Giovedì 29 dicembre, alle ore 21.00, a Palazzo Lanza (Capua, corso Gran Priorato di Malta 25), nella sala eventi della libreria Guida Capua si terrà l'Azione n. 7 di Letteratura Necessaria. Esistenze e resistenze, un progetto poetico che dal 29 ottobre sta cucendo l’Italia avanti e indietro: a Bologna si sono tenute l’Azione
n. 0, n. 1 e n. 4; la n. 5 a Reggio Emilia, la n. 3 a Parma, la n. 2 a
Milano; la n. 6 si è tenuta a Roma; per la n. 7 concorrevano Napoli,
Caserta, Capua... e se ha stravinto quest'ultima, è stato puramente pel
prestigio dell'Accademia Palasciania. Città ingrata, ringrazia!Questa la lista completa, in ordine alfabetico, dei poeti in gioco (la prima, il quarto e l'ultimo già ben noti agli accademici palascianisti): Viola Amarelli, Enzo Campi, Jacopo Ninni, Marco Palasciano, Lucia Pinto, Daniele Ventre. Ingresso libero.
Manifesto sull'uscio ieri affisso:



Nell'intervallo ci si è pasciuti d'un magnifico buffet di dolci praglioliani, centrale la torta «di stelle», allestito per festeggiare sia la conclusione di De natura mundi sia il XXVII anniversario della prima pagina del diario di Marco Palasciano (19 dicembre 1984). Intanto il Presidente della nostra Accademia, i due Vicepresidenti (Angelo Maisto e Margot Tafuri) e il Segretario (Domenico Callipo) hanno consegnato quattro diplomi: a Roberto Alvino per aver assistito a tutte le lezioni del seminario, ad Antonio Di Franco e ad Antonio Faenza per aver assistito a 10 lezioni su 12, e a Carolina Pragliola
per essersi «in tale contesto distinta sopra tutti per l’eccellenza
degli sforzi profusi nel servire la causa palascianiana». Di séguito
riportiamo, a loro gloria, l'elenco completo dei tredici più assidui
frequentatori di De natura mundi, da chi lo seguì tutto a chi ne seguì almeno 4 lezioni:
Nella
seconda parte della lezione si è trattato, in merito al futuro
prossimo, dell'impatto psicosociale relativo alla creazione di robot
antropomorfi indistinguibili dagli esseri umani, e del conseguente
divieto di crearne; dei criminali supertecnologici, imitatori dei villains dei fumetti, e in particolare i robottizzatori sadici (operatori d'una body art estrema:
rapire persone e restituirle ai loro cari trasformate, per es., in
grandi ragni meccanici dal volto di maschera piangente, con gli organi
vitali estrusi e collegati al resto per tubi trasparenti in cui
scorreranno i fluidi biologici, mentre in altri scorrerà olio di
macchina); dell'epoca, finalmente votata al puro bene, dei robot non
antropomorfi, a foggia di fiori levitanti, e di come l'affrancamento dal
lavoro alienato renderà il mondo un paradiso; del dubbio dei
fantascientisti d'antan che ciò possa indurre l'umanità
all'ozio e portare la civiltà alla decadenza; di come, di contro, le
vite esemplari di artisti e pensatori che non dovettero lavorare per
vivere, e tuttavia di certo non oziarono, siano la dimostrazione che,
anzi, la civiltà potrà avere un balzo in avanti; della vita esemplare di
Marco Palasciano, la cui fanciullezza e adolescenza fu come abitare in un piccolo «Panopticon delle Wunderkammern» (vedi La Grande Ruota delle Umane Cose,
lezione VI), e di come se nel futuro tutti fossero come lui il
progresso spirituale supererebbe quello materiale; di alcune risorse
tecnologiche ancora inesistenti: registratori di sogni, oggetti a stasi
gravitazionale e ad azzeramento del moto inerziale, trovacose ecc.
E
ancora: di come il puro essere semplicemente sia, senza necessità né
volontà; di come, al sustanziarsi della materia ben regolata, l'essere
assuma volontà e tenda alla complessità, quindi alla vita e alla sua
evoluzione; della questione del 
Spiace,
intanto, constatare come benché la città di Capua usi tuttora
sbandierare lo status di «città d'arte e di studi», la più parte degli
spettatori dell'artisticissimo e studiatissimo De natura mundi
debba venire da altre città (Napoli, Acerra, Sant'Antimo, Sant'Arpino, Caserta,
Santa Maria Capua Vetere, Calvi Risorta, Sparanise, Teano, Cassino...); e
che i nostri concittadini, anziché compiacersi d'aver vicino casa una
delle massime fucine dell'ingegno italico, e correre lieti e grati ad
abbeverarsi a tanta fonte, se ne astengano, tranne un signore e mezzo;
ma il peggio è che, al contempo, regalano il pienone a eventi indegni,
cui si recano in massa; ecco: Capua, infine, è una «città di
cultura di massa».
Torniamo al resoconto di Il mirino di Amleto.
Nella parte introduttiva si è trattato della bravura nel tiro con le
armi da fuoco del re di Danimarca, vilmente ucciso nel sonno; del mirino
della sua pistola, scrutando nel quale il figlio Amleto fantastica
sulla vendetta, puntandolo da lontano sull'usurpatore Claudio; di come
l'esitazione del principe sia causa dell'accumularsi di tragedie su
tragedie; della sua tentazione di sparare non all'usurpatore, ma a sé
stesso, questo essendo un più facile finale; della coevità del «To be or not to be» shakespeariano e del «Cogito ergo sum» di Cartesio,
e di come per quest'ultimo la certezza di base è che almeno la
coscienza esista, mentre per Amleto sorge il dubbio se sia più nobile
restare coscienti o annullare la propria coscienza; della tesi che il
mondo sia un sogno del soggetto, e che le altre coscienze non esistano;
della dimostrazione che, seppure la pluralità delle coscienze sia
indimostrabile, essa non è impossibile, poiché il suo grado di
"miracolosità" è uguale a quello dell'esistenza della coscienza del
soggetto; di quanto sia meraviglioso che gli esseri viventi esistano, e
di quanto lo sia di già la pura esistenza dell'essere, e di quanto poco
si sia usi considerarne la meravigliosità; della nascita della filosofia
dalla meraviglia; di ciò che una persona avrebbe potuto essere e non è
stata, e di ciò che avrebbe potuto non essere ed è.
Palasciano a questo punto ha recitato la poesia di
Si è quindi passati agli esercizi. Per cominciare, si è cercato di esprimere
varie gamme di sentimenti, solo per mezzo di mimica facciale e versi
non verbali: affetto positivo (dalla simpatia quieta alla lussuria
bestiale), disgusto (dalla disapprovazione al vomito), paura (dal
sospetto al terrore urlante), ilarità (dal sorrisetto al riso sguaiato),
affetto negativo (dall'indifferenza alla furia omicida), tristezza
(dalla malinconia al dolore disperato), demenza (dall'apatia alla follia
furiosa). Quindi, esercizi d'azione mimica: Gli orsi allo zoo, sulla curiosità (dallo scrutìo guardingo all'annusata); e L'oscuro oggetto, sulla repulsione e sul desiderio. Quindi, esercizi di puro dialogo: Botta e risposta in rima, tra due seduti l'uno fronte all'altro; e Controversia filosofico-morale
tra i personaggi di due professori, uno cattolico fondamentalista e
l'altro no, sulla liceità o meno dell'uso dei preservativi nella
prevenzione dei contagi virali ecc., davanti al pubblico d'un convegno.
Quindi, esercizi d'azione con dialoghi: Scenografie sonore (ispirarsi alla musica per i mutamenti del sogno in cui ci si figura di trovarsi), Psicodramma (recitar l'uno la parte dell'altro) e Scene in contemporanea (qui un gruppo, lì un altro, in competizione per attrarre a sé il pubblico che deambula per l'ambulacro).
Dopo l'intervallo, per tutto il resto della serata ci si è dedicati a improvvisare una riduzione dell'Amleto di Shakespeare,
in una dozzina di scene, con facoltà per ciascun attore d'interpretare
diverse parti, e per ciascuna parte d'essere interpretata da diversi
attori. Scene: (1) Orazio e le guardie avvistano lo spettro; (2) si
festeggiano le nozze, Amleto monologa, Orazio sopraggiunge e lo informa
delle apparizioni; (3) incontro tra Amleto e lo spettro, in stile