sabato 10 ottobre 2020

Quell’Ovidio tra Covid e movida

Sabato 26 settembre si è tenuta nel centro storico capuano, alla presenza di 15 partecipanti e per la durata di circa due ore, Alla ricerca della dea perduta. Passeggiata poetica per Capua, la decima edizione di 100 Thousand Poets for Change in Terra di Lavoro, come sempre a cura dell’Accademia Palasciania.

Per l’occasione Marco Palasciano ha rivestito il ruolo di «guida spirituale turistica».

Questo il percorso (per la sua documentazione fotografica completa vedi il post Gli scenari dell’aurea passeggiata):

1. Esterno del Palazzo di Giustizia (piazza dei Giudici).
2. Incrocio di via Palasciano e via Corte della Bagliva.
3. Porta Napoli ed esterno del Teatro Ricciardi (largo Porta Napoli e ponte sul fossato).
4. Esterni del Castello delle Pietre, della Sala d’Armi e della Chiesa di Sant’Angelo in Audoaldis (via Andreozzi e piazza San Giovanni).
5. Cortile di Palazzo Lanza (corso Gran Priorato di Malta).
6. Esterno della Chiesa di San Michele a Corte (via omonima).
7. Monumento al Placito capuano (piazzetta Bova).
8. Statua di San Roberto Bellarmino (piazza omonima).
9. Esterno della Chiesa della Concezione (via Roma).
10. Fontana di Nettuno e statua originale sotto l’Arco Antignano (via Roma e via Duomo).
Dettaglio dallo
stemma di Capua.
In piú si è percorsa, a postludio, tutta via Duomo, indi un tratto del corso Appio, ripassando per il punto di partenza e giungendo intorno alla mezzanotte al Chiostro dell’Annunziata, dove ci si è ristorati presso un bar che trae il suo nome dai serpenti nello stemma cittadino. (Serpenti, per inciso, sono pure i capelli di Medusa, il cui presunto ritratto scultoreo – proveniente dall’Anfiteatro dell’antica Capua, come pure le pietre del Castello delle Pietre – è uno dei sei incastonati nella facciata del Palazzo di Giustizia, da cui si era partiti.)

La perduta Porta di Capua.
Insomma l’unica fra le vedute “inescludibili” esclusa dalla nostra passeggiata – a parte l’inavvicinabile Castello cinquecentesco detto di Carlo V, in zona militare – è stata la riviera del Volturno. Ciò per poter sognare la dugentesca Porta di Capua, l’arco trionfale di Federico II di Svevia, cosí com’era prima che la ristrutturazione delle fortificazioni voluta dai Viceré spagnoli la distruggesse quasi per intero, nel 1577, riducendola ai tronconi delle sue due torri; tàcciasi poi del ponte “romano”, che romano non è, essendo una ricostruzione del 1955.

Di séguito, fra parentesi quadre sono indicati i numeri corrispondenti alle dieci tappe in cui si è articolato il percorso, lungo il quale dalla bocca del nostro P. («P.» sta per «Presidente», o «Poeta», o «Palasciano», a piacer vostro) è colato l’oro dei piú bei dati storici, mitici e filosofici in tema coi rispettivi scenari delle tappe. La dicitura «[fra <numero> e <numero successivo>]» indica che la narrazione è avvenuta lungo il cammino fra una tappa e l’altra.

La partenza della passeggiata.
Inizio e fine: la passeggiata è partita [1] dalla piazza principale della città per quindi allontanarsi recisamente dalla movida, dopo la lettura da parte del nostro P. [fra 1 e 2] di un brano dalle Metamorfosi di Ovidio dedicato a Medusa, e giungere infine [10] presso il Museo Campano e la Fontana di Nettuno. Quel dio Nettuno – per i greci Poseidone – già ricordato [1] per aver stuprato Medusa, e aver poi inviato un drago marino (infine fermato dagli occhi pietrificatori, seppur morti, di Medusa, di cui Pèrseo reggeva la testa) a divorare Andròmeda, principessa degli etíopi. Quegli stessi etíopi [10] a un cui rito, in precedenza, Poseidone si trovava a presenziare durante il concilio degli dèi narrato nel libro I dell’Odissea di Omero. Libro del quale il nostro P. ha letto (con tagli) il brano in cui Zeus decreta il ritorno di Odísseo a Itaca, convinto dal discorso di quell’Atena – per i romani Minerva – da noi già ricordata [1] per aver mutato in mostro la bellissima Medusa.

In altri termini, si è partiti [1] da un Palazzo di Giustizia (imperfetta) per giungere [9] all’effigie della dea della giustizia in persona – Dike (o Astrèa) – e, a epilogo, allungarsi fino a un “crocevia della memoria” da cui intraprendere il viaggio di ritorno: ivi [10] il Museo Campano ma anche, innanzi a esso, la casa in cui il nostro P. visse fino ai cinque anni. A questo punto il significato di «dea perduta» (Dike, che si allontanò dagli umani intristita dalla loro decadenza) si è ampliato a includere altre figure: la dea Mater Matuta (del cui antico tempio il Museo ospita la massima collezione di statue votive), ma anche nonna Immacolata, e tutte le nostre e vostre madri e ave e antenate di cui rimane solo il ricordo – umano o iperuranio – e che tuttavia continuano a esserci di ispirazione, in uno con le Muse (né sarà peregrino annotare che da “musa” viene “museo”; e che madre delle Muse è Mnemòsine, dea della memoria).

Quanto ai testi poetici, ne hanno letti (fra parentesi le edizioni di 100TPC cui si è partecipato):
Marco Palasciano (dalla I alla X ed.)
Margot Tafuri (X)
Rocco Damiano (X)
Tiberio Madonna (IX, IX bis, X)
Tina Villano (X)
Palazzo Lanza, 24 settembre 2011.
A parte il nostro P., nessuno ha voluto legger nulla fuori della tappa dedicata alle poesie a tema libero: [5] Palazzo Lanza, eccezionalmente aperto al pubblico in ricordo della prima edizione (2011), tenutasi proprio nel suo cortile. Quanto ai baroni Lanza, si è narrato di come per la firma del trattato tra Ferdinando IV di Napoli e Gioacchino Murat (1815) misero a disposizione dei rispettivi ambasciatori una loro residenza di campagna, per cui il trattato fu detto di Casa Lanza; e di come mantennero agli studi [3] Andrea De Simone, compositore capuano cui poi si sarebbe intitolato – dal 1875 al 1929 – l’odierno Teatro Ricciardi.

Libro di G. Centore
su Silvio Fiorillo.
A proposito di quest’ultimo va annotato che, giunti nei suoi pressi, il nostro P. ha intanto declamato un paio di frammenti in versi da La Lucilla costante (1609) di Silvio Fiorillo, primo testo teatrale al mondo in cui compaia il personaggio di Pulcinella (e che andrà in scena a Capua l’11 ottobre nell’adattamento di Roberta Sandias, per la regia di Maurizio Azzurro: vedi qui).

Temi (o meglio bipòli tematici) ricorrenti durante la passeggiata: Giustizia e ingiustizia; Ragione e oscurantismo; Guerra e pace; Virtú e vizi, intrecciato con Decadenza e rinascenza.


GIUSTIZIA E INGIUSTIZIA

I. Giustizia ordinaria

[7.] Controversia, arbitrata dal giudice Arechisi, nei cui atti processuali compare il Placito capuano (960).

[Fra 3 e 4.] Una giovane parente di Osmondo Drengot è stuprata da un amico del duca di Normandia Riccardo II, Guglielmo Repostel, che se ne vanta pubblicamente; Osmondo lo uccide; il duca, in veste di giudice, condanna l’uccisore all’esilio. Lasciano dunque il paese in cerca di fortuna tutti e cinque i fratelli Drengot; tra i quali Asclettino, il cui figlio Riccardo conquisterà il principato di Capua (1062) e a Capua erigerà il Castello delle Pietre.

[1.] Il Palazzo di Giustizia (compiuto nel 1561) ospitava un tribunale e, al pian terreno, delle carceri; ve ne sono ancor oggi le sbarre alle finestre. Inoltre si può supporre che piazza dei Giudici fosse teatro di impiccagioni, e che i cadaveri degli impiccati venissero esposti sui due lastroni ai lati della Chiesa di Sant’Eligio.

[6.] Pietro Palasciano e Raffaela Di Cecio furono costretti dalla legge ad attendere, per sposarsi (1816), la dispensa di Papa Pio VII e l’assenso del Sindaco di Capua, essendo Pietro vedovo d’una sorella di Raffaela.

[2.] Accenno al clamoroso processo in corso – per presunti accordi con un clan camorristico – a carico di alcuni membri dell’amministrazione Antropoli, la stessa che sul finire del proprio mandato (2016) inaugurò l’Elmo, enorme scultura che fa pensare alla testa d’un gigante decapitato e alla quale il nostro P. ha dunque dedicato la lettura d’un brano dal canto I del Morgante di Pulci.


II. Giustizia militare

[6.] Per i fatti di Messina (1848) Ferdinando Palasciano fu condannato a morte, pena poi commutata da Ferdinando II delle Due Sicilie in un anno di carcere. (Sulla vita del dottor Palasciano – a Capua ricordato, fra l’altro, [1] da una lapide nel vestibolo del Palazzo di Giustizia [6] e da un’altra in via San Michele a Corte – vedi Marco Palasciano, Un souvenir di Capua, 2015.)


III. Inquisizione

[3.] Gli spagnoli tentarono di introdurla nel Viceregno di Napoli (1547); il popolo reagí con un’insurrezione. Si rivelarono allora insufficienti le fortificazioni capuane, pur da poco completate; e di lí a qualche anno ebbe inizio la loro ristrutturazione.

[8.] San Roberto Bellarmino (per tre anni Arcivescovo di Capua) partecipò attivamente a vari processi dell’Inquisizione romana, fra cui quello – conclusosi col rogo (1600) – di Giordano Bruno. Di Bruno il nostro P. ha declamato [4] il sonetto Amor, per cui tant’alto il ver discerno.

[1.] Durante il regno di Carlo II di Spagna detto lo Stregato, la cui statua fu eretta in piazza dei Giudici in occasione d’una sua visita al Viceregno di Napoli (1676), si celebrò il piú grande autodafé della storia (1680).


IV. Ingiustizie varie

[1.] Nettuno stuprò Medusa in un tempio di Minerva; per tale dissacrazione Minerva puní Medusa (!) trasformandola in un mostro.

[2.] Il traliccio Telecom, de facto abusivo (la concessione edilizia del 1983 è stata annullata nel 1998), non è stato ancora abbattuto.

[2.] Chiusura dell’Ospedale Palasciano (2007) per aridi motivi.


V. Personificazione della giustizia: vedi Ragione e oscurantismo e le parti III e IV di Virtú, vizi, decadenza e rinascenza.


RAGIONE E OSCURANTISMO

[Fra 7 e 8.] Il nostro P. ha letto (con tagli) il proemio, e parte della prima trattazione, del poema di Parmenide Sulla natura (V sec. a.C.; il primo vero e proprio testo filosofico nella storia del pensiero occidentale), dove Dike spiega al giovane filosofo i príncipi base della ricerca della verità, incitandolo all’uso della ragione.

[3.] Accenno a Nikolaus von Schönberg (per tre lustri Arcivescovo di Capua), una cui lettera (1536) incoraggiò Copernico a pubblicare il De revolutionibus, e al quale di recente il Comune di Capua – su proposta dell’Accademia Palasciania – ha deliberato d’intitolare una piazza. Esattamente in direzione di tale piazza è orientato, partendo da Porta Napoli, il ponte sul fossato.

[8.] Dalla Vita di Galileo di Brecht il nostro P. ha declamato la battuta con cui il personaggio di Bellarmino annuncia, nel 1616, la condanna della teoria copernicana da parte dell’Inquisizione e il conseguente ammonimento a Galileo. (Per la cronaca: al termine della declamazione s’è udita una voce di donna gridare dall’alto, adirata: «All’anema ’e chi t’è muorto».)

Altro sull’Inquisizione: vedi la parte III di Giustizia e ingiustizia.


GUERRA E PACE

[Fra 8 e 9.] Il nostro P. ha declamato un passo dall’egloga IV delle Bucoliche di Virgilio, colma di speranza di pace, composta durante la guerra civile romana, nel pieno del conflitto tra Ottaviano e Marc’Antonio (31 a.C.).

[4.] Distruzione dell’antica Capua (841) a opera dei mercenari saraceni al soldo di Radelchi I, principe di Benevento.

[5.] Trattato di Casa Lanza (1815).

[4.] Conversione dell’ex Chiesa di San Giovanni delle Monache in Sala d’Armi (1830-1843).

[6.] I fatti di Messina (1848).

[4.] Accenno al bombardamento di Capua (1943) a margine della lettura (con tagli) di Bombardamento, da Zang Tumb Tumb (1914) di Marinetti.


VIRTÚ, VIZI, DECADENZA E RINASCENZA

I. Vizi e decadenza


[1.] Sileno, dio della vinificazione e dell’ubriacatura. Il suo ritratto scultoreo è pur esso incastonato nella facciata del Palazzo di Giustizia.

[1.] Narra Àrato di Soli nei suoi Fenomeni (III sec. a.C.) che Dike – delusa dalla decadenza degli uomini, per cui la primeva età dell’oro era ormai solo un ricordo – lasciò la terra per il cielo, tramutandosi nella costellazione della Vergine (che con una mano regge la vicina costellazione della Bilancia).

[7.] Piazzetta Bova, usuale luogo di bivacco alcolico e degrado; recente la vandalizzazione del Monumento al Placito capuano. (Per la cronaca: giusto al momento del nostro arrivo, un passante stava orinando in un angolo.)

[1.] La movida, o “covida” nel senso di potenziale focolaio di Covid-19. (Per la cronaca: [fra 1 e 2] dei ragazzi privi di mascherine, invitati da alcuni dei nostri partecipanti a indossarle*, hanno risposto con un fragoroso applauso denigratorio condito da sghignazzate.)

* In ottemperanza all’Ordinanza Regionale n. 72 del 24 settembre 2020.


II. Personificazione della decadenza

[1.] Carlo II, detto lo Stregato per le sue deformità e malattie fisiche e psichiche. Mai re fu piú perfetto emblema della decadenza, tanto grazie alle sue tare genetiche – frutto dell’endogamia tipica degli Asburgo – quanto al distruttivo spadroneggiare della Chiesa spagnola, al colmo durante il regno stregatesco.


III. Virtú e loro personificazioni

[1.] Socrate è paragonato da Alcibiade – nel Simposio di Platone (IV sec. a.C.) – a una statuetta del dio Sileno contenente un’immagine divina, a significare l’eccellenza delle sue virtú celata dietro un’apparenza grossolana.

[9.] Sulla facciata della Chiesa della Concezione si trovano, entro nicchie, le statue delle personificazioni delle quattro maggiori virtú umane secondo Platone ovvero – per i cristiani – le quattro virtú cardinali: temperanza, fortezza, prudenza e la piú importante delle quattro (essendo caratteristica di Dio), la giustizia, ovvero – per i pagani – la dea Dike.


IV. Rinascenza

[1.] La speranza nel ritorno di Dike e nell’avvento della nuova età dell’oro. A ciò accenna [fra 8 e 9] il suddetto passo di Virgilio.

[3.] Accenno al Progetto Schönberg (vedi post In che consiste il Progetto Schönberg?).

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