ANTIMATERIA
Mio puntino di luce colmaspazio, mia bellezza scolpita nel topazio della mente, che manchi alle mie mani – e avvento il desiderio in spazi vani, vuoti di te, del tuo incredibile essere che mi riempie con la sua assenza come il silenzio un bosco, e che frantuma o- gni povera pretesa di una scienza dell’accoppiarsi e del disaccoppiarsi… Mio piccolo armageddon, mia catarsi che giungi al fine d’una lunga èra d’ignoranza, mia primavera al mezzo d’ogni futuro inverno, mia speranza timida d’un eterno – piglia, agiscimi, costruiscimi un po’ col tuo sorriso, rimetti in me il mio io decostruito… Mia antimateria, esplodimi il diluvio, a spazzar via il pattume dell’accidia ammassato a marcire sulle strade di questa barocchissima cittade dell’anima, e ad arcobalenarla per la festa del cuore – reinnescato palpitante bijou di cui la cassa toracica sentiva la mancanza, né era gradita massa il surrogato di Coppelius, metronomo glaciale...** Sí, mio finale – qui tramonta il tempo della misura –, entra – mia aria pura. |
* Già pubblicata su «Nazione Indiana».
** Il «metronomo glaciale» del professor Coppelius (personaggio di trasparente ascendenza hoffmanniana) è riferimento ad almeno due poesie palascianesche del 1995: In un lago di sangue e d’ingranaggi e, piú esplicitamente, Come avvenne che la figlia di lord x ebbe il cuore sostituito da un meccanismo a orologeria affinché il padre potesse controllarne meglio i sentimenti.
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