Copernico era restio alla pubblicazione, temendo le reazioni negative che la teoria eliocentrica avrebbe potuto suscitare nella Chiesa cattolica. In effetti dopo la sua morte, sopraggiunta la Controriforma, vi sarebbe stata l’epocale controversia sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano (per citare acefalo un titolo di Galileo). E qui entrerà in scena – guarda caso! Arcidiocesi cruciale! – un altro celeberrimo Arcivescovo di Capua, la cui statua si può ammirare innanzi il Seminario; ma questa è un’altra storia.
Come che sia, all’epoca di Copernico e di Schönberg il clima dei rapporti scienza/fede era ancora abbastanza disteso (il De revolutionibus è dedicato a papa Paolo III). E Schönberg – dopo aver letta un’opera minore di Copernico che, inedita, circolava in pochissime copie manoscritte tra amici, il De hypothesibus motuum cœlestium a se constitutis commentariolus, sorta di preludio all’opus magnum copernicano – cosí scrisse all’astronomo, nella storica lettera che quegli poi inserirà nel paratesto del De revolutionibus:
«[…] non solo sei versato in modo eccellente nelle scoperte degli antichi matematici, ma hai anche fondato un nuovo modello del mondo, in virtú del quale insegni che la Terra si muove e che il Sole […] occupa il centro del sistema […]. Dunque, uomo dottissimo, se non ti sono di fastidio, ti chiedo e ancora vivamente ti chiedo che questa tua scoperta venga comunicata agli studiosi».E nella prefazione al De revolutionibus Copernico scriverà:
«[…] il timore del disprezzo che avrei potuto subire per la novità e l’assurdità di questa mia teoria per poco non mi spinse ad abbandonare del tutto l’opera compiuta. Ma gli amici me ne distolsero, […] e fra questi primo fu Niccolò Schomberg, il cardinale di Capua, celebre in ogni campo del sapere».In conclusione, se saremo sopravvissuti al coronavirus, il 12 settembre 2020 celebreremo l’Arcivescovo Schönberg in qualche modo.
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