17 luglio 2022

Ponti chiusi: potente allegoria

COMUNICATO
DELL’ACCADEMIA PALASCIANIA
(CON SONETTO)
SULLA RIAPERTURA DEL PONTE ROMANO
AL TRANSITO E SUL RISVOLTO
ALLEGORICO DELL’ESPERIENZA
DELLA SUA CHIUSURA

Capua, 16 luglio 2022

Sette giorni esatti sono trascorsi dall’ordinanza del 9 luglio con la quale, conseguentemente alle segnalazioni dei cittadini e a una prima ricognizione delle criticità del Ponte Romano (in realtà americano, del 1955), si vietava ogni transito sui suoi pietroni «a titolo precauzionale e cautelativo, nelle more dell’espletamento di ulteriori e piú approfonditi accertamenti tecnici».

Accertamenti che la notte scorsa – notte: tale lo zelo – sono giunti a buon punto, tanto da portare all’ordinanza odierna di riapertura provvisoria del ponte. Per esso potranno dunque nuovamente transitare bipedi, quadrupedi, artròpodi giganti e veicoli a ruote, a pattini o a molla, eccezion fatta per macchine, bestie o cyborg di peso uguale o superiore alle tre tonnellate e mezza carico incluso.

La cittadinanza tira un enorme sospiro di sollievo, sia pur provvisorio – ma cosa nella vita non lo è? –, e con essa noi accademici polipòlidi (ossia cittadini di molte città; da non confondere con polipòidi, che perterrà piuttosto a mostri alieni). Un sospiro che è anche di gratitudine e di lode a tecnici, operai e forze dell’ordine nonché a un’Amministrazione che – insediatasi il 28 giugno scorso – in meno di venti giorni ha fatto piú che altre in vent’anni, ci si passi l’iperbole, e che quando la questione del Ponte Romano sarà risolta in via definitiva passerà certamente a concentrarsi su quella del Ponte Nuovo (chiuso al transito veicolare dal 7 settembre 2018 e al transito pedonale dal 26 settembre dello stesso anno).

17 luglio

Piuttosto, che cosa c’è da dire che non si sia già detto?

Forse questo: che l’esperienza della chiusura d’ambo i ponti capuani sul Volturno – a prescindere da quanto sia stata perturbante in sé – presenta un potente risvolto allegorico, il quale non sarà sfuggito all’occhio di qualche psicoanalista.

La Città si è trovata con una parte di sé separata dall’altra. Ma non completamente. Proibita la comunicazione diretta attraverso il Ponte Romano, la zona settentrionale poteva comunicare con il centro storico mediante un complicato e oneroso aggiramento lungo all’incirca sedici chilometri, per coprire una distanza di ottanta metri.

Allo stesso modo gli elementi della nostra psiche censurati dalle convenzioni sociali, familiari ecc. si trovano relegati nella sua parte inconscia, alla quale è proibito portarli all’attenzione diretta della parte conscia; tali elementi possono però seguire vie tortuose – quali quelle del sogno, del malessere, del moto emotivo inspiegabile ecc. – e cosí manifestarsi, sia pure in forma mascherata.

Segue sonetto in tema, di Marco Palasciano, a bella chiusa (ve l’avevamo detto – nel comunicato del 14 luglio – che avremmo cercato d’essere piú dilettevoli), dove il succo di quanto detto poc’anzi in prosa viene ripetuto in endecasillabi, strutturati secondo lo schema ABBA ABBA CDE CDE.

Città mia, che scissura! Che distanza
fu fra te e te! Che battito scazonte
ha in cuore chi ha da andare all’orizzonte
e ritorno e d’un solo passo avanza!

Sette giorni è durata l’ordinanza
di divieto di transito sul ponte,
fra lacrime e bestemmie e pezze in fronte;
si riapre, ed ognuno canta e danza.

Ma resta mesto chi ha la psiche scissa,
senza ponti fra ciò che è (e non può essere)
e ciò che deve essere (e non è).

Può però, quel che in ombra s’inabissa,
far giro largo, e in mescolate tessere
mostrarsi; e il mostro, lí, lettore, è te.

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