8 aprile 2013

In cerca di una guida spirituale

Domenica 7 aprile si è tenuta in Capua, a Palazzo Lanza per il primo tempo (della durata di circa un'ora e mezza) e nel Palascianèum per il secondo tempo (circa un'ora, compreso l'intervallo con buffet: avanzi del picnic di Pasquetta dell'Accademia Palasciania), Te lo do io il Veritatis splendor. Come spaccare il mondo in due e spacciarsi per costruttori di ponti, la puntata n. 5 di Arca Arcanorum. Nuovo laboratorio euristico di filosofia, arti varie, gioco e umana armonia, alla presenza di 14 partecipanti.

La puntata n. 6 (vedi qui) si terrà domenica 14 aprile alle ore 18.00 a Capua, sempre gratis, in una sede la cui ubicazione sarà resa nota alle persone interessate a partecipare, le quali possono telefonare o inviare un sms al 3479575971.

Francis Bacon, Studio dal ritratto di Innocenzo X, 1953.
Durante la puntata n. 5, intanto, Marco Palasciano nel primo tempo ha tenuto una lezione-spettacolo in stola, iniziando con la lettura a più voci – quasi una messa anziché una messa in scena – della Benedizione di Baudelaire (con la collaborazione di elementi del pubblico: Maria V. nella parte della madre, Giuliana C. in quella dell'amata, Edoardo S. in quella del poeta) e proseguendo con la trattazione dei seguenti temi: il ruolo del dolore nella Weltanschauung cattolica; la psicologia delle folle secondo Le Bon; l'acerbità consueta negli scontri fra antiabortisti e non antiabortisti come esempio della riprovevole tendenza a esacerbare le divisioni; il successo mediatico di Giovanni Paolo II; se il «regno dei cieli» e la terra siano entità separate, o non piuttosto un tutt'uno (vedi frammento III del papiro di Ossirinco n. 654, riportato nel post Divinizzare è uccidere due volte, e confronta col «Conosci te stesso» sul pronao del tempio di Apollo a Delfi); il giudizio di Hans Küng sul pontificato di Giovanni Paolo II; l'avversione del papa per la Teologia della Liberazione e il mancato sostegno a Óscar Romero; la demonizzazione dell'autonomia della ragione; l'anticomunismo come sfaccettatura dell'antiumanesimo; Gesù e altri màrtiri del pensiero; le divinizzazioni nella storia; il mancato arrivo della fine del mondo attesa dai primi cristiani nel corso della loro vita, e la conseguente fondazione della Chiesa; la fine della Chiesa nella finzione letteraria (vedi per es. questo brano da Antonio Moresco, Canti del caos, II); la fine delle religioni in un lontano futuro; come le religioni siano nate dalla politica (vedi Jan Assmann, Potere e salvezza); differenza tra faraoni e papi (per i primi la giustizia andava realizzata in terra, non in cielo); necessità di non scindere il popolo dai filosofi, poiché siamo tutti sapienti o ignoranti di qualcosa e la cosa migliore che si possa fare in tal senso è unire le conoscenze; come per un buon dialogo fra credenti e non credenti occorra filtrare il linguaggio, badando non all'accidente ma alla sostanza; come i problemi sorgano non tanto quando diversi concetti siano espressi con le medesime parole, né quando un medesimo concetto sia espresso con diverse parole, ma quando manchino i concetti, e ancor peggio quando interferiscano pensieri meschini o paranoici; come, quando si abbia a che fare con buone persone, non abbia importanza la loro posizione epistemica; il bisogno di guide spirituali; ciarlatani; se sia meglio presentare le proprie idee come tesi filosofiche o come i fondamenti di una nuova religione; come il nuovo laboratorio euristico si prefigga tra i suoi scopi quello di capire meglio noi stessi attraverso gli altri. Si è quindi giocato nei modi qui di séguito descritti.


La scala degli stati d'animo
Ciascuno, a turno, a partire dal mastro di giochi, ha chiamato sulla scena una persona (accogliendola con un abbraccio) alla quale domandare se al momento attuale si sentisse bene o male, e quanto, confrontando tale stato d'animo col proprio e con quelli di tutti gli altri già valutati. Ciascuno è così andato collocandosi a un determinato grado di una scala, a un cui estremo infine si è venuta a trovare la persona in maggior malessere, e all'estremo opposto quella in maggior benessere.

Psicodramma: Sursum corda
Queste due persone hanno quindi recitato una scena improvvisata, dove chi era in maggior benessere ha dovuto interpretare la parte di qualcuno che stesse malissimo al punto di meditare il suicidio, e chi era in maggior malessere ha dovuto interpretare la parte di qualcuno pieno di gioia di vivere, che esortasse l’altro a vedere la bellezza del mondo e trovare la forza di andare avanti. Dopo questa scena se ne è recitata un'altra più elaborata, a quattro personaggi, costruita in base ai suggerimenti di tutti e con le correzioni del nostro esperto di regia e drammaturgia; il quale provvedeva a interrompere la recita, ogni volta che fosse necessario, per migliorare la verosimiglianza di azioni e discorsi. Risultato:
Luogo: bar presso la libreria Ex Libris.
Personaggi: una turista milanese in vacanza a Capua (interpretata da Marika A.); una professoressa delle superiori (Giuliana C.) delusa dall'aver constatato, poc'anzi in libreria, essere ormai introvabile un vecchio libro a lei caro che avrebbe voluto riacquistare (avendone prestato la sua copia a uno studente, poi diplomatosi, di cui ha perso le tracce da oltre un anno), goccia che fa traboccare il vaso della sua tristezza, lei essendo stata troppe volte delusa, nella vita, da persone in cui ha riposto la sua fiducia; il suddetto giovane (Edoardo S.), attualmente con problemi di tossicodipendenza, depresso e confuso, che sopraggiunge per caso in quel bar; un'amica premurosa che lo accompagna (Ewelina S.).
Canovaccio: mentre la turista cerca di rincuorare la professoressa, di quest'ultima ricompare l'ex studente; vi è quindi un dialogo tra lui e la professoressa, la quale si impietosisce allorché lo vede scoppiare a piangere; cosicché le tocca ora, anziché essere consolata, consolare.
Infine, nel secondo tempo della puntata ci si è dedicati alla poesia, con una lettura di sonetti filosofici palascianiani e una gara endecasillabica atta a vedere chi fra i presenti riuscisse a comporre il maggior numero di endecasillabi nel tempo d'una sabbiatura di clessidra. A ciò avrebbe dovuto seguire la distribuzione dei presenti in due o più squadre che si sarebbero sfidate in una gara sonettistica, componendo un sonetto ciascuna su un medesimo tema dato; ma praticamente non c'è stato... verso! :-D vale a dire che i due migliori endecasillabieri hanno saputo produrre solo cinque endecasillabi a testa, e la maggior parte degli altri ne ha scritti fra zero e due (sovente cacoritmici, per giunta); cosicché per il momento abbiamo potuto solo esprimere la speranza che un domani «con miglior voci/ si pregherà perché Cirra risponda» (Par. I 35-36), e intanto consolarci con un'àgape a base di pizza.

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