Da un articolo di Lucia Ferrara:
Approcciarsi all’opera di Angelo Maisto potrebbe sembrare all’inizio un’esperienza ludica. L’artista incontra l’opera di Hieronymus Bosch
da adolescente e resta affascinato e incantato dal suo mondo
fantastico. Nascono così personaggi surreali, “ludosculture”
antropomorfe e zoomorfe, costruite interamente con oggetti ritrovati
[...] tra gli ammassi di scarto, nelle discariche [...]. Il rimando più vicino nel tempo si può trovare nella “Junk Art” degli anni Cinquanta, “l’arte della spazzatura”, teorizzata da Lawrence Alloway, e al suo maggiore rappresentante Edward Kienholz. Ma in quel caso l’assemblaggio di oggetti raccattati e riciclati crea un universo più vicino a un film dell’orrore, quasi splatter. Il mondo di Angelo Maisto ha invece note fiabesche, sottolineate anche dai nomi che l’artista sceglie per ognuno dei suoi personaggi, [...] uno fra tutti il Pipacottero che negli anni diviene poi il simbolo della sua arte, quasi una sorta di biglietto da visita. Ogni personaggio è accompagnato da un acquerello in cui viene meticolosamente e con magistrale bravura inserito ognuno degli elementi che compongono la scultura, ricordando un po’ in questa catalogazione quasi enciclopedica gli antichi e moderni erbari e bestiari. [...] Remo Bodei, nel suo libro La vita delle cose, che ha ispirato anche il titolo della mostra, parla di “luoghi della qualità”, individuati nella bottega dell’artigiano, nel laboratorio dello scienziato come luoghi dove si incrociano arte, pensiero e tecnologia, dove si coagulano e si fondono elementi in precedenza isolati. Angelo Maisto sta lavorando per creare questo suo luogo della qualità. |
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