lunedì 28 novembre 2011

Umano, semiumano, disumano

S'è tenuta a Palazzo Lanza domenica 27 novembre dinanzi a tredici spettatori, lunga 170 minuti intervallo compreso, la lezione-spettacolo The Doctor and the Robots. La guerra delle due cose: anima e corpo, n. 9 del seminario di Marco Palasciano De natura mundi. L'interpretazione del mondo in ottanta giorni.

Preceduta anche stavolta da un quiz a premi (vincitore lo stesso spettatore della scorsa volta), la lezione
ha trattato della serie di fantascienza inglese Doctor Who, per cominciare; delle varie inquietanti figure, in essa, di esseri artificiali pseudoumani; di come esse possano allegorizzare la necessità (in opposizione alla libertà) e la meccanica (in opposizione alla volontà), e di come i robot senza faccia evochino più angosciosamente che mai la mortificazione dell'anima; di come il Dottore possa, di contro, allegorizzare libertà, volontà e altro tra cui la sapienza o, nel senso noto ai greci d'epoca arcaica, la «memoria» (il potere, conferito agli aedi dalle Muse, di contemplare contemporaneamente passato, presente e futuro); della grandezza e umiltà del Dottore, e suo rapporto con gli amici e assistenti di turno; di come la correzione del passato operata dai viaggiatori del tempo possa allegorizzare la filologia e il restauro della verità storica; dei Dalek, dei Cybermen, dei robot, delle statue e manichini e bambole viventi; quindi delle bambole gonfiabili, delle prostitute e dei cadaveri (mummie, scheletri, zombie); dell'incubo di ridursi da uomo a macchina (cfr. Richard Matheson, Deus ex machina, 1963; i già citati Cybermen; i Meganoidi di Daitarn 3; i Borg di Star Trek: The Next Generation; Shinya Tsukamoto, Tetsuo, 1989); dei techno-addicted e, di contro, dei luddisti.

E ancora: di lavoro alienato, burocrazia, militarismo; delle formiche; della catena alimentare; delle società animali non puramente utilitaristiche (tra orge di scimmie, altruismo di delfini e cani ecc.); delle scelte e dell'etica; di olos e oklos, e delle scelte sbagliate in merito (l'individuo che si pone al di sopra dell'olos, e l'oklos che si pone al di sopra dell'individuo); della scelta di non scegliere, e degli ignavi; delle droghe, e della volontà di privarsi della volontà; di come le droghe non amplino la percezione abbastanza da condurre alla creazione di capolavori superiori alla Sinfonia n. 9 di Beethoven, né alla Commedia di Dante ecc.; della teoria di Plotino circa la scelta dell'anima di scindersi nel molteplice e "scendere" dall'alocale e atemporale allo spaziotempo; del Clinamen, e sua analogia con le fluttuazioni statistiche del nulla quantico, dalle quali potrebbe aver avuto origine la realtà; della possibile preesistenza della coscienza alla materia; di Lila e Nitya (vedi Gli gnostici orientali in Robert S. de Ropp, La via della completezza, 1988); dell'idea di realtà come sogno di "Dio", talvolta incubo (vedi dolore, malattia, miseria, deformità, malvagità, follia ecc.), e della teodicea; di come l'amore possa rendere sopportabili i difetti e tristezze dell'universo, e debba perciò venire collocato a fondamento dell'etica universale; dell'anelito dei maghi rinascimentali a ritornare al mondo del puro spirito; della scala erotica platonica; di come i limiti della materia siano fastidiosi per la mente tesa alle cose più nobili; di come il narrare storie, secondo Esiodo e altri, aiuti chi le ascolta a dimenticare momentaneamente i propri dolori; di come la fantascienza sia l'ultima incarnazione della mitologia; di come i greci dell'epoca di Omero non intendessero corpo e anima come enti separati, a differenza di Platone; delle argomentazioni platoniche sull'immortalità dell'anima (vedi Fedone).

E ancora: della differenza tra Montaigne e Cartesio quanto a disinvoltura nei confronti della corporeità; dell'anoressia come rifiuto del corpo e tensione al puro spirito o, all'opposto, come attenzione eccessiva al corpo, giacché chi più bada allo spirito meno si cura del proprio aspetto fisico; di Alcibiade e del suo amore per Socrate «sileno»; dell'estetica delle membra impegnate nell'intervento sul reale (la mano che opera, l'atletica, il discorso ecc.); della bruttezza dell'offesa, e della bellezza della difesa; dell'eccesso spiacevole e vano; della questione se sia possibile un'estetica universale; del pudore; di come il naturismo renda vane eventuali «pippe filosofiche» sull'associazione delle cosiddette pudenda alla vile necessità, e d'altre membra alla nobile volontà; di come in tali «pippe», a esempio, la bocca possa dirsi nobilitata dalla parola, e l'ano avvilito dal peto, ma la multifunzionalità degli organi mostri la non fissità dei rispettivi ruoli e li ribalti mostrandoci una bocca avvilita dal rutto e un ano nobilitato dall'essere oggetto d'attenzioni erotiche; della comicità basata sulla meccanica e sulla bestialità, e della sua utilità come antidoto alla superbia, in ispecie nelle scene di contrasto (atti bassi in un contesto alto, e viceversa); di come la tragicità della morte sia proporzionale alla ricchezza del vissuto e della rete affettiva del morente (la morte di un malvagio amato da nessuno potrà tendere al comico, ma basterà l'arrivo di un cane che per essa sia triste a riconferirle tragicità); di come, se la realtà è un gioco in cui la morte è illusoria, per ben giocare si deve tuttavia credere che la morte sia effettiva; della «pippa» per cui, se il mondo materiale è un carcere per le anime, rapite a una realtà superiore, la donna incinta può destare orrore, essendo la porta di tale carcere; della «pippa» contraria per cui, se il mondo materiale è l'unica realtà in cui l'essere possa essere, la donna incinta può destare ammirazione; dell'aborto, e della questione se una vita abbia valore di per sé o in proporzione alla ricchezza del suo vissuto e della sua rete affettiva; della questione su che cosa sia una persona, e le altre nove grandi questioni filosofiche del XXI secolo; di come secondo Sloterdijk un'essenza ultima dell'uomo non esista; del postumano; del possibile incontro futuro con civiltà extraterrestri, del cosmopolitismo in senso letterale e della possibile evoluzione naturale o artificiale in forme di vita pressoché puramente spirituali (vedi per es. Star Trek 2×20, Ritorno al domani); dei Krell (vedi Fred McLeod Wilcox, Il pianeta proibito, 1956), e di come gran parte delle nostre scelte dipenda dall'inconscio.

E ancora: del convegno Neuroscienze: determinismo o libertà? (Milano, maggio 2011); di come il rapporto cervello-mente non sia comparabile al rapporto hardware-software, e non si possa dire che la libertà non esiste; di come la conoscenza sia possibile (perché noi Siamo e l'Essere è Verità) ma ciò non tramite la sola scienza, bensì tramite il sinergismo di scienza, filosofia e poesia; di come il metodo scientifico si basi sugli esperimenti, e questi non possano essere infiniti, ergo la "verità" della scienza è puramente statistica; di come il principio di causa-effetto, se pure non è illusorio (sulla sua presunta illusorietà vedi Hume), non può essere valido in tutta la realtà, una parte di essa dovendo necessariamente consistere in effetto privo di causa; di come dalla compiuta consapevolezza di questo possa derivare l'«estasi razionale» palascianiana; di come lo scienziato sia consapevole dei limiti della scienza, mentre non lo è il filosofo scientista (difatti non è scientifica l'affermazione che la conoscenza scientifica sia l'unica forma possibile di vera conoscenza); di come l'uomo non sia riducibile al proprio cervello, bensì il suo essere sia costituito da due diversi ordini di fattori, cioè fenomeni materiali (misurabili) e fenomeni (immensurabili) che possono definirsi «spirituali»; di come la coscienza non sia mera vigilanza, e di come la stimolazione magnetica transcranica dimostri che le reti neurali in stato "vegetativo" hanno reazioni simili a quelle in stato di veglia; di come sia, invece, indimostrabile che la coscienza emerga dalla mera fisica e chimica del cervello; dell'intelligenza artificiale; degli zombie fenomenici di Chalmers; del solipsismo; del body-mind problem; del dubbio cartesiano sul «demone ingannatore» (cfr. f.lli Wachowski, The Matrix, 1999) e del cogito ergo sum; dei sentimenti bassi e alti; della fonte trascendentale delle sensazioni; della suprema nobiltà di intelletto e volontà; della stupidità di chiunque tenti di sminuire l'uomo o la Terra col dirli piccolissimi a petto del cosmo e perciò insignificanti; di come il finito sia parte dell'infinito; di come parte della natura possa ridenominarsi default, e della stupidità di ogni dottrina che ritenga tecnologia, cultura, eros non procreativo ecc. antitetici alla natura quando semplicemente destituiscono il default, come è loro diritto se non dovere; del compito dell'uomo, secondo la filosofia rinascimentale, di effettuare il prolungamento della cosmogenesi.

E ancora: dell'androide di Alberto Magno, dell'homunculus di Paracelso, del golem; dei costruttori di automi giocattolo, da Ctesibio a Jacques de Vaucanson; dell'Olimpia di Hoffmann (in L'uomo della sabbia, 1817) e del mostro di Mary Shelley (in Frankenstein, 1818); del Coppelius palascianiano (bisnipote del Coppelius hoffmanniano), amante del trasformare le macchine in esseri umani e gli esseri umani in macchine;  degli eredi del Pinocchio di Collodi (1883): L'uomo bicentenario di Asimov (1976) e il David di Kubrick e Spieberg (A.I., 2001); dell'esaustivo campionario di macchine e ibridi uomo-macchina del mondo di Masamune Shirow (Ghost in the shell, 1989-2003); delle tre leggi asimoviane della robotica; della ribellione delle macchine (vedi per es. la saga di Terminator, 1984-2009); di Raymond F. Jones, L'incubo dei Syn, 1956; di Karel Čapek, R.U.R., 1920; degli Epsilon (Huxley, Il mondo nuovo, 1932); dei Morlock (Wells, La macchina del tempo, 1895); degli omuncoli (Nievo, Storia filosofica dei secoli futuri, 1860); di come in realtà la liberazione dal lavoro alienato non indurrà necessariamente l'umanità all'indolenza e alla decadenza culturale, ma anzi favorirà il genio; della fanciullezza e adolescenza di M.P. in condizioni favorevoli analoghe a quelle in un panopticon delle Wunderkammern (vedi De Magna Rota Rerum Humanarum, lezione VI).

Infine, essendo la vigilia del 120° anniversario della morte di Ferdinando Palasciano, si è accennato alla parte che riguarda il celebre medico e umanista nelle memorie di Eduardo Dalbono (raccolte da Benedetto Croce in La scuola napoletana di pittura del secolo decimonono e altri scritti d'arte, 1903); e al romanzo che Marco Palasciano ha da finir di scrivere entro il 2015, per l'occasione del 200° anniversario della nascita del prozio Ferdinando, sulla vita d'un tal Dottore; e a come di quest'ultimo fungerà da antitesi il professor Coppelius.



La lezione n. 10, Il mirino di Amleto. Te lo do io il laboratorio teatrale (e filosofico), si terrà lunedì 5 dicembre alle ore 21.45 spaccate a Palazzo Fazio (Capua, via Seminario 10). Come sempre, gratis.

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