14 aprile 2014

Tre domande sulla cosmologia

Riportiamo qui la nostra intervista dell'11 aprile 2014 al gentilissimo Sante Carloni, di cui è stata data lettura durante la puntata n. 9 di Encyclopædia Cœlestis.

A che punto è oggi la ricerca cosmologica? cioè, cosa presumiamo di sapere, fondamentalmente, sulle origini e la natura del cosmo?

— La ricerca in cosmologia è ad una svolta epocale. Per la prima volta la tecnologia ci ha permesso di osservare aspetti dell’universo impensabili solo dieci anni fa. Questo ha indotto una transizione della cosmologia da branca della matematica applicata (e della filosofia) a scienza fisica. Il punto è che oggi sappiamo sempre di più ma capiamo molto poco. Sappiamo per esempio che la teoria del Big Bang, e quindi del cosmo che ammette una origine, è più consolidata che mai e abbiamo un modello che descrive la storia cosmica, da 10-13 secondi fino a un tempo molto vicino a quello presente, che funziona benissimo. Al di là di questi innegabili successi, e come in tutti i campi, ci sono delle domande alle quali non sappiamo rispondere. La descrizione stessa del modello corrente della cosmologia è straordinariamente semplice e questo in sé indica che qualche meccanismo sconosciuto e profondo è all’opera, del quale non capiamo la natura. A questo si aggiungono il problema della fisica del Big Bang stesso e quello della materia e dell’energia oscura che sono, a parte annunci troppo entusiastici, ancora a mio avviso molto lontani da una risoluzione soddisfacente.

La teoria dello stato stazionario è da buttare?

— La teoria della stato stazionario non è al momento la favorita. Ci sono degli aspetti dell’universo osservato che sono difficili da spiegare in termini di un modello stazionario. In fisica comunque si deve valorizzare la diversità. Ciò che è vero oggi, domani sarà certamente corretto o falsificato. Per cui ci sono ancora persone, anche di un certo calibro, che lavorano su questi modelli.

L’universo è infinito come diceva Giordano Bruno?

— A giudicare dalle osservazioni e prendendo per buone certe assunzioni, l’universo è infinito. In cosmologia queste assunzioni sono un male inevitabile, siamo in un caso estremo dove il metodo scientifico nel suo punto centrale (gli esperimenti per verificare le ipotesi fatte) è seriamente limitato. La cosa da capire è il significato della parola infinito. Geometricamente, infinito significa lo stesso di cosiderare il piano cartesiano: non ci sono bordi. In realtà la geometria universale è più complessa e appartiene alla categoria degli spazi iperbolici. Bisogna comunque pensare che in fisica il concetto di infinito è differente da quello matematico-filosofico. Qualcosa è infinito quando le sue dimensioni sono molto più grandi della dimensione media delle grandezze fisiche tipiche del sistema di riferimento. In altre parole, se consideriamo l’altezza di un uomo medio comparato con il raggio della galassia, in fisica potremmo dire che il raggio della galassia è infinito. Lo stesso si può applicare alle considerazioni sull’universo. Quello che sappiamo è che la sua dimensione è molto più grande di qualunque scala possiamo concepire.

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