Un libro molto sciatto, che abbonda di oleografie al limite dello stereotipo e di una scrittura che, scusate la franchezza, mi appare quasi sempre o ad un livello amatoriale o, come nel caso del primo dei racconti, tutta chiusa e autoreferenziale, come se l’unico che dovesse leggere fosse l’autore stesso.
Per ciò che concerneva il Palasciano, a Eloise così rispose sua sponte – sempre il 12 giugno – l'Autore casertano Antonio Iorio:
Già un’ouverture palascianesca è di per sé antitetica a qualsiasi oleografico stereotipo, un vaffanculo alla ritrita liturgia delle collettive.
Vero è che, tuttavia, non s'è data risposta – o perché supposta vana, o perché d'ardua confezione (ars longa, pausa caffè brevis) – all'accusa eloisiana di chiusura; e la quæstio, per la gioia dei pedanti, resta aperta.