioni col concetto di "causa") privo di causa. "Una parte di essa" non è tutta la Realtà, ne convieni? E per poter affermare che solo una parte di Realtà non obbedirebbe al principio di causalità, temo che occorrerebbe dimostrarlo.
utente anonimo [Antonio] |
#9
03 Dicembre 2011 - 16:11
Tra poco inizierò con le ghiastemme: ma allora sei di stracoccio!!! non devo dimostrare proprio un piffero, perché è di per sé straevidente
che una parte della Realtà funziona in base alla meccanica di
causa-effetto (infatti se io ti do una martellata sul cranio ciò sarà
causa di tuo intenso dolore), e che invece un'altra parte non ha avuto
causa (infatti la Realtà c'è). Tale parte non è altro che la causa del
resto; puoi identificarla, se ti va, con il Big Bang, o con Dio, o col
diavolo che ti pare, ma in ogni caso c'è stata e/o c'è, altrimenti non
ci sarebbe il resto. Amen.
#10
04 Dicembre 2011 - 13:59
"e che invece un'altra parte non ha avuto causa"
Mi dispiace Marco, ma temo che non possono esistere "parti" di realtà prive di causa (o almeno fino ad ora in natura mai è stato osservato qualcosa del genere). Dunque, se lo affermi, devi dimostrarlo, chè non è affatto di per sè evidente (per quale motivo sarebbe così evidente non è dato saperlo, lo stai affermando e dando per scontato senza argomentazioni scientifiche solo tu), almeno scientificamente. Ma a maggior ragione, se è davvero così evidente , non dovresti avere troppe difficoltà a spiegare con serie considerazioni scientifiche la questione, invece di filosoficchiare a vuoto. O no?
Mi dispiace Marco, ma temo che non possono esistere "parti" di realtà prive di causa (o almeno fino ad ora in natura mai è stato osservato qualcosa del genere). Dunque, se lo affermi, devi dimostrarlo, chè non è affatto di per sè evidente (per quale motivo sarebbe così evidente non è dato saperlo, lo stai affermando e dando per scontato senza argomentazioni scientifiche solo tu), almeno scientificamente. Ma a maggior ragione, se è davvero così evidente , non dovresti avere troppe difficoltà a spiegare con serie considerazioni scientifiche la questione, invece di filosoficchiare a vuoto. O no?
utente anonimo [Antonio] |
#11
04 Dicembre 2011 - 21:21
Mi dispiace Antonio, ma temo che tu ti sia
completamente rimbecillito. Infatti, prima hai detto che la Realtà è
priva di causa, e ora dici che non esiste alcunché privo di causa. Cazzi
bardazzi!
#12
05 Dicembre 2011 - 01:49
Palasciano disattento e, spero ingenuamente, bugiardo: dove ho mai scritto che non esisterebbe alcunchè privo di causa? Mi citeresti testualmente il passaggio, di grazia?
Ho scritto, semmai, che non vi possono essere "parti" di realtà prive di causa, il che non equivale a dire "alcunchè" come vorresti. Infatti, considerare tutta la Realtà, che è infinita e non ha causa, è un conto; diverso è considerarne solo delle "parti": queste non possono non avere una causa, diversamente da quanto affermi tu ("una parte di essa [la Realtà] dovendo necessariamente consistere in effetto privo di causa", oppure ancora "e che invece un'altra parte [sempre di Realtà] non ha avuto causa"), senza oltretutto dimostrarlo.
Il succo della nostra diatriba è questo: io dico che l'unica cosa a non avere una causa è TUTTA la Realtà, nel suo complesso, tu invece dici che soltanto una parte di essa, e NON tutta, non avrebbe una causa. Benissimo, vorrei tanto darti ragione, ma allora dovresti dirci quale sarebbe questa parte di Realtà, e soprattutto cosa significa che non avrebbe avuto una causa. Per caso, intendi mica che sarebbe venuta fuori dal nulla? E questo implicherebbe, oltre che una contraddizione coi principi di conservazione, anche la complicazione di dover ulteriormente dimostrare l'esistenza del nulla. :-S
Ho scritto, semmai, che non vi possono essere "parti" di realtà prive di causa, il che non equivale a dire "alcunchè" come vorresti. Infatti, considerare tutta la Realtà, che è infinita e non ha causa, è un conto; diverso è considerarne solo delle "parti": queste non possono non avere una causa, diversamente da quanto affermi tu ("una parte di essa [la Realtà] dovendo necessariamente consistere in effetto privo di causa", oppure ancora "e che invece un'altra parte [sempre di Realtà] non ha avuto causa"), senza oltretutto dimostrarlo.
Il succo della nostra diatriba è questo: io dico che l'unica cosa a non avere una causa è TUTTA la Realtà, nel suo complesso, tu invece dici che soltanto una parte di essa, e NON tutta, non avrebbe una causa. Benissimo, vorrei tanto darti ragione, ma allora dovresti dirci quale sarebbe questa parte di Realtà, e soprattutto cosa significa che non avrebbe avuto una causa. Per caso, intendi mica che sarebbe venuta fuori dal nulla? E questo implicherebbe, oltre che una contraddizione coi principi di conservazione, anche la complicazione di dover ulteriormente dimostrare l'esistenza del nulla. :-S
utente anonimo [Antonio] |
#13
06 Dicembre 2011 - 02:21
Ahimè: chi scriva «dove ho mai scritto che non esisterebbe alcunchè
privo di causa?», e poche righe dopo scriva che «a non avere una causa è
TUTTA la Realtà», ebbene, o ha qualche problema con la logica, o ha
qualche problema con la lingua italiana. Per il resto, è ormai chiaro
che hai confuso il non avere una causa con il non avere in sé vigente la meccanica di causa-effetto;
or dunque disconfondi i due concetti, rileggi i detti miei, e vedrai
quanto sono splendidamente nella ragione, e sempre vi fui; e pur tu vi
sarai, s'ivi me segui. Baci disperati.
#14
06 Dicembre 2011 - 04:22
Avendo premesso che per Realtà, presa nel
sua totalità, intendo un unico infinito blocco indivisibile in cui vige
il principio di causalità in ogni sua parte, ritengo che tale blocco,
ripeto, INFINITO, considerato, ripeto, NELLA SUA TOTALITA', non abbia
una causa, essendo appunto infinito. Diverso è invece considerare solo
delle sue singole parti, o addirittura una sola come fai tu, le quali
non possono non avere una causa non essendo di per sè esse TUTTA la
realtà nel suo complesso ma bensì soltanto sue porzioni. Mi spiegheresti
dove sarebbe la contraddizione logica in questo ragionamento?
Cercherò di spiegarmi ancora meglio con un semplice esempio molto semplificativo: se vogliamo, possiamo paragonare la Realtà all'insieme infinito dei numeri interi, vale a dire all'insieme infinito che comprende a sua volta i due insiemi infiniti dei numeri naturali (cioè lo zero e gli interi positivi) e degli interi negativi. Volendo riprodurre il principio di causalità, potremmo identificarlo col fatto che ogni numero di tale insieme è la causa di quello successivo attraverso la legge n=n+1, dove n è appunto un qualsiasi intero. Ebbene, è indubbiamente vero che tale legge è valida per ogni n, ma considerando TUTTO l'infinito contenitore dei numeri interi, nel suo complesso, parlare di tale legge non ha più neanche molto senso, ed è esattamente lo stesso ragionamento che faccio io con la Realtà. Essa è infinita, presa nel suo complesso non può avere causa, non avendo confini che la delimitino. La causa ce l'hanno solo le sue singole parti, ma la Realtà tutta, considerata nel suo complesso, come un contenitore senza confini, non può avere causa e dunque essere effetto di niente; viceversa la causalità è evidente invece per ogni sua porzione. Tu affermi invece che almeno una di queste porzioni (e NON l'insieme infinito di tutte le porzioni, cioè la Realtà stessa) non avrebbe causa: ma benedettiddio, ci vuoi dire quale sarebbe questa porzione?
Cercherò di spiegarmi ancora meglio con un semplice esempio molto semplificativo: se vogliamo, possiamo paragonare la Realtà all'insieme infinito dei numeri interi, vale a dire all'insieme infinito che comprende a sua volta i due insiemi infiniti dei numeri naturali (cioè lo zero e gli interi positivi) e degli interi negativi. Volendo riprodurre il principio di causalità, potremmo identificarlo col fatto che ogni numero di tale insieme è la causa di quello successivo attraverso la legge n=n+1, dove n è appunto un qualsiasi intero. Ebbene, è indubbiamente vero che tale legge è valida per ogni n, ma considerando TUTTO l'infinito contenitore dei numeri interi, nel suo complesso, parlare di tale legge non ha più neanche molto senso, ed è esattamente lo stesso ragionamento che faccio io con la Realtà. Essa è infinita, presa nel suo complesso non può avere causa, non avendo confini che la delimitino. La causa ce l'hanno solo le sue singole parti, ma la Realtà tutta, considerata nel suo complesso, come un contenitore senza confini, non può avere causa e dunque essere effetto di niente; viceversa la causalità è evidente invece per ogni sua porzione. Tu affermi invece che almeno una di queste porzioni (e NON l'insieme infinito di tutte le porzioni, cioè la Realtà stessa) non avrebbe causa: ma benedettiddio, ci vuoi dire quale sarebbe questa porzione?
utente anonimo [Antonio] |
#15
06 Dicembre 2011 - 20:31
Ecco, appunto: se vuoi paragonare la Realtà
alla serie dei numeri naturali, che partono da zero e "arrivano" a
infinito, la meccanica di causa-effetto sarebbe la legge del +1; ma
allora, non essendoci niente prima dello 0, vedresti che per lo 0 quella
legge non vale. E così come nella serie di numeri naturali lo 0, pur
facendone parte, non è soggetto alla legge del +1, nella Realtà c'è
qualcosa che, pur facendone parte, non è soggetto alla meccanica di
causa-effetto. Soddisfetto?
#16
07 Dicembre 2011 - 00:43
Marchitelli, perchè distorci i discorsi
degli altri a tuo uso e consumo? Io ho paragonato la Realtà alla serie
dei numeri interi, non dei numeri naturali, i quali rappresentano solo
la metà positiva degli interi, più lo zero. I numeri interi vanno da meno infinito a più infinito,
non c'è un punto di inizio. Sei te che vuoi a tutti costi ci sia un
punto di inizio, un principio. Come puoi notare, per la serie degli
interi il principio di causalità -che abbiamo assunto come la legge
secondo la quale, dato un intero n, esso rappresenterebbe la causa del
suo successivo n+1 (ma invero potremmo usare una legge algebrica
qualsiasi)- è valido in ogni suo punto, cioè per ogni n, negativo,
neutro o positivo che sia. Viceversa, il principio non è valido se
invece di prendere una sola porzione n, prendiamo in considerazione
TUTTO l'insieme degli n, nel complesso, il quale essendo infinito, non
ha un principio, non ha cause e dunque non è "effetto" di niente. C'è e
basta. Come la Realtà.
utente anonimo [Antonio] |
#17
07 Dicembre 2011 - 02:33
E io lo sapevo che tiravi in ballo il meno
infinito! Antonelli, perché sei così prevedibile? così meccanico? così
causa-effetto? che tedio! quasi, che odio! No, mai odiarti potrei. Ma
avevo intanto, è ovvio, già pronta la risposta: «Ti rendi conto o no che
la Realtà è una cosa e che l'astrazione matematica è un'altra? per la
strada tu puoi incontrare un gruppo di tre persone, ma certo non
incontrerai mai un gruppo di meno tre persone»...
In ogni caso, perdonami ma non posso più né più voglio perder tempo (anche se il tempo non esiste) a continuare questa sterilissima disputa; riparliamone, semmai, quando sarai completamente uscito dall'adolescenza, la quale è (ma finchè uno ci è dentro non può accorgersene) una lente che storce la visione. Davvero, basta con queste cose pedanti; son poeta, e ne soffro; abbi pietà. Ad maiora, ad pulchriora.
In ogni caso, perdonami ma non posso più né più voglio perder tempo (anche se il tempo non esiste) a continuare questa sterilissima disputa; riparliamone, semmai, quando sarai completamente uscito dall'adolescenza, la quale è (ma finchè uno ci è dentro non può accorgersene) una lente che storce la visione. Davvero, basta con queste cose pedanti; son poeta, e ne soffro; abbi pietà. Ad maiora, ad pulchriora.
#18
07 Dicembre 2011 - 03:34
Come avevo già premesso, l'esempio
dell'insieme degli interi è puramente semplificativo. Non c'entra molto
il fatto che a sinistra dello zero ci siano numeri negativi, anzi se
proprio ti dà fastidio questa simbologia puoi comodamente sostituire
tutti i numeri, sia positivi che negativi, con altri simboli, per
esempio delle lettere, la cosa importante è che siano in quantità infinita. Esattamente come è infinita la quanità di regressi causa-effetto della Realtà, diversamente da quanto pensi tu.
Comunque, mi era nota la tua spiccata inclinazione per il monologo, tuttavia non credevo fossi così allergico al dialogo! :-S Percui, da buon adolescente, ne prendo atto e mi taccio. Peccato, perchè trattavasi di argomenti, almeno per me, estremamente interessanti.
Comunque, mi era nota la tua spiccata inclinazione per il monologo, tuttavia non credevo fossi così allergico al dialogo! :-S Percui, da buon adolescente, ne prendo atto e mi taccio. Peccato, perchè trattavasi di argomenti, almeno per me, estremamente interessanti.
utente anonimo [Antonio] |
#19
07 Dicembre 2011 - 13:31
«la cosa importante è che siano in quantità infinita»: peccato che questo dogma sia solo nella tua testa. Difatti, la parte di Realtà che conosciamo - e cioè quella soggetta alla meccanica di causa-effetto - non solo ha avuto un inizio, con un volgarissimo Big Bang, ma è destinata, a quanto pare, a finire,
e anche piuttosto miseramente: le galassie si disperderanno, il gelo
crescerà, le stelle si spegneranno, gli atomi si disfaranno, le
particelle e le onde svaniranno, non rimarrà più nulla.
(Questo lo dice la scienza, quella scienza che tu tanto ami, e che consideri l'unica sacra fonte di verità... fregandotene del fatto che gli scienziati stessi ammettono che la scienza da sola non basta a conoscere il mondo, e che dire che essa basti non è scientifico!)
Fortunatamente c'è un'altra parte di Realtà, che non conosciamo, in cui alberga il principio eterno dell'Essere - non soggetto alla meccanica di causa-effetto.
(Questo non lo dice la scienza, ma la filosofia, e in ispecifico le filosofie come la mia. Ma tu, come sappiamo, dici che la filosofia è una pura stronzata: a questo punto statti con la tua fredda e morta scienza... no, non scienza, scusate, ma scientismo... e buona notte.)
(Questo lo dice la scienza, quella scienza che tu tanto ami, e che consideri l'unica sacra fonte di verità... fregandotene del fatto che gli scienziati stessi ammettono che la scienza da sola non basta a conoscere il mondo, e che dire che essa basti non è scientifico!)
Fortunatamente c'è un'altra parte di Realtà, che non conosciamo, in cui alberga il principio eterno dell'Essere - non soggetto alla meccanica di causa-effetto.
(Questo non lo dice la scienza, ma la filosofia, e in ispecifico le filosofie come la mia. Ma tu, come sappiamo, dici che la filosofia è una pura stronzata: a questo punto statti con la tua fredda e morta scienza... no, non scienza, scusate, ma scientismo... e buona notte.)
#20
07 Dicembre 2011 - 14:19
"«la cosa importante è che siano in quantità infinita»: peccato che questo dogma sia solo nella tua testa. Difatti, la parte di Realtà che conosciamo - e cioè quella soggetta alla meccanica di causa-effetto - non solo ha avuto un inizio, con un volgarissimo Big Bang, ma è destinata, a quanto pare, a finire,
e anche piuttosto miseramente: le galassie si disperderanno, il gelo
crescerà, le stelle si spegneranno, gli atomi si disfaranno, le
particelle e le onde svaniranno, non rimarrà più nulla."
La teoria del Big Bang, lungi dall'essere oltretutto completamente definita (i primissimi infinitesimi istanti non sono ancora stati indagati), tuttavia, descrive il comportamento di un Universo (il nostro) a partire da un punto: ma che quel punto sia il principio di tutto, escludendo che prima ci fosse il nulla, è soltanto, tanto per farti il verso, un dogma che alberga nella tua testa. Per esempio, tanto per cominciare, potresti leggerti questo articolo tratto da Le Scienze:
http://www.lescienze.it/news/2010/11/24/news/l_universo_prima_del_big_bang-553900/
E ne ricordo un'altro ancor più bello e dettagliato uscito uno o due numeri fa sempre in Le Scienze. Lo (ri)cercherò.
Fidati Marco, gli è che stai un po' indietro coi passi della Scienza, tutto preso dalle inutilità filosofiche. :-S
La teoria del Big Bang, lungi dall'essere oltretutto completamente definita (i primissimi infinitesimi istanti non sono ancora stati indagati), tuttavia, descrive il comportamento di un Universo (il nostro) a partire da un punto: ma che quel punto sia il principio di tutto, escludendo che prima ci fosse il nulla, è soltanto, tanto per farti il verso, un dogma che alberga nella tua testa. Per esempio, tanto per cominciare, potresti leggerti questo articolo tratto da Le Scienze:
http://www.lescienze.it/news/2010/11/24/news/l_universo_prima_del_big_bang-553900/
E ne ricordo un'altro ancor più bello e dettagliato uscito uno o due numeri fa sempre in Le Scienze. Lo (ri)cercherò.
Fidati Marco, gli è che stai un po' indietro coi passi della Scienza, tutto preso dalle inutilità filosofiche. :-S
utente anonimo [Antonio] |
#21
07 Dicembre 2011 - 18:32
Pardon, intendevo dire "escludendo che prima ci fosse qualcosa" (anzichè il nulla), e "un altro ancor più bello ecc." (anzichè un'altro con l'apostrofo :-O)
utente anonimo [Antonio] |
#22
07 Dicembre 2011 - 20:50
Ma guarda che, credendo di darmi torto, mi hai dato ragione:
infatti prima del Big Bang, se fu uno, o del primo di vari Big Bangs,
se fur vari (dire «prima» è inesatto, perché il tempo non c'era [e forse
non c'è neanche adesso], ma pazienza...), non c'era certo il nulla,
bensì puramente il principio eterno dell'Essere; questo, non altro, è
quello che io credo (e che tu, per tua ebefrenia, non credi). Come puoi
affermare che io affermi che alla base di tutto ci sia il nulla, visto
il titolo della prossima puntata del mio seminario? non ci hai fatto
caso? eppure è scritto nel programma da ormai quasi tre mesi: Alla base di tutto non c'è il Nulla ma il Tutto.
#23
08 Dicembre 2011 - 00:09
Temo vi siate infilati in una selva di affermazioni indecidibili.
Qui si considera la posizione di chi afferma che 1) la realtà è causalità; 2) la realtà come tale, in quanto causalità, è causa di sé stessa, dunque non ha causa. Ciò vuol dire che o la causalità non è reale, o che la realtà non è causalità. In altre parole, un esempio molto lambiccato e contorto di applicazione dei teoremi di incompletezza, in cui entrambi i contendenti affermano il vero e il falso contemporaneamente, e non ne verranno mai a capo...
DV
Qui si considera la posizione di chi afferma che 1) la realtà è causalità; 2) la realtà come tale, in quanto causalità, è causa di sé stessa, dunque non ha causa. Ciò vuol dire che o la causalità non è reale, o che la realtà non è causalità. In altre parole, un esempio molto lambiccato e contorto di applicazione dei teoremi di incompletezza, in cui entrambi i contendenti affermano il vero e il falso contemporaneamente, e non ne verranno mai a capo...
DV
utente anonimo [Daniele Ventre] |
#24
08 Dicembre 2011 - 00:24
Insomma, prima dici che la Realtà non solo
ha avuto un inizio col Big Bang (e non è vero), ma è destinata pure a
finire miseramente (e non è altrettanto vero), e ora ti rimangi tutto.
Mah, deciditi!
Poi: "Prima del primo di vari Big Bangs", è un'affermazione che va dimostrata per poter essere proferita, perchè secondo le nuove teorie non vi sarebbe un primo Big Bang seguito da infiniti altri, ma infiniti Big Bangs (o, secondo un'altra teoria ancora, collisioni, non esplosioni, ma la sostanza non cambia) che da sempre si susseguono in maniera ciclica nell'eternità. Torniamo dunque al punto di partenza: se hai l'ardire di affermare che v'è stato un primo Big Bang: devi dimostrarlo! Perchè sei inchiodato al dogma infantile di un principio primo causa di tutto il resto? Tanto vale che diventi cristiano e cominci a credere in Dio creatore del cielo e della terra e di tutte le cose ecc.. :-S
Senza contare poi l'assoluta inappropriatezza di anacronistiche considerazioni filosofiche in un contesto altamente scientifico quale è quello che stiamo trattando: in cosa consisterebbe, da un punto di vista scientifico, questo "principio dell'Essere" che precederebbe il primo dei vari Big Bangs, volendo anche tralasciare il fatto che un primo Big Bang, stando alle nuove teorie, non vi fu manco per niente? Perchè hai bisogno di ricorrere alla fantasia, alla stregua dei peggiori fanatici religiosi, per spiegare la Realtà, quando l'unica Maestra fonte di vera conoscenza in grado di spiegare come essa funzioni è la Scienza? Tutto il massimo e dovuto rispetto per la fantasia, nobilissimo mezzo artistico, letterario e filosofico, ma che rimanga al suo dannatissimo posto! :-D
Poi: "Prima del primo di vari Big Bangs", è un'affermazione che va dimostrata per poter essere proferita, perchè secondo le nuove teorie non vi sarebbe un primo Big Bang seguito da infiniti altri, ma infiniti Big Bangs (o, secondo un'altra teoria ancora, collisioni, non esplosioni, ma la sostanza non cambia) che da sempre si susseguono in maniera ciclica nell'eternità. Torniamo dunque al punto di partenza: se hai l'ardire di affermare che v'è stato un primo Big Bang: devi dimostrarlo! Perchè sei inchiodato al dogma infantile di un principio primo causa di tutto il resto? Tanto vale che diventi cristiano e cominci a credere in Dio creatore del cielo e della terra e di tutte le cose ecc.. :-S
Senza contare poi l'assoluta inappropriatezza di anacronistiche considerazioni filosofiche in un contesto altamente scientifico quale è quello che stiamo trattando: in cosa consisterebbe, da un punto di vista scientifico, questo "principio dell'Essere" che precederebbe il primo dei vari Big Bangs, volendo anche tralasciare il fatto che un primo Big Bang, stando alle nuove teorie, non vi fu manco per niente? Perchè hai bisogno di ricorrere alla fantasia, alla stregua dei peggiori fanatici religiosi, per spiegare la Realtà, quando l'unica Maestra fonte di vera conoscenza in grado di spiegare come essa funzioni è la Scienza? Tutto il massimo e dovuto rispetto per la fantasia, nobilissimo mezzo artistico, letterario e filosofico, ma che rimanga al suo dannatissimo posto! :-D
utente anonimo [Antonio] |
#25
08 Dicembre 2011 - 00:30
PS: mentre scrivevo è intervenuto, immagino,
Daniele Ventre, che approfitto per salutare cordialmente. Rileggo
l'intervento e se avrò qualcosa da dire, lo dirò.
utente anonimo [Antonio] |
#26
08 Dicembre 2011 - 00:54
Caro Daniele, come ben saprai, una ipotesi,
una congettura, anche una semplice affermazione, è indecidibile quando,
contemporaneamente: 1) è indimostrabile: quando cioè è impossibile dimostrare che sia vera; 2) è irrefutabile: quando cioè è impossibile dimostrare che sia falsa. Un esempio concreto di congettura indecidibile è la famosa ipotesi del continuo
formulata da Cantor, la cui indecidibilità fu dimostrata nel
Novecento mi pare dal logico Paul Cohen (vado a memoria da alcune
lezioni di logica di Odifreddi).
Ora, io non credo di aver mai affermato niente di indimostrabile, nè di irrefutabile, quantomeno consciamente: mi sono limitato a riportare quelle che sono le più attuali posizioni teorico-scientifiche riguardo alle origini, se mai vi furono, della Realtà. Se qualcosa vi è di indimostrabile o di irrefutabile in ciò, sarà in ogni caso la Scienza stessa a stabilirlo. Ma mai mi permetterei di ricorrere alla fantasia o a concetti che scientificamente non stanno nè in cielo nè in terra per spiegare la Realtà.
Ora, io non credo di aver mai affermato niente di indimostrabile, nè di irrefutabile, quantomeno consciamente: mi sono limitato a riportare quelle che sono le più attuali posizioni teorico-scientifiche riguardo alle origini, se mai vi furono, della Realtà. Se qualcosa vi è di indimostrabile o di irrefutabile in ciò, sarà in ogni caso la Scienza stessa a stabilirlo. Ma mai mi permetterei di ricorrere alla fantasia o a concetti che scientificamente non stanno nè in cielo nè in terra per spiegare la Realtà.
utente anonimo [Antonio] |
#27
08 Dicembre 2011 - 02:22
Ora veramente basta; il buon Ventre, tra qui
e altrove, mi ha fatto ben capire quanto sia inutile tutta questa
disputa, per complesse ragioni che sarebbe qui noiosissimo tentare di
riassumere, quindi facciamo finta che semplicemente io mi sia espresso male e Antonio abbia inteso peggio.
Quanto a te, che più che ad assistente ti atteggi a serpe in seno, ma non ti accorgi di quanto risulti imbarazzantemente saccente ai nostri lettori? «assoluta inappropriatezza di anacronistiche considerazioni filosofiche in un contesto altamente scientifico»: ma da dove ti escono queste amenità distruttive? ma chi pensi di essere, la reincarnazione di Galilei? ma quale contesto altamente scientifico, se non sei uno scienziato e non hai neanche un briciolo di umiltà scientifica, tu, senza contare che la scienza di oggi sta a quella di domani come il flogisto sta alla termodinamica? ma quali anacronistiche considerazioni, se non hai manco capito il mio pensiero, che almeno rispetto al tuo sta avanti di diecimila anni? e come osi definirmi, addirittura, «inchiodato a un dogma infantile»? quel cosiddetto dogma, a parte che l'hai mal inteso (soprattutto perché non vuoi intendere), è infantile solo nel tuo giudizio: un giudizio quello sì veramente infantile, nella sua irritante ostinazione a sentenziare che «l'unica Maestra fonte di vera conoscenza in grado di spiegare come funzioni la realtà è la Scienza», quando gli scienziati veri (cosa che tu non sei e non sarai mai) dichiarano essi stessi che la scienza non è la sola forma di conoscenza valida: l'ho già detto, e ripetuto, e tu manco per il cazzo! niente! non vuole entrarti nella testa! mi viene da urlarti «Imbecille...» ma devo trattenermi, poiché il mio amore per te è grande e dopo starei molto male; ciononostante, credo che adesso andrò a prendere a bastonate un cuscino con una mazza, figurandomi che sei tu, poiché devo pur sfogarmi in qualche modo.
Quanto a te, che più che ad assistente ti atteggi a serpe in seno, ma non ti accorgi di quanto risulti imbarazzantemente saccente ai nostri lettori? «assoluta inappropriatezza di anacronistiche considerazioni filosofiche in un contesto altamente scientifico»: ma da dove ti escono queste amenità distruttive? ma chi pensi di essere, la reincarnazione di Galilei? ma quale contesto altamente scientifico, se non sei uno scienziato e non hai neanche un briciolo di umiltà scientifica, tu, senza contare che la scienza di oggi sta a quella di domani come il flogisto sta alla termodinamica? ma quali anacronistiche considerazioni, se non hai manco capito il mio pensiero, che almeno rispetto al tuo sta avanti di diecimila anni? e come osi definirmi, addirittura, «inchiodato a un dogma infantile»? quel cosiddetto dogma, a parte che l'hai mal inteso (soprattutto perché non vuoi intendere), è infantile solo nel tuo giudizio: un giudizio quello sì veramente infantile, nella sua irritante ostinazione a sentenziare che «l'unica Maestra fonte di vera conoscenza in grado di spiegare come funzioni la realtà è la Scienza», quando gli scienziati veri (cosa che tu non sei e non sarai mai) dichiarano essi stessi che la scienza non è la sola forma di conoscenza valida: l'ho già detto, e ripetuto, e tu manco per il cazzo! niente! non vuole entrarti nella testa! mi viene da urlarti «Imbecille...» ma devo trattenermi, poiché il mio amore per te è grande e dopo starei molto male; ciononostante, credo che adesso andrò a prendere a bastonate un cuscino con una mazza, figurandomi che sei tu, poiché devo pur sfogarmi in qualche modo.
#28
08 Dicembre 2011 - 03:16
Premessa: non sono molto abituato a rendere
conto delle offese rivoltemi: le ritengo soltanto sterili provocazioni, e
in quanto tali sono solito ignorarle.
Se, viceversa, si vuole entrare nel merito delle questioni in gioco, bene, e allora sarò anche disposto a continuare un sano e costruttivo dibattito. Altrimenti mi vedrò costretto a rinunciarvi.
Tornando in tema: Scienza e filosofia hanno convissuto nello stesso letto per molto tempo, in tempi remoti si può dire quasi addirittura che eran la stessa cosa, ma con il graduale e secolare processo di specializzazione e settorializzazione delle scienze, credo che oggi sia del tutto inammissibile cercare di incastonarvici ancora per forza concetti filosofici vecchi come il mondo. In questo senso parlavo di anacronismo di certe espressioni filosofiche applicate in un contesto scientifico. Ritengo che la Scienza sia ormai un organismo finalmente adulto in grado di badare benissimo autonomamente a se stessa, facendosi quotidianamente domande e dandosi altrettanto quotidianamente e soprattutto, ribadisco, autonomamente delle risposte. Ciò che non è oggi ancora possibile spiegare scientificamente, se si vuole rimanere coi piedi ancorati a terra, non può essere spiegato che dalla Scienza stessa in futuro e da nient'altro, tantomeno che dalla filosofia (infatti, se la filosofia spiegasse qualcosa di reale, allora cesserebbe di essere tale e diventerebbe scienza a tutti gli effetti, esattamente quello che poi è avvenuto nel corso dei secoli).
Se, viceversa, si vuole entrare nel merito delle questioni in gioco, bene, e allora sarò anche disposto a continuare un sano e costruttivo dibattito. Altrimenti mi vedrò costretto a rinunciarvi.
Tornando in tema: Scienza e filosofia hanno convissuto nello stesso letto per molto tempo, in tempi remoti si può dire quasi addirittura che eran la stessa cosa, ma con il graduale e secolare processo di specializzazione e settorializzazione delle scienze, credo che oggi sia del tutto inammissibile cercare di incastonarvici ancora per forza concetti filosofici vecchi come il mondo. In questo senso parlavo di anacronismo di certe espressioni filosofiche applicate in un contesto scientifico. Ritengo che la Scienza sia ormai un organismo finalmente adulto in grado di badare benissimo autonomamente a se stessa, facendosi quotidianamente domande e dandosi altrettanto quotidianamente e soprattutto, ribadisco, autonomamente delle risposte. Ciò che non è oggi ancora possibile spiegare scientificamente, se si vuole rimanere coi piedi ancorati a terra, non può essere spiegato che dalla Scienza stessa in futuro e da nient'altro, tantomeno che dalla filosofia (infatti, se la filosofia spiegasse qualcosa di reale, allora cesserebbe di essere tale e diventerebbe scienza a tutti gli effetti, esattamente quello che poi è avvenuto nel corso dei secoli).
utente anonimo [Antonio] |
#29
08 Dicembre 2011 - 04:41
Basta; i tuoi sono puri pregiudizi;
e, su chi ha offeso chi, non rivoltare la frittata. Ma guardàtelo!
scrive «Scienza» con la maiuscola e «filosofia» con la minuscola,
apposta! che provocatore di basso livello! ma vattene a spalare gli
effetti!
#30
08 Dicembre 2011 - 13:45
Certo che scrivo filosofia con la minuscola,
e non è certo per provocare come credi tu: semplicemente, come sai, non
riesco ad avere alcuna considerazione e alcun rispetto per qualcosa che
pretenderebbe, talvolta, di sostituirsi alla Scienza, ma senza il
rigore e la precisione della medesima. Un po' come religione, non
riuscirei mai a scriverlo con la maiuscola. Stia al suo posto! e allora
tornerò a scrivere filosofia con la maiuscola.
Comunque, mi rendo conto che non si vuole entrare nel merito di un bel niente (è stato di nuovo espresso un giudizio nei miei confronti senza giustificarlo). Hai ragione, basta così.
Comunque, mi rendo conto che non si vuole entrare nel merito di un bel niente (è stato di nuovo espresso un giudizio nei miei confronti senza giustificarlo). Hai ragione, basta così.
utente anonimo [Antonio] |
#31
08 Dicembre 2011 - 14:21
Eh, no, no, troppo comodo; adesso tu contatta Sante, che è uno scienziato, e vedi un po' che cosa ti risponde. Ma già ti posso anticipar qualcosa: «Ci
sono molte cose che la scienza non è in grado di trattare neanche in
principio», ha appena detto in facebook. Con buona pace della tua, e
requiescat, idolatria scientista.
#32
08 Dicembre 2011 - 14:43
Ma non lo metto in dubbio: ciò che io dico, è
che se qualcosa non è spiegabile neppure dalla Scienza, allora non è
spiegabile da nient'altro, men che meno che dalla filosofia, a meno di
non volersi accontentare della pura chiacchiera.
utente anonimo [Antonio] |
#33
08 Dicembre 2011 - 15:14
L'affermazione «se qualcosa non è spiegabile neppure dalla scienza, allora non è spiegabile da nient'altro» è un'affermazione filosofica, non scientifica. Quindi sei in perfetta autocontraddizione: hai utilizzato una pratica di pensiero per dimostrare l'inutilità della pratica stessa. Meraviglioso.
#34
08 Dicembre 2011 - 17:46
Bah, a me pare, più che un'affermazione
filosofica, molto più banalmente un mero dato di fatto, come tutti i
dati di fatto puramente scientifici. Altrimenti, dato che la Scienza si
occupa di indagare e spiegare la Natura, la Realtà, dovrebbe saltar
fuori qualche fenomeno naturale, che sarebbe possibile spiegare
filosoficamente e non scientificamente. Ciò lo ritengo personalmente
impossibile. Ma sono ben liete prove che mi smentiscano.
utente anonimo [Antonio] |
#35
09 Dicembre 2011 - 00:09
No, non è per niente un «dato di fatto»
(anche se hai ragione sul «banalmente»: il tuo scientismo è banalissimo;
sia chiaro, non lo dico come offesa, ma solo come... dato di fatto).
E a proposito di «dati di fatto puramente scientifici»:
«Dire che la scienza si attiene solo ai dati di fatto significa dire semplicemente che la scienza considera reale solo ciò che si dà nelle modalità attese da quel fare operativo che è proprio delle sue ipotesi. Dire che la scienza è esatta significa dire che la scienza non si prende cura della verità (alétheia), ma solo di ciò che sortisce (es-) dalla sua attività (-atto). Come "teoria del reale" la scienza non contempla (theáomai) il reale, ma controlla se il reale osserva le ipotesi anticipate, se il reale corrisponde al trattamento a cui è stato sottoposto dalle ipotesi» (Umberto Galimberti, Il tramonto dell'occidente, p. 393).
Te capì? «la scienza non si prende cura della verità».
Della verità sai chi si prende cura? la filosofia!
E a proposito di «dati di fatto puramente scientifici»:
«Dire che la scienza si attiene solo ai dati di fatto significa dire semplicemente che la scienza considera reale solo ciò che si dà nelle modalità attese da quel fare operativo che è proprio delle sue ipotesi. Dire che la scienza è esatta significa dire che la scienza non si prende cura della verità (alétheia), ma solo di ciò che sortisce (es-) dalla sua attività (-atto). Come "teoria del reale" la scienza non contempla (theáomai) il reale, ma controlla se il reale osserva le ipotesi anticipate, se il reale corrisponde al trattamento a cui è stato sottoposto dalle ipotesi» (Umberto Galimberti, Il tramonto dell'occidente, p. 393).
Te capì? «la scienza non si prende cura della verità».
Della verità sai chi si prende cura? la filosofia!
#36
09 Dicembre 2011 - 02:49
Bene, applausi, bis. Adesso la Verità ce la
facciamo raccontare dai filosofi (speriamo almeno di non affidarci a
filosofi col vizietto del plagio, ogni riferimento ai Galimberti
sopracitati è puramente casuale)! E soprattutto, Marco, se dovesse
percaso, ma facciamo tutti gli scongiuri del caso, balenarti per la
testa il dubbio di avere un tumore al pancreas, mi raccomando, per
sapere se è vero, prenota una bella visita dal tuo filosofo di fiducia. E occhio al rilascio della fattura: sai, alle volte, sti' filosofi...
utente anonimo [Antonio] |
#37
09 Dicembre 2011 - 16:41
(Chi crede di metter nel sacco, con queste abusate battute? miralo il saputello dispettoso...)
Ovviamente i filosofi pure van dal medico, tant'è che giust'oggi t'ho mandato in farmacia (no, cari lettori, non a prender bende per fasciargli le piaghe delle mie mazzate...); ovviamente la medicina e le altre scienze e tecniche son ben riconosciute dai filosofi pure, e dai poeti, ecc., per il valore d'uso ch'ànno esse; ma ciò altrettanto ovviamente non toglie che il campo della conoscenza scientifica abbia i limiti che ha, per la natura stessa della scienza, e che piuttosto lo scopo di «elaborare una visione generale della realtà» (Enciclopedia universale Garzanti, p. 549) sia precisa competenza, per sua natura, di quella «ricerca dei fondamenti comuni del sapere nelle sue varie forme» (scienza inclusa) che è la filosofia. Se poi vai alla voce scienza, trovi tra l'altro scritto bello chiaro che «Poiché [...] le leggi [scientifiche] hanno forma di asserti universali, una loro verifica definitiva risulta irrealizzabile». Insomma: la scienza non è sufficiente, e la filosofia è necessaria. Per saperlo ti bastava sfogliare una qualsiasi enciclopediola da comodino.
Necessaria, ma non a tutti, certo. Ai contadini e alle bestiole loro, probabilmente, no. E qui concluderei, citandoti un de' massimi filosofi (M. Heidegger, Introduzione alla metafisica):
«È quanto mai giusto dire che la filosofia non serve a niente. L'errore è di credere che con questo ogni giudizio sulla filosofia sia concluso. In realtà resta da fare una piccola aggiunta sotto forma di domanda: se cioè, posto che noi non possiamo farcene nulla, non sia piuttosto la filosofia che in ultima analisi è in grado di fare qualcosa di noi, se appena ci impegniamo in essa».
Far di te, figliuol mio, a esempio, un uomo.
Ovviamente i filosofi pure van dal medico, tant'è che giust'oggi t'ho mandato in farmacia (no, cari lettori, non a prender bende per fasciargli le piaghe delle mie mazzate...); ovviamente la medicina e le altre scienze e tecniche son ben riconosciute dai filosofi pure, e dai poeti, ecc., per il valore d'uso ch'ànno esse; ma ciò altrettanto ovviamente non toglie che il campo della conoscenza scientifica abbia i limiti che ha, per la natura stessa della scienza, e che piuttosto lo scopo di «elaborare una visione generale della realtà» (Enciclopedia universale Garzanti, p. 549) sia precisa competenza, per sua natura, di quella «ricerca dei fondamenti comuni del sapere nelle sue varie forme» (scienza inclusa) che è la filosofia. Se poi vai alla voce scienza, trovi tra l'altro scritto bello chiaro che «Poiché [...] le leggi [scientifiche] hanno forma di asserti universali, una loro verifica definitiva risulta irrealizzabile». Insomma: la scienza non è sufficiente, e la filosofia è necessaria. Per saperlo ti bastava sfogliare una qualsiasi enciclopediola da comodino.
Necessaria, ma non a tutti, certo. Ai contadini e alle bestiole loro, probabilmente, no. E qui concluderei, citandoti un de' massimi filosofi (M. Heidegger, Introduzione alla metafisica):
«È quanto mai giusto dire che la filosofia non serve a niente. L'errore è di credere che con questo ogni giudizio sulla filosofia sia concluso. In realtà resta da fare una piccola aggiunta sotto forma di domanda: se cioè, posto che noi non possiamo farcene nulla, non sia piuttosto la filosofia che in ultima analisi è in grado di fare qualcosa di noi, se appena ci impegniamo in essa».
Far di te, figliuol mio, a esempio, un uomo.
#38
09 Dicembre 2011 - 17:33
Che la Scienza abbia, per sua stessa natura,
dei limiti, non lo metto nè l'ho mai messo in dubbio. Per poter
comprendere a fondo la Realtà nella sua intima ed ultima essenza
occorrerebbe uscire da essa e osservarla da una prospettiva che non
implichi nessuna (neppure infinitesima) influenza sulla medesima. Questo
è impossibile per la Scienza, figuriamoci poi per quella branca
dell'Umanistica che è la filosofia. Però la scienza ha le capacità di
avvicinarvisi, col suo rigore, col suo ordine, con la sua precisione,
coi suoi metodi, coi suoi sempre più accurati strumenti di indagine e
soprattutto con la sua estrema logica e coerenza interne. Viceversa, non
mi pare che queste siano in genere le "armi" in dotazione della
filosofia, anzi in parecchi casi proprio i loro opposti, ma tengo a
ripetere che, seppure la filosofia adottasse i criteri e gli strumenti
comunemente utilizzati dalla Scienza per il raggiungimento dei suoi
fini, allora cesserebbe all'istante di essere filosofia e sarebbe da
considerarsi a tutti gli effetti Scienza (che, diciamocelo, non è poi
motivo di nessuna vergogna, come invece, non si capisce bene perchè,
voglia fare intendere tu; anzi, dal mio punto di vista è il massimo di
ogni "vanto" possibile).
Quanto a tutte quelle difinizioni citate da te lì: mah, francamente non so cosa farmene. Si limitano banalmente ad affermare cosa sia la filosofia, ma senza dire come essa operi per il raggiungimento dei suoi fini. Insomma, tanto, troppo fumo e niente arrosto. :-S
Quanto a tutte quelle difinizioni citate da te lì: mah, francamente non so cosa farmene. Si limitano banalmente ad affermare cosa sia la filosofia, ma senza dire come essa operi per il raggiungimento dei suoi fini. Insomma, tanto, troppo fumo e niente arrosto. :-S
utente anonimo [Antonio] |
#39
09 Dicembre 2011 - 19:57
Quanto ranno e sapone che ho sprecato,
a lavare la testa al mio assistente!
alla fine non ha capito niente,
ché niente vuol capire: è ormai acclarato.
a lavare la testa al mio assistente!
alla fine non ha capito niente,
ché niente vuol capire: è ormai acclarato.
#40
10 Dicembre 2011 - 02:19
No, seriamente, rileggendo qualche riga più
sopra, riuscire anche solo ad immaginare che "precisa competenza" (sic)
della filosofia sia quella di "elaborare una visione generale della
realtà" (ri-sic), fa un po' sorridere pensando che nel mondo vi sono -un
po' come le religioni- tante filosofie quanti atomi in una mole di
sostanza. Troppa confusione! :-S
Lasciamo questo ingrato compito alla Scienza, che quantomeno, coerentemente, si avvale a tale scopo, da sempre (e non, come le filosofie, i cui linguaggi cambiano in funzione delle mutevoli mode passeggere, se non addirittura proprio da filosofo a filosofo), di un linguaggio universale: quello matematico. Tutto il resto è vuoto chiacchiericcio. :-P
Lasciamo questo ingrato compito alla Scienza, che quantomeno, coerentemente, si avvale a tale scopo, da sempre (e non, come le filosofie, i cui linguaggi cambiano in funzione delle mutevoli mode passeggere, se non addirittura proprio da filosofo a filosofo), di un linguaggio universale: quello matematico. Tutto il resto è vuoto chiacchiericcio. :-P
utente anonimo [Antonio] |
#41
13 Dicembre 2011 - 18:35
:) Mi scrive il caro prof. Franco Cuomo (quello di cui trovi citata sui manifesti di De natura mundi la frasettina che mi definisce):
[...] Quello che [...] andrebbe spiegato al tuo giovane assistente, e tu potresti farlo con raffinato eclettismo, è che la sua idea di scienza come sola forma di conoscenza possibile è semplicemente una credenza, una mitologia, al pari dei racconti favolistici di qualsiasi epoca passata, o meglio ancora una ideologia.
Non c’è dubbio che la scienza contemporanea, sviluppatasi alla fine del Cinquecento attraverso il passaggio dell’alchimismo e del naturalismo rinascimentale, abbia, conseguentemente agli sviluppi della tecnica, fatto progressi giganteschi (quando dico questo penso in genere soprettutto alla medicina), ma rispetto alla concezione del mondo e dell’universo e dell’uomo e della sua origine potresti raccontargli che poco è stato fatto rispetto alle concezioni di Leucippo e di Democrito o rispetto a quelle di Bernardino Telesio o di Giordano Bruno, se non una innovazione dei modelli linguistici e/o matematico-fisici che hanno solamente cambiato gli scenari della rappresentazione, ma che non hanno modificato di granché quello che l’umanità su sé stessa conosce da sempre: le cosmogonie contemporanee non sono poi così diverse dai racconti mitici, e la fisica delle particelle non è poi così lontana dalla metafisica.
Sia chiaro! io non sono un avversatore della scienza e anzi sostengo che tutto l’apparato disciplinare a essa legato [...] dovrebbe essere meglio insegnato nelle scuole italiane, dove per molti decenni si è coltivato il culto della cultura umanistica, includendo in essa erroneamente anche la filosofia.
Quello che mi sforzo invece costantemente di denunciare è il modello di scienza come Weltanschauung, per il quale essa, la scienza, sarebbe l’unico approccio possibile alla conoscenza; e anzi dovresti sforzarti di fargli capire che se esistono due termini per definire due concetti apparatememente simili, ma in realtà diversissimi: scienza e conoscenza, un motivo certamente ci sarà.
[...] Per chi ti scrive, poi, la filosofia ha anche il compito di costruire un progetto politico di emancipazione [...]. Devi dire al tuo giovane assistente che la filosofia non ha niente a che fare con la scienza e che lui, se vuole, può coltivare l’amore e l’interesse per quest’ultima, ma che la filosofia aiuta a rispondere a certe domande che non portano a vuote o banali riflessioni astratte, ma importanti problemi di convivenza sociale del nostro tempo. È possibile una fondazione razionale del pensiero pratico? Esiste una morale razionalmente ‘vera’? Se sì, in che modo vi si può risalire dal momento che la storia non ci dà testimonianza di una sola norma universalmente accettata in tutte le società di Homo sapiens? E se no, come è possibile salvarsi dal nichilismo e dalla legge del più forte?
Insomma caro Marco, esiste ancora una necessità della filosofia ed esiste oggi più che mai e io e te lo sappiamo, purtroppo non lo sanno gli altri perché [...] quel linguaggio [...] si è incredibilmete degradato. L'essenza di questa crisi che stiamo vivendo tutti [nota: non si riferisce alla crisi economica] è quella di aver messo sullo stesso piano filosofia e discorsi da bar o in altre parole: sono in troppi a dire troppe cose e a dirle in maniera volutamente approssimativa, perché la gente non presta più attenzione alle parole. E infatti la caratteristica saliente di questa crisi è un crescendo di confusione [...].
Servirebbe invece qualcuno capace di ridare un ordine ai problemi ovvero di ristabilire il posto alto alla filosofia, e i filosofi ci sono. Dovresti consigliare al tuo giovane assistente di leggere Alain Badiou, per esempio, o Étienne Balibar e Alain Brossat, o Slavoj Zizek, ovvero pensatori che fanno partire le loro considerazioni filosofiche da ambiti diversissimi: il cinema, la psicoanalisi, la pratica dell’azione sociale.
Dovresti provocarlo e svegliarlo dall’imbesuimento che la scienza sia tutto, pensiero per altro anche un poco superato e non condiviso né dagli scienziati, né dagli epistemologi; se non ci riesci non so cosa altro suggerirti che non ti abbia suggerito.
Oppure digli solamente che la filosofia è un grande valore sempre e soprattutto oggi. Sarei tentato di dire che è più significativo e importante ora di quando ho cominciato a interessarmene io. I problemi sono cresciuti, il mondo si è reso più complesso e davanti alla sua comprensione le soluzioni semplici falliscono sempre, e ancora di più quelle mitologiche (come lui intende la sua scienza) [...].
[...] il richiamo e la considerazione del carattere plurimo dei problemi, dell'assenza di soluzioni facili, è una grande ricchezza data dalla filosofia; è una lezione grande che i classici ci dànno sempre, basta leggerli. Con le soluzioni facili, antifilosofiche per eccellenza, bisogna ricordare che il mondo rischia molto [...].
Da interfaceworld.blogspot.com
[...] Quello che [...] andrebbe spiegato al tuo giovane assistente, e tu potresti farlo con raffinato eclettismo, è che la sua idea di scienza come sola forma di conoscenza possibile è semplicemente una credenza, una mitologia, al pari dei racconti favolistici di qualsiasi epoca passata, o meglio ancora una ideologia.
Non c’è dubbio che la scienza contemporanea, sviluppatasi alla fine del Cinquecento attraverso il passaggio dell’alchimismo e del naturalismo rinascimentale, abbia, conseguentemente agli sviluppi della tecnica, fatto progressi giganteschi (quando dico questo penso in genere soprettutto alla medicina), ma rispetto alla concezione del mondo e dell’universo e dell’uomo e della sua origine potresti raccontargli che poco è stato fatto rispetto alle concezioni di Leucippo e di Democrito o rispetto a quelle di Bernardino Telesio o di Giordano Bruno, se non una innovazione dei modelli linguistici e/o matematico-fisici che hanno solamente cambiato gli scenari della rappresentazione, ma che non hanno modificato di granché quello che l’umanità su sé stessa conosce da sempre: le cosmogonie contemporanee non sono poi così diverse dai racconti mitici, e la fisica delle particelle non è poi così lontana dalla metafisica.
Sia chiaro! io non sono un avversatore della scienza e anzi sostengo che tutto l’apparato disciplinare a essa legato [...] dovrebbe essere meglio insegnato nelle scuole italiane, dove per molti decenni si è coltivato il culto della cultura umanistica, includendo in essa erroneamente anche la filosofia.
Quello che mi sforzo invece costantemente di denunciare è il modello di scienza come Weltanschauung, per il quale essa, la scienza, sarebbe l’unico approccio possibile alla conoscenza; e anzi dovresti sforzarti di fargli capire che se esistono due termini per definire due concetti apparatememente simili, ma in realtà diversissimi: scienza e conoscenza, un motivo certamente ci sarà.
[...] Per chi ti scrive, poi, la filosofia ha anche il compito di costruire un progetto politico di emancipazione [...]. Devi dire al tuo giovane assistente che la filosofia non ha niente a che fare con la scienza e che lui, se vuole, può coltivare l’amore e l’interesse per quest’ultima, ma che la filosofia aiuta a rispondere a certe domande che non portano a vuote o banali riflessioni astratte, ma importanti problemi di convivenza sociale del nostro tempo. È possibile una fondazione razionale del pensiero pratico? Esiste una morale razionalmente ‘vera’? Se sì, in che modo vi si può risalire dal momento che la storia non ci dà testimonianza di una sola norma universalmente accettata in tutte le società di Homo sapiens? E se no, come è possibile salvarsi dal nichilismo e dalla legge del più forte?
Insomma caro Marco, esiste ancora una necessità della filosofia ed esiste oggi più che mai e io e te lo sappiamo, purtroppo non lo sanno gli altri perché [...] quel linguaggio [...] si è incredibilmete degradato. L'essenza di questa crisi che stiamo vivendo tutti [nota: non si riferisce alla crisi economica] è quella di aver messo sullo stesso piano filosofia e discorsi da bar o in altre parole: sono in troppi a dire troppe cose e a dirle in maniera volutamente approssimativa, perché la gente non presta più attenzione alle parole. E infatti la caratteristica saliente di questa crisi è un crescendo di confusione [...].
Servirebbe invece qualcuno capace di ridare un ordine ai problemi ovvero di ristabilire il posto alto alla filosofia, e i filosofi ci sono. Dovresti consigliare al tuo giovane assistente di leggere Alain Badiou, per esempio, o Étienne Balibar e Alain Brossat, o Slavoj Zizek, ovvero pensatori che fanno partire le loro considerazioni filosofiche da ambiti diversissimi: il cinema, la psicoanalisi, la pratica dell’azione sociale.
Dovresti provocarlo e svegliarlo dall’imbesuimento che la scienza sia tutto, pensiero per altro anche un poco superato e non condiviso né dagli scienziati, né dagli epistemologi; se non ci riesci non so cosa altro suggerirti che non ti abbia suggerito.
Oppure digli solamente che la filosofia è un grande valore sempre e soprattutto oggi. Sarei tentato di dire che è più significativo e importante ora di quando ho cominciato a interessarmene io. I problemi sono cresciuti, il mondo si è reso più complesso e davanti alla sua comprensione le soluzioni semplici falliscono sempre, e ancora di più quelle mitologiche (come lui intende la sua scienza) [...].
[...] il richiamo e la considerazione del carattere plurimo dei problemi, dell'assenza di soluzioni facili, è una grande ricchezza data dalla filosofia; è una lezione grande che i classici ci dànno sempre, basta leggerli. Con le soluzioni facili, antifilosofiche per eccellenza, bisogna ricordare che il mondo rischia molto [...].
Da interfaceworld.blogspot.com
marcopalasciano |
Ciao Marco, sono Antonio tuo assistente. Sarebbe interessante poter conoscere le fonti di queste coraggiose conclusioni scientifiche (scritte da te, tra l'altro, in una forma che lascia intendere si tratti di dati definitivi, da cui la mia forte curiosità per acquisirne le fonti): potresti fornircele? In particolare, mi premerebbe molto sapere quale sarebbe, proprio fisicamente, questa parte di realtà, sempre che di essa si tratti, che non obbedirebbe al principio fisico di causa-effetto. Come puoi vedere dall'ora, non ci dormo la notte. :-S